Met Fish: “Isolarsi da ciò che ci circonda per trovare serenità” | Intervista
Damiano Capo in arte Met Fish, classe ‘93, è un rapper e beatmaker umbro. Si avvicina all’Hip Hop con il writing, intorno al 2006. Inizialmente si dedica esclusivamente a questa disciplina, successivamente decide di dedicarsi solamente al rap. Dal 2007 in poi, inizia ad improvvisare le prime rime ed a comporre i primi beat. Nel 2009 incide il primo demo, All Eyes On Met, dieci tracce composte sulle strumentali di 2Pac, alternando brani conscious a esercizi di stile.
Dopo diverse pubblicazioni, tra demo e street album, negli ultimi mesi del 2019 Met Fish pubblica il suo beat tape HAREM rappresenta il primo lavoro interamente strumentale del producer: per Met Fish, l’HAREM nella musica è uno spazio intimo in cui trovare rifugio dalle difficoltà della vita quotidiana, dalle paure e dalle insicurezze, ma anche un luogo in cui non tutti possono aver accesso, dove ci si mostra per quello che si è e non si deve temere alcun giudizio. I toni malinconici e cupi del progetto comunicano diverse sensazioni, in cui l’ascoltatore viene invitato a immergersi.
Intervistando Met Fish
Una scelta curiosa, per un rapper (e beatmaker, certo) fare uscire un EP interamente strumentale. Ce ne vuoi parlare?
Certamente. Inizialmente avevo intenzione di far uscire un EP che descrivesse un mio particolare stato d’animo. Una volta registrati i vari brani, mi sono accorto che non rispecchiavo a pieno ciò che stavo vivendo, cosi ho deciso di rimuovere le strofe e lasciare solo le strumentali.
Il lavoro di Met Fish inizia nel 2007; da allora, come sei cambiato artisticamente, nelle tue produzioni e nel modo di concepire la musica?
Rispetto agli inizi penso di essere cambiato radicalmente. Ricordo che uno dei miei difetti più grandi era l’incostanza, avevo delle idee valide, iniziavo dei progetti, ma non li portavo mai a termine perché mi perdevo in tante altre attività secondarie. Ora ho imparato a darmi delle scadenze e a rispettarle.
Un altro aspetto che è cambiato è l’accessibilità agli strumenti per fare musica, quando hai quattordici anni è difficile che ti possa permettere una DAW completa oppure un campionatore. Ora mantenendomi da solo, posso acquistare gli strumenti che mi consentono di produrre musica.
Come hai scelto i topic, le ispirazioni per i brani contenuti in Harem?
I brani Jeff the killer, Baphomet e Caronte sono stati prodotti a seguito di una lunga ricerca, dato che volevo trasmettere un senso di inquietudine, ho cercato dei samples che mi aiutassero a comunicare questa mia sensazione. Melanconia e Brainstorm sono nate in maniera spontanea , a seguito di una fase di digging sono rimasto colpito dai campioni ed ho deciso di utilizzarli.
La componente “creepy” sembra essere molto presente nel tuo progetto…
Questa componente è molto suggestiva, sono sempre stato affascinato dalle cose o dalle persone che erano in netta contrapposizione con il senso dell’ovvio. Nella sfera creepy è possibile ribaltare ogni schema preimpostato a cui solitamente si obbedisce. “Il male”, ad esempio, viene visto come una condizione necessaria affinché l’essere umano possa cercare la serenità. Sembra quasi un ossimoro, però se ci pensiamo, identifichiamo la serenità solo dopo la sofferenza.
Hai immaginato Melanconia come la puntata finale di una serie TV. Ecco, se la tua carriera fosse una serie TV, quale sarebbe e perchè?
Bellissima domanda! Credo che se la mia carriera fosse una serie TV, sarebbe sicuramente Dexter. Entrambi abbiamo un passeggero oscuro, solo che il suo lo aiuta a compiere delitti e nascondere la vera natura, il mio fa sì che possa isolarmi da tutto ciò che mi circonda e trovare finalmente la serenità.
Inoltre entrambi viviamo d’apparenze, lui finge di essere un ottimo compagno, un padre presente ed un perito ematologo impeccabile, in realtà è un assassino. Io per non sembrare sociopatico stringo delle amicizie finte, oppure simulo determinati comportamenti nei confronti di alcune persone.
Caronte utilizza un sample molto amato dai producers, Dream On degli Aerosmith, già utilizzato da Eminem per Sing for the moment: qual è il tuo rapporto con il rock e con i mostri sacri del rap/hip hop?
Il rock è uno dei generi che ascolto sempre volentieri, al pari della musica Soul. Grazie al Digging scopro sempre canzoni o album intramontabili ed è un piacere ascoltarli. Il mio rapporto con i mostri sacri del rap/hip hop è basato sull’ammirazione e sullo studio. Nel caso del sopracitato Eminem, mio rapper preferito, posso esprimere solo parole d’ammirazione, in quanto è riuscito ad imporsi nonostante i fallimenti e i problemi che lo hanno attanagliato.
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