Il Posto Più Freddo | Indie Tales
Di Sara Pederzoli
Eva non riesce proprio ad uscire stasera. Ha già avvertito le altre che forse non la vedranno per un po’ di tempo perché non se la sente di mettere su un sorriso falso e uscire a divertirsi come se niente fosse. In realtà ci ha anche provato a togliersi la tuta e vestirsi, ma ha rinunciato, troppi muscoli da usare, troppa fatica.
C’è solo una persona che vorrebbe sentire e si era impegnata veramente tanto a non richiamarlo negli ultimi giorni ma ora è troppo.
“Edo, so che tra noi è finita ma ti prego, ho bisogno di te ”Eva trattiene le lacrime al telefono e spera solo di sentire dall’altro capo quella voce tanto familiare e che tanto le ricorda casa. “Eva respira, arrivo in dieci minuti”.
Nel sentire queste parole Eva si sente già meglio. Non l’ha chiamato perché spera di tornare con lui, l’ha chiamato perché lui è l’unico che l’ha sempre capita con uno sguardo ed è anche l’unico che riesce a sciogliere quella barriera ghiacciata che la circonda.
Eva è rannicchiata sul letto e si sente più sola che mai. Non capisce il perché ma le manca quasi il respiro; le sembra di essere in una piscina ma di essersi dimenticata come si nuota e odia sentirsi così perché a quindici anni si era promessa che sarebbe stata sempre la più forte.
Si asciuga una lacrima, i brividi in tutto il corpo dalle gambe alla schiena e trema. Fa troppo freddo per essere maggio. Forse il freddo non è fuori, ma dentro al suo appartamento. Si è chiesta tante volte cosa la gente potesse vedere in lei, soprattutto cosa Edoardo avesse visto in lei. Non è mai stata la più bella, quella che spicca in un gruppo o la più intelligente.
Tutto questo però le era sempre andato bene, perché tanto lei aveva Edo. A Edo non importava se i suoi capelli non fossero curati o se non vestiva alla moda; non gli importava se tutti i viaggi in macchina avevano come colonna sonora le playlist tristi della ragazza e non gli importava se lei stonata come sempre le cantava tutte. Edo la guardava e sorrideva, facendo sorridere lei di rimando.
Eva ora è sdraiata e non ha le forze di alzarsi. Si rannicchia e inizia a pensare a cosa stiano facendo le sue amiche e si sente una cretina per non essere uscita, ma è stufa di guardarsi intorno e non sentirsi all’altezza di nessuno.
Sente una mano sul fianco e ringrazia di non aver ancora chiesto a Edo di ridarle le chiavi di casa. Si gira e si solleva, lanciandosi tra quelle braccia che sanno sempre come accoglierla e Edo la stringe, dimenticandosi anche della loro rottura. Le accarezza la schiena e sa che potrebbero stare li anche per ore, perché Edo e Eva sono così.
“Non volevo disturbarti e probabilmente ho sbagliato a chiamarti, però Edo puoi restare con me?”
A Edo si stringe il cuore a vedere la sua ormai ex ragazza in queste condizioni perché a vederla così sembra ancora più piccola e indifesa del solito. Perché per quanto Eva si sia sempre sforzata di apparire come la ragazza forte, sicura e menefreghista, Edoardo l’ha sempre vista per quello che è realmente, la ragazza dolce e timida che con le sue paranoie riusciva a farlo ridere.
Eva era la ragazza che con il suo sarcasmo riusciva a spegnere qualsiasi conversazione ma che poi rimuginava tre giorni sulle risposte che poteva dare e che non ha dato.
Edoardo non avrebbe mai descritto Eva come una persona sola, era sempre circondata da amici, ma sapeva come nella sua testa la visione della realtà era totalmente distorta da quelle stesse paranoie che a volte potevano far ridere.
Passano tutta la notte così Edoardo e Eva, a guardarsi e a parlare, riscoprendo dettagli che stavano iniziando a dimenticare e ad un certo punto si addormentano, stringendosi come se il mondo stesse per finire e solo in quel modo potessero salvarsi. Edoardo fa scudo a Eva con il suo stesso corpo e così, stretta tra le sue braccia, Eva non ha più così tanto freddo.