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Canti Immortali per ascoltatori “Mortali” | Recensione Album Colapesce e Dimartino

Lorenzo: << Antonio ma tu hai paura di morire? >>

Antonio:<< No! Ho più paura di dimenticare le cose belle che mi sono successe fino ad ora nella vita.>>

I Mortali Live Movie

Si chiude così il live movie  che ha anticipato l’uscita dell’attesissimo album, scritto e musicato a quattro mani, quelle dei due cantautori siciliani Lorenzo Urciullo (in arte Colapesce) e Antonio Dimartino, dal titolo I Mortali, uscito lo scorso 5 giugno.

Un dialogo che apre il sipario delle 10 tracce interpretate dai provetti “cantattori”, all’interno di una scenografia naturale e unica: la Sicilia che è linfa e protagonista di questo progetto discografico.

Per noi donne e uomini del ventunesimo secolo il pensiero della morte è qualcosa che non ci sfiora nemmeno, su cui non riflettiamo abbastanza perché lo sentiamo sempre troppo distante da noi: l’idea di essere immortali ci affascina talmente tanto da non vedere e sentire nient’altro.

Siamo allora in grado di scalare l’Olimpo? Affidiamoci all’oracolo!

 

Campo base: la paura

Cercare di compiacere gli altri prima di sé stessi conduce l’uomo a chiudersi a riccio senza riuscire a condividere idee, sogni ed emozioni per paura di non farcela. Il cantautore poco attuale per esempio, non ha bisogno di trasferirsi a Milano per raggiungere l’anima del pubblico: strofa, bridge, ritornello e anche strumentale perché la gente non è detto che si annoi. O ancora i mostri perfetti non devono temere di piangere perché sono umani, sopraffatti dalle loro fragilità: che ne sa di noi la gente?  Spesso però, non riusciamo ad accettare le nostre paure quindi continuiamo a cantare anche se stiamo male come le Cicale, sordi al richiamo della realtà, dell’umanità. Raramente abbiamo il coraggio di affrontare ed abbattere preoccupazioni e tutti i pensieri negativi che viviamo nella nostra personale Odissea: basta solo salpare alla volta di Itaca come Ulisse.

Allacciate bene le scarpe. Inizia la salita!

 

Percorso: il ricordo

Le acque della vita seguono il moto del nostro mare interiore. Apparentemente piatto durante l’infanzia i cui bagnanti animano e nuotato il nostro carattere lasciando l’imprinting che pian piano svilupperemo (e forse condivideremo). È un moto agitato quello dell’Adolescenza (nera) il cui ricordo è una splendida bufera fatta dalla pioggia dei primi amori in cui annuso al buio una ragazza perché non pensavamo fosse un addio; dal lasciarsi avvolgere dal profumo di marijuana fumata in compagnia degli amici di sempre davanti all’istituto Majorana.

Dall’adrenalina dell’ultimo giorno di scuola che segnava l’inizio di un’estate tanto desiderata per andarcene dove ci pare o l’inizio dell’età adulta fatta di scelte, di indipendenza e responsabilità. Il nostro mare inizia, adesso, ad essere mosso: la consapevolezza di guardare le cose svanire in un attimo consente una riflessione su ciò che è stato perché ci siamo trovati confusi e senza super poteri.

Iniziamo, allora, ad acquisire la consapevolezza che qualunque cosa ha una fine e solo il ricordo ha la potenza dell’immortalità. È lì su una foto al mare con le smorfie stampate sulla faccia, su un biglietto lasciato in mezzo ad un libro, su un disco regalato ad un compleanno, su una dedica scritta sullo zaino del liceo. Guardare indietro è il vento che guida la nostra barca a vela verso un nuovo porto.

Bevete un sorso d’acqua. Siamo quasi arrivati!

 

Vetta: l’immortalità

Col sole mi sento immortale nonostante abbiamo perso qualcosa durante il cammino o ripasso col pensiero tutti i baci che potevo darti e non ti ho dato. Il calore di quei raggi avvolge il nostro corpo, i nostri sentimenti. Siamo liberi: ammiriamo solo il panorama della vita. Le fragilità umane in un attimo svanisco, ci si sente forti, potenti. Ci lasciamo cogliere di sorpresa dalle emozioni autentiche: è un istinto primordiale cercare di stare bene.

Poi arriva la notte, e siamo ancora lì in cima. Una Luna Araba ci prende e ci trascina dentro un’acqua trasparente: ci abbandoniamo a lei, incuranti dell’essere vulnerabili, stanchi, affamati. Come i Normanni siamo storditi da pozioni africane ed incuranti di ogni cosa siamo come quei bambini annoiati sulla Scala dei Turchi che si abbandonano sereni a una gara di rutti. Ci sentiamo felici. Forse abbiamo raggiunto il nostro Olimpo: i greci lo sapevano già che figa l’immortalità!

È ora di scendere!

 

I Mortali

È questa la realtà? Immaginare, sognare si può, anche all’infinito, ma la tangibilità delle nostre azioni e reazioni ha una fine. Non è questione di DNA, prima o poi arriverà un punto che non andrà più capo, una barca che piegherà le sue vele, un corpo che spegnerà organi e sentimenti.

Siamo I Mortali più affascinanti e complicati che esistano, siamo tutti uguali seppur diversi: Roma o Palermo, bruceremo tutti all’Inferno.