Il 22 marzo scorso Ivan Audero, cantautore originario della provincia di Torino, ha pubblicato un nuovo singolo. “Non credo più”, questo il titolo, è un brano che ricalca le sonorità già proposte dallo stesso Audero nel suo album d’esordio, “Smiling sadness”, pubblicato alla fine del 2017.
Il cantautore piemontese continua il percorso già iniziato con il primo album e sembra ricercare una maggiore personalizzazione del suo suond. L’arrangiamento, prettamente acustico, rimanda alla mente le sonorità proprie dei grandi classici del folk/rock come Bruce Springsteen e Bob Dylan e a quelle del cantautorato italiano di Jannacci.
“Non credo più”, pubblicata insieme al video-clip, è una canzone che ci parla della disillusione con cui viviamo aspetti della nostra vita che in realtà dovrebbero appassionarci, come l’amore, la religione o la politica. Nonostante questo però, con leggerezza ed ironia, Audero ci suggerisce che è indispensabile avere fiducia nel futuro. Perchè è l’unico modo per convivere con le contraddizioni e il disincanto che caratterizzano la nostra società moderna.
Attualmente Audero sta lavorando al suo secondo disco e molto probabilmente, al contrario di “Smiling sadness” che era cantato per lo più in lingua inglese, conterrà solo brani in italiano. Segnando così un altro step nel percorso di maturazione del cantautore di Pinerolo.
In attesa del nuovo disco, che uscirà verosimilmente nel 2020, Audero dovrebbe pubblicare un altro singolo entro la fine di quest’anno.
Abbiamo contattato direttamente il cantautore piemontese per conoscerlo meglio e fargli qualche domanda sulla sua musica e i suoi progetti futuri.
Ciao a tutti, e grazie dei complimenti! Beh, rispetto al primo disco sicuramente sono più sereno!
Il mio primo lavoro nasce da un periodo di sofferenza e di solitudine, che seppur vissuto sempre con la consapevolezza che sarebbe prima o poi finito, mi ha segnato molto. Ora sto guardando tutto da un’altra prospettiva, vivo più serenamente i sentimenti e forse ho fatto un po’ pace con me stesso. Questo mi consente di essere più lucido anche nella composizione dei nuovi brani.
Me lo sono chiesto spesso anche io. Era un periodo in cui ero incondizionatamente innamorato dei cantautori americani, e credo che abbia influito in particolar modo la “melodia dei testi” di Dylan. Mi sono reso conto che anche chi non conosce il significato preciso di queste canzoni, spesso ne rimane ammaliato. Hanno un qualcosa che, seppur ben lontano dalla perfezione, avvolge completamente l’ascoltatore oppure lo rimbalza istantaneamente. Volevo tentare un esperimento simile, senza mezzi termini: scaricare la parte musicale per lasciare quasi tutto il peso della canzone alla voce e al testo. All’epoca per me non faceva differenza la lingua utilizzata per esprimere il concetto.
Credo proprio di no. Molte canzoni del primo disco sono datate, e all’epoca ragionavo spesso in inglese. Alcuni brani sono nati proprio da una frase in inglese balenata improvvisamente nella mente, tipo “Never coming dawn”, oppure “Living with your dreams”.
Scrivere in italiano paradossalmente è più difficile, perché tutto quello che ne risulta agli occhi dell’autore sembra banale, ma attualmente mi sembra di aver trovato il bandolo della matassa. Per cui credo di poter dire che la mia fase anglosassone è terminata.
Spero vivamente di riuscire a pubblicare un altro singolo nel 2019, devo ancora terminare il mix ma la registrazione c’è. Nel 2020 spero di riuscire a dar vita ad un nuovo album, ma dipende dagli impegni che sono sempre tanti. Ci saranno sicuramente alcune novità, ho intenzione di collaborare con alcuni amici musicisti per dare un po’ più di vivacità al disco. Non mi piace ripetere all’infinito la stessa cosa, sono uno che nella sua classicità ama sperimentare ed improvvisare.
Ce n’è uno che mi ha letteralmente folgorato: Dario Brunori. Lo reputo in assoluto il miglior artista degli ultimi anni. Mi piace come scrive, mi piace come interpreta, mi piace dal vivo. E’ uno di quelli che mi ha fatto avvicinare al mondo “indie italiano”, seppur poi in questa categoria ci finisca letteralmente di tutto. Se devo citarne un altro, al secondo posto metterei gli Zen Circus. Sono musicalmente molto preparati ed interessanti, e i testi di Appino risultano sempre incredibilmente veri.
Tendenzialmente sono uno che lavora molto in solitaria. Sto mesi e mesi a pensare a come far quadrare la canzone, accordi, ritmica, metrica. Quando poi ho le idee sufficientemente chiare, allora mi affido ai miei amici musicisti di fiducia per la realizzazione, consapevole che loro siano in grado di capire cosa frulla nella mia mente. E finora non hanno mai sbagliato. Bruno Veglio al basso ed Eugenio Martina alla batteria sono i pilastri fondamentali della sezione ritmica di ogni mio brano. In più questa volta ho coinvolto anche Mattia Bonansone al sassofono, che oltre ad essere mio cugino è anche amico fidato e poliedrico musicista.
Come dicevo prima, nasce tutto nella mia mente. A volte penso talmente tanto intensamente alle cose che vado a dormire col mal di testa.
Ci ho messo un annetto a preparare tutto: prima ho dovuto imparare a maneggiare il software per il montaggio, poi ho recuperato il materiale per le riprese, ed infine ho tirato giù una sceneggiatura di base. Era da tempo che volevo fare un videoclip, ma i costi purtroppo sono alti e si sa che i cantautori sono squattrinati. Così ho deciso di fare tutto da solo, affidandomi ai miei numerosi amici per le comparse, a mio fratello Andrea per le riprese, e a me stesso medesimo per il montaggio. E’ stata una fatica inenarrabile, ma la soddisfazione è davvero tanta.
Per ora ho trascurato un po’ l’attività live per terminare riprese e registrazioni. Probabilmente riprenderò in autunno, dove sicuramente mi potrete incontrare nei locali di Torino e provincia.
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