Giannicaro è un progetto musicale, ricordo di un’infanzia piena di sogni e speranze, mischiato alla consapevolezza di un presente carico di incertezze.
Questa nuova storia è nata grazie necessità del compositore e musicista elettronico Giovanni Frison (Vicenza, 1993) che sentiva il bisogno di scrivere un disco con una band, dopo 3 dischi incisi da solista.
Ha studiato Composizione in Conservatorio e si diploma col massimo dei voti in Musica Elettronica, rimanendo affascinato dalla capacità del dialogo tra mondi musicali lontani, ricerca un punto di contatto tra “musica colta” e “pop”.
Così, dopo mesi di accurata ricerca, Giovanni seleziona altri 3musicisti, di formazione ibrida, colta e popular: Alessandro Bertoldo – bassista (1993), Daniele Asnicar -chitarrista (1994) e Fabio Ferrante-batterista e percussionista (1997). Tra l’aprile e l’estate 2017 avviene la scrittura dei “contenuti” del disco racconti liberi a quattro mani, con la regista di teatro Martina Testa (1992).
Nel 2018 avviene l’incontro col co-produttore e direttore artistico Carlo Carcano (Morgan, Bluvertigo, Baustelle) che consiglia Giovanni, aiutandolo nella revisione e riscrittura di alcuni brani.
Di edit e mix si occupa Max Trisotto (Marta sui Tubi, OfflagaDiscoPax, Iosonouncane), mentre il master è opera di Andrea De Bernardi di Eleven Mastering (The Zen Circus, Enrico Ruggeri).
La musa ispiratrice di questo progetto è la figura di Giannicaro, protagonista che esiste davvero e vive dentro Lili e il Vagabondo. Un uomo senza volto, del quale non sappiamo più di tanto. Chissà se sogna, se ama la sua vita o se almeno sia felice ci potremmo chiedere.
Da questo spunto nascono tutte le canzoni di Giannicaro piccole riflessioni sulla vita che si sviluppano come favole in cerca di una morale. Sono dolci insegnamenti che sembrano uscite dalle poesie di Gianni Rodari e dalle favole della buonanotte che amavano raccontarci i nonni.
Oggi, Venerdì 8 Maggio è uscito il primo album e abbiamo colto l’occasione per perderci dentro la sua essenza e scoprire quali storie si nascondono tra le note di Giannicaro.
Indie Italia Mag ama stare dalla parte di chi non ha ancora smesso di sognare.
Non siamo superficiali.
Non siamo sportivi.
Non siamo matusa.
Non siamo eroi.
Non siamo ricchi.
Non siamo soli.
Vuol dire essere pronti a giocarsi tutto.
Avere sempre voglia di correre, di rincorrere qualcosa.
Vuol dire ricordarsi cosa provavamo quando credevamo a Babbo Natale.
Vuol dire non aver gettato ancora la spugna.
Essere ancora vivi.
Non una morale ma una domanda, tanto piccola quanto spiazzante: perché?
Il signor Felice sta bene.
Ha capito che non gli bastava un “punto” per essere Felice.
Gli serviva un “punto di partenza”.
Perché la felicità, purtroppo o per fortuna, non è una conquista ma una continua ricerca.
In realtà c’erano una decina di alternative possibili da raccontare: “il gatto che voleva diventare un leone”, oppure il “la Cinquecento che voleva diventare una Ferrari”… Ma “la lampadina che voleva diventare una stella” alla fine ha avuto la meglio.
Volevamo raccontare di quella cosa che ci capita in continuazione: parti puntando in alto, poi abbassi il tiro e alla fine ti ritrovi più in basso di quando sei partito.
Che alla fine è anche il riassunto della trama dell’intero disco.
Genti è per chi si è perso.
Per chi si è ritrovato.
Per chi è innamorato e per chi ricorda un amore.
Per chi ha perso la strada, per chi non la mai trovata, per chi l’ha cambiata, per chi l’ha scordata.
È per tutti i navigatori senza una mappa.
Quindi sì, è anche per i migranti.
È un pezzo di speranza.
Sì. Io sono stato anni senza piangere neanche una lacrima. Eppure piangere dovrebbe essere un evento normale, come sorridere o grattarsi il naso. Ma non è proprio così. Se piangi vieni guardato male e metti a disagio chi ti guarda, che vorrebbe solo farti smettere subito.
Ah praticamente tutti. Durante la cena tra amici si parla di niente, del vuoto, del tempo, dei gossip, dei luoghi comuni. Cena tra amici è il fondo più basso toccato dal viaggio del disco, un non-luogo di mediocrità, di superficialità, in cui la vita, l’uomo, sono diventati una macchietta.
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