Moonmine: Nessuno potrà mai togliermi la libertà | Intervista
Moonmine ha scelto di approcciarsi e di vivere la musica in maniera libera e indipendente. Per questo motivo ha scelto di pubblicare i brani tramite licenze Creative Commons con la consapevolezza di gestire in tutto e per tutto il suo progetto artistico in totale autonomia.
Lorenzo Ciavola, vero nome di Moonmine, si definisce un One Man Band che crede nella filosofia del Do It Yourself ( tradotto letteralmente: farlo da soli).
Il suo nuovo singolo “What You Give” lo definisce come : “Una pop song intrisa di rock, funk, blues, fatta alla mia maniera. Un inno alla consapevolezza di come è dietro l’angolo il rischio di limitare la propria natura libera, incatenati dal potere possessivo di una società che spesso frena la volontà personale di andare oltre, costruendo una rete di relazioni e rapporti che tendono ad una sorta di omologazione dei bisogni. Il rinnovamento sta nel ri-definire le priorità”
INTERVISTANDO MOONMINE
Qual è la natura di Moonmine?
Penso a due parole: libertà, emozioni. È stata ed è la scelta più coraggiosa, anticonformista, viscerale, profonda, autentica e che rappresenta a pieno la mia vera condizione umana. Moonmine mi permette di essere, dire e fare ciò che voglio, completamente. Di fare ciò che più mi fa stare bene e mi definisce. Esprimermi con la mia musica, ideare, creare, realizzare, produrre, cantare e suonare in pubblico è la più vera e coerente forma di spiegazione di ciò che sono e vivo realmente ogni giorno.
Cosa ti ha dato la musica?
Mi ha dato la possibilità di essere me stesso al 100%. Senza fronzoli o limiti. Mi ha dato una casa, ovunque io sia, qualunque cosa faccia. Comunque. Mi ha dato e mi dà continuamente emozioni che non hanno eguale paragone. L’intensità e la profondità con cui vivo il rapporto con la musica fin da piccolo, sia da semplice fruitore/ascoltatore/appassionato, sia da artista e creativo, ha la valenza di un’esperienza che alcuni definirebbero mistica. Non posso riuscire ad esprimere bene questo concetto a parole, ma sono capace di farlo in musica. È questo il senso. La potenza e l’efficacia che ha per me la musica mi fa riflettere ogni giorno sul vero senso di un’esistenza.
Qual è il simbolo del tuo essere indipendente?
L’autonomia pressoché totale. Per ora faccio veramente tutto da solo, dall’aspetto creativo a quello manageriale, per bisogno, scelta pratica e coerenza d’azione con il mio pensiero. Do It Yourself.
Una scelta filosofica, politica e culturale. E penso in particolar modo alle licenze “libere” con cui pubblico la mia musica: le Creative Commons. Permettono prima di tutto di “liberare” appunto la cultura e la conoscenza, tutti hanno diritto all’accesso ad esse. E mi concedono la possibilità di muovermi come voglio, senza limiti, senza chiedere niente a nessuno, senza scendere a compromessi. Davvero.
Mi perdo la possibilità di avere chi si occupa per me di ottenere royalties da diritto d’autore riguardo l’esecuzione, la circolazione, la diffusione della mia musica, ma non è un problema. Ci sono tante altre possibili fonti di guadagno per un’artista. E il guadagno che mi viene restituito in libertà non ha prezzo.
Più fortunato al gioco o in amore?
La fortuna non basta. Bisogna voler e saper rischiare. Posso dire di essere fortunato in entrambi gli ambiti, ma oltre al “caso” ci metto del mio. E posso dire che in amore, il gioco è un elemento fondamentale, senza il quale tutto svanisce. E nel gioco, devi saper mettere amore, passione. Riuscirai ad ottenere più che buoni risultati.
Che rapporto hai con la natura?
La natura è il motore di tutto. La natura è il “tutto”. È il mio rifugio, fisico e spirituale. La mia linfa. Spesso nei miei pensieri mi soffermo a riflettere sul fatto di quanto l’universo non abbia bisogno di noi essere “umani”, siamo solo il frutto di un’evoluzione. Penso a quanto sia profonda l’essenza e l’esistenza della natura, quanto sia delicata e prorompente allo stesso tempo. Ed autosufficiente.
É probabilmente uno tra gli ambiti che più mi ispira, sia nella manipolazione dei suoni, sia nelle tematiche testuali. Ci sono vibrazioni espresse in musica che traggono riferimento diretto da suoni primordiali e primigeni, frequenze inudibili ma sempre e da sempre presenti.
Come ne usciremo da questa crisi?
Bella domanda. Premetto che una crisi, generalmente la vedo come momento di stallo enormemente interessante e stimolante: sei al crocevia, puoi prendere tante direzioni. Puoi decidere di abbandonarti ad un piagnucolio vittimistico, oppure puoi reagire. Farne una forza, cambiare strada, amare le nuove possibilità che ti si parano davanti. Crisi equivale a cambiamento. Bisogna amare il cambiamento. È ciò che fa muovere il mondo.
Se in questo periodo abbiamo approfittato bene del tempo per rivalutare tante cose, le nostre azioni, i nostri bisogni, la nostra vita, il senso stesso di una vita, in qualche modo potremmo averne anche guadagnato. Uscire da una crisi è ancor prima un’azione mentale, interiore. Potremmo beneficiarne, uscirne come esseri umani rinnovati.
Ci sono dei limiti, anche invisibili, che la società impone alla creatività degli artisti?
Sicuramente il “politicamente corretto”, il pensiero comune e il conformismo, il terrore del giudizio negativo altrui, il bisogno quasi indotto di omologazione, la necessità di replicare esperienze già consolidate, la ricerca quasi spasmodica di accettazione, riconoscimento.
La creatività pura e sincera di un’artista dovrebbe rifuggire a priori l’obiettivo ultimo di una collocazione di mercato o di contesto; la creatività dovrebbe essere frutto di una rielaborazione interiore, espressione di sensibilità e percezioni pure, un veicolo di comunicazione del proprio pensiero. Una società come quella attuale, eccessivamente imperniata su un’ottica consumistica tenderà sempre a far leva sul catalogare, etichettare, uniformare, farti credere di aver bisogno di “vincere un premio”. È comodo e proficuo per i burattinai dei grandi sistemi, perché possono aiutarti a creare ciò che può essere venduto, in massa.
Anche un “pubblico”, un target è spesso inducibile ed omologabile nei suoi bisogni, e i grandi burattinai lo sanno, sono artefici e complici. Tutto ciò porta ai creatori di contenuti a cercare di raggiungere determinati “spazi”. Ma un vero artista non fa quello che gli viene chiesto, detto, o implicitamente indotto o imposto da un presunto obiettivo: fa quello che la sua anima gli comanda, che la sua sensibilità e istinto lo portano a fare, nel cercare di rappresentare le sue percezioni. Sia che arrivi ad un successo “commerciale”, sia che rimanga misconosciuto.
Esprimersi tramite forme artistiche, comunicare è prima ancora una condizione dell’essere umano, direi addirittura naturale. Penso alle pitture rupestri degli uomini primitivi. L’arte è arte. Poi, diventa professione. Per chiarire e chiarirmi il concetto, penso sempre a Vincent Van Gogh.
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