Nicholas Merzi | Intervista Indie Italia Magazine
Nicholas Merzi è un cantautore emiliano molto attivo e prolifico che dal 2018 porta in giro per tutta Italia i suoi brani insieme alla band Extras, che lui stesso definisce come “i suoi fratellini”. Nicholas inizia a suonare la chitarra ad undici anni, senza lasciarla più.
Poi arriva una laurea in Contemporary Popular Music (lui stesso tiene a sottolineare “con un risultato che non pubblico, non farebbe ridere!”), ironia da vendere ed una penna prolifica, caratterizzano la carriera musicale di Nicholas Merzi, che alla fine del 2015 pubblica il suo prima disco “Qualche Traccia”.
In programma un nuovo disco e tante canzoni da mettere insieme sotto un unico cielo.
Ciao Nicholas! “Guarda io su Facebook non ci vado mai” è il tuo ultimo singolo; cosa ti ha spinto a scriverlo?
Ciao! Innanzitutto grazie per questa intervista.
“ Guarda, io su Facebook non ci vado mai” nasce da un messaggio audio che ho ricevuto dalla mia ragazza ad agosto dell’anno scorso. Mi sembrava una frase molto musicale così l’ho presa e l’ho messa in loop sopra ad un groove di batteria. Le tre strofe sono uscite quasi subito, evidentemente avevo un’esigenza latente di prendere un po’ per il culo i “leoni da tastiera”. Non me ne vogliano, si scherza ovviamente.
“Guarda io su Facebook non ci vado mai” è una frase fatta entrata ormai nel linguaggio comune, per evitare situazioni scomode. Nel video sembra invece che tu voglia tirarle fuori, parlando però contro un muro. Pensi che, anche se ormai tutti possono scrivere la propria, i dibattiti sui social si riducono a sterili scambi di commenti?
Beh, sicuramente la canzone, anche se in maniera simpatica, fa emergere alcuni aspetti grotteschi della nostra era digitale, come ad esempio sentirsi a posto con la coscienza solo perché si è scritto un post su Facebook senza però fare nulla di concreto per cambiare quello che non ci va bene, sminuire la cultura e la conoscenza altrui (si sente spesso parlare di “professoroni” non certo con accezione positiva), fino ad arrivare a scrivere vere e proprie cattiverie, spesso insensate e immotivate, figlie di frustrazione e scarsa conoscenza degli argomenti.
Il problema è che poi tutto questo rimane scritto e consultabile anche a distanza di giorni, mesi, anni da chiunque. Terribile!
Umberto Eco ha detto “i social danno parola ad una legione di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino”. Tu, come la vedi? Qual è il tuo rapporto con le piattaforme social?
Eco ha sicuramente centrato il punto. La differenza principale è che la modalità “bar” non ha grandi effetti, mentre la modalità “social” crea disinformazione, disgregazione e spesso vera e propria cattiveria, il più delle volte fine a sè stessa.
Senza considerare che le frasi per iscritto non hanno tono di voce, quindi sono facilissime da fraintendere. Insomma, un disastro. Personalmente me ne guardo bene dal partecipare a dibattiti sui social.
I leoni da tastiera ed i tuttologi del web ormai hanno preso il sopravvento. Oltre alla musica, come pensi si possano “combattere”?
Mah non lo so. Io che di natura sono uno abbastanza sereno mi stanco dopo mezzo secondo di discutere. Magari basta ignorarli, ma non sono certo che funzioni… Certa gente ha una vera e propria passione per la polemica!
Spulciando i tuoi video, mi sono imbattuto in “Non sei mai” e nel divertente gioco del trova le differenze, che per me è un bellissimo modo di ingaggiare l’attenzione dell’ascoltatore. Come ti è venuta questa idea?
Hahah.. rido ripensando a come è saltata fuori. in realtà è un’idea che abbiamo partorito io e Luca Fabbri, regista del video, dopo qualche birretta e parlando non so perchè di cacce al tesoro. La frase è stata “facciamo un find the differences come nel gioco di Mordillo”. Nessuno si è opposto ed è nato il doppio video di Non Sei Mai… ovviamente la sfida è ancora aperta per chi vuole partecipare!
Chi preferisci, il “Nicholas acustico” che si vede in alcune performance live, o il “Nicholas in full band”, con l’attitudine molto funk/rock?
Bellissime entrambe le modalità. Il faló è comunque il mio mood di spettacolo, sia in acustico sia con band. Il rapporto con chi ti viene a sentire è fondamentale, soprattutto durante lo spettacolo. Se chi hai davanti, non si diverte, non si emoziona o non si sente coinvolto sicuramente non avrà motivi per tornare (a meno che tu non sia Brad Pitt ma non è il mio caso). Per questo cerco di abbattere subito la barriera del palco con chi ho di fronte. Il fatto di avere una band però rende sicuramente il tutto molto più facile divertente.
Come scrivi di solito i tuoi pezzi, da solo o già con gli altri musicisti?
La fase di scrittura è una cosa mia, anche perché si verifica nei momenti più strani. Mi capita spessissimo di scrivere testi quando sono in giro oppure di fischiettare melodie e registrarle col cellulare per poi svilupparle a casa.
Anche l’arrangiamento di solito lo curo io, in tandem col mio produttore Mirko Limoni, ma sicuramente la cosa che fa differenza è la personalità del musicista che poi lo suona. E per questo ho la fortuna di avere gli Extras, che sono la mia band e i miei fratelli da una vita.
In MICAMORE alla fine c’è un tuo parlato molto divertente, che mi ha ricordato il Vasco irriverente e divertito di “Vabbè se proprio te lo devo dire” o “Non siamo mica gli americani”. Che influenza ha il rock emiliano nella tua musica?
L’Emilia ti segna irrimediabilmente (ride). Patriottismo a parte… Quando vivi in Emilia la rivedi davvero nei vari poeti e cantautori nativi di questa terra. Quando ascolti Guccini ti compare subito sul palato un retrogusto di Lambrusco e tortellini, quando ascolti Ligabue arriva la nebbia delle campagne a novembre, quando ascolti Carboni è subito A14 in direzione Lidi e poi Dalla… niente, Dalla è Dalla. Punto.
Sempre in MICAMORE dici “Che poi tutta questa serietà nelle canzoni per me ha anche un po’ rotto i c*****ni” e mi trovi estremamente d’accordo. Pensi che sia questo approccio a permetterti di essere prolifico nella stesura dei tuoi brani?
Sono sempre stato un casinista. Mi piace ridere, sdrammatizzare e anche dissacrare, pur reputandomi una persona seria. Quello che mi annoia è l’ostentazione della serietà, nella vita e, a maggior ragione, nella musica.
Cioè, puoi anche fare musica serissima ma devi comunque divertirti, invece spesso sul palco vedi certi zombie…Per me chi si prende troppo sul serio riesce ad annoiare perfino se stesso. Quindi me ne guardo bene!
Ascolta Nicholas Merzi nella playlist ufficiale di Indie Italia Mag su Spotify
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