Le sue influenze sono varie: dall’asiatica del’58 a Rino Gaetano, passando per il cinema, da Carlo Verdone ai Muppet’s, fino ad arrivare alle serie tv, come Black Mirror.
Lui è BIZZARRO, artista della periferia romana. Ex pizzaiolo, o pizzettaro, come direbbero a Roma, è un ragazzo scanzonato, trasandato, a detta sua erotico, divertente e a tratti depresso. Il suo nome d’arte racchiude tutte queste sue caratteristiche. In poche parole: un trentenne di (su)ccesso.
BIZZARRO presenta in anteprima per Indie Italia Mag il suo secondo singolo, “Amarsi a Tel Aviv”. Un brano che strizza l’occhio alle sonorità ITpop italiane, con uno stile di scrittura fluido e accattivante e un ritornello che ti entra subito in testa.
Ciao! Ho sempre visto la musica come un appiglio, una sorta di rifugio interiore dove sentirmi libero, scegliendo le colonne sonore dei miei stati d’animo nella vita quotidiana e nel lavoro. Diciamo una sorta di anestetico o pozione alchemica.
Di certo non sono un poeta e neanche un cantante, una persona semplice e un po’ sensibile forse, che si appunta i pensieri per paura di dimenticare, per poi riaffrontarli a distanza di tempo con lo stesso tono/umore in cui l’ho scritto e lo rileggo fra me e me, riconoscendo l’ imperfezione che predomina, ma che riesce a tirarmi fuori un sorriso.
Un istigatore di emozioni proprie e personali. Fin da piccolo scrivere sembrava la migliore forma di sfogo, la musica faceva da giusto sfondo ai miei stati d’animo. Rileggere i miei pensieri era come sfogliare un album di foto. Ricompattare tratti di vita decomposta. Ne rimanevo sempre deluso e illuso, sapevo che il valore delle parole era più grande di quanto potesse sembrare.
Diciamo che è stata il frutto di una sinergia creata con Luigi Piergiovanni e Fabio Criseo su una mia bozza lunghissima da cui loro hanno estrapolato le frasi più incisive con l’aggiunta di un ritornello fresco.
Generare curiosità con un tipo di linguaggio che colpisca tutti e non diventi troppo pesante. Da mia mamma in balera a mia cugina in spiaggia o piscina. Piccole idee che si uniscano fra loro e formino qualcosa di più grande. Un passo alla volta spero di farcela.
Cerco di ingannare il tempo e non pensarci visto che non ho mai voluto/avuto la possibilità fino ad ora di esibirmi in nessun contesto, neanche al karaoke di un pub qualsiasi… alla brutta mi metterò un pannolone.
Il mio album nasce come un esperimento, come una raccolta di quotidianità vista con un’ottica bizzarra.
Non mi sento parte di nessuna scena musicale italiana, al massimo una comparsa che esplora con curiosità il mondo della musica. Stimo i primi, diciamo i pionieri dell’ indie italiano, e anche gli altri venuti dopo che in qualche modo hanno rilanciato la musica italiana fra i più giovani.
Però, c’è sempre un però, sono un po’ stufo di questo divario di pensiero tra la cultura del “va tutto bene, è tutto bello” e “l’insoddisfazione o presa a male” fini a se stesse. Se vuoi un nome ti dico Morgan anche se non centra niente, ma è l’unico che mi incuriosisce davvero. E’ il primo della mia lista sempre avendo rispetto di tutti gli altri.
Si anche questo è un tema importante. Li stimo e li ascolto con molto fascino, ammiro la loro spontaneità e la voglia di divertirsi e divertire in molti brani che emerge fuori con nonchalance, ma in cuor mio credo di non avere tutta questa romanità essendo cresciuto in borgata e avendo affrontato più realtà di periferia dove, tra virgolette, si è dimenticati dalla capitale.
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