Custox: Alla ricerca di un linguaggio musicale trasversale | Intervista
Custox è un progetto composto da Franc Pici (chitarra), Giona Liuzzi (chitarra) e Marco Occhio (sintesi elettronica). Il trio di musicisti realizza brani di musica strumentale introspettiva, fondendo elementi virtuosistici ascrivibili alla musica classica e jazz con sonorità elettroniche moderne e sperimentali.
L’assenza delle voci all’interno delle produzioni musicali è una scelta consapevole, dettata dalla volontà di sfruttare un linguaggio musicale trasversale che possa suscitare emozioni, evocare ricordi e muovere al sentimento.
I brani dei Custox sono caratterizzati da complessi passaggi armonici e melodici. Le chitarre si muovono su produzioni elettroniche che spaziano da droni orchestrali a campionamenti ambientali fino alla sintesi elettronica più ritmica.
Ad Ottobre 2020 i Custox presentano il loro album di debutto Life Souvenir. Abbiamo intervistato il trio per conoscere meglio la loro musica ed i progetti futuri.
Intervistando i Custox
Qual è il concept che “Life Souvenir” vuole esprimere?
“Life Souvenir” vuole essere per ascoltatori un “album-traghetto” (come il concetto disegnato nella copertina, curata da Jozef Bazhdari) che possa in qualche modo far “viaggiare”, evocare dei sentimenti senza l’utilizzo di una voce, ma solo grazie alle due chitarre e all’elettronica. L’album è quindi una sorta di viaggio, all’inizio carico di energia, la cui forza cinetica va via via dissipandosi verso la quiete degli ultimi brani.
Il conflitto iniziale dei primi brani è caratterizzato da esplosioni improvvise, cambi di ritmi, densità nelle produzioni, una sorta di mare in tempesta. Poi viene ritrovata una quiete, le acque si calmano e si prosegue verso la meta. La vita può essere tormentata, difficile, specialmente in questo momento storico, ma il conflitto è apparente. L’importante è apprezzare i doni, i “souvenir” che collezioniamo dalle nostre esperienze, che possono essere ricordi, sensazioni positive o negative da portare con noi durante tutto il viaggio.
Tutti i brani hanno come titolo una sola parola: è un forte contrasto con le canzoni stesse, spesso fatte di intrecci complessi. Come scegliete i titoli? Sono evocativi o volutamente astratti?
Per la creazione dei titoli ci siamo ispirati all’abbandono del trasporto musicale e ai concetti essenziali umani. Spesso dietro una parola all’apparenza facile si cela un universo di significati e di intrecci complessi. È semplice dire parole come “amore”, “nostalgia”, “timore”, che sono concetti bene o male universali e condivisibili, ma tutt’altro che semplice è provare a descriverli.
La paura è soggettiva per ognuno di noi, il concetto stesso dell’amore è diverso e cambia da persona a persona. Noi abbiamo tentato di creare un veicolo con la nostra musica, come hai detto tu ricca di intrecci complessi musicalmente, che potesse farsi carico delle emozioni intime di ognuno. Un traghetto, insomma, da riempire ciascuno con la propria sensibilità. Ma questa alla fine è solo una delle interpretazioni possibili. La musica strumentale è soprattutto questo: ognuno è libero di interpretarla come vuole!
Non è mai facile approcciarsi al primo album, ma sembra ancora più difficile una produzione del tutto strumentale. Cosa vi ha spinti a basare tutto il vostro progetto esclusivamente sul suono, senza parole?
L’assenza delle voci con parole all’interno delle produzioni musicali dei Custox è una scelta su cui ci siamo trovati subito d’accordo. L’intento è proprio sfruttare un linguaggio musicale trasversale, che possa suscitare emozioni, evocare ricordi e muovere al sentimento indipendentemente dal condizionamento di un testo verbale.
Il contatto con l’uomo però non è stato messo da parte: in tutti i brani ci sono campionamenti delle nostre voci, filtrate e modificate per unirsi alla musica, per far parte dello stesso universo. Quando pensiamo ad un concetto riusciamo a concretizzarlo anche senza parlare, quando baciamo non parliamo. Ci sono momenti della vita che possono essere apprezzati senza la parola.
Essendo tutti e tre formati anche nell’ambito della musica classica, oltre che quella popular, è stato relativamente semplice approcciarsi ad un progetto interamente strumentale. Volevamo far risaltare la complessità armonica e melodica delle due chitarre unite dall’elettronica, che spazia dai droni più ambientali ai ritmi più complessi prodotti con sampling e sintesi modulare. In una società che parla tanto, forse troppo, abbiamo reagito con solo la nostra musica.
“Life Souvenir” è il frutto di un lungo tempo dedicato alla composizione oppure una fotografia musicale di un momento?
L’album è frutto di un lungo tempo dedicato alla composizione e anche di una continua evoluzione del nostro suono. Inizialmente il gruppo era composto solo dalle due chitarre classiche, prive di effetti, alle quali in un secondo momento si è aggiunto l’apporto della produzione elettronica.
La sperimentazione con pedali, sintetizzatori e sound design ha dato una forte identità al progetto, allargando la visuale emozionale chitarristica quella più tecnologica e suggestiva dell’elettronica. I Custox sono due mondi per certi versi opposti che si sono uniti in questo progetto.
L’arrangiamento delle chitarre è sempre alla base dei brani, ai quali l’elettronica dona un collante e un punto di vista diverso, fotografando un’emozione specifica, quella che poi abbiamo definito nei vari titoli. Le chitarre sono la costante dell’album, in un certo senso ne sono la voce narrante, mentre l’elettronica è l’elemento virtuale e mentale che attiva le emozioni, commentando e dialogando con i due strumenti fisici.
L’accostamento di strumenti classici a produzioni più elettroniche è senza dubbio un connubio affascinante quanto complesso da realizzare: cosa è scattato in voi al momento della composizione dei brani?
Tutti e tre siamo accomunati da una grande passione per la teoria musicale, l’armonia e la lo studio in generale della musica. I nostri percorsi formativi ci hanno portati a definire questo progetto non semplice nella realizzazione ma, come hai detto tu, per noi molto affascinante.
Riscoprire la musica classica studiando le tecniche più contemporanee di sintesi e manipolazione del suono è stato molto stimolante per tutti noi: una sfida che ci siamo sentiti di voler intraprendere. Ci sono state molte versioni dei brani, soprattutto nelle fasi iniziali di stesura: inizialmente non è stato facile capire come arrangiare l’elettronica per legarsi alle chitarre senza sopraffarle né essere solamente un elemento di sottofondo. Man mano che procedevamo nella composizione dei brani, abbiamo trovato un equilibrio stabile. Pensare di ascoltare i nostri brani senza l’elettronica o senza le chitarre è impossibile, sono un tutt’uno, un elemento influenza l’altro.
Life Souvenir è questo, dopotutto. Un album che possa includere elementi della tradizione passata avendo al contempo il coraggio di sperimentare e divertirci con nuove tecniche musicali, per cercare di suscitare sentimenti con la complessità ma anche l’immediatezza di una musica che non necessita per forza di essere compresa fino in fondo, ma solo ascoltata e vissuta, come un viaggio.
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