Ti amo d’inverno | Indie Tales
Nessuna vita segue un percorso lineare, anche se a molti piace affermare il contrario. E lo stesso vale per le storie d’amore.
Io e Valentina ci siamo conosciuti quando eravamo solo due ragazzini. Ogni estate scendeva al “sud” insieme ai suoi genitori per trascorrere le vacanze in un paesino vicino al mio. Un costume giallo, il sale sulla pelle abbronzata, il gelato sciolto sulle dita. E poi costumi slacciati, baci salati e gelati finiti a terra nei momenti di passione più sfrenata.
Non ci siamo mai detti addio, anche se la nostra è sempre stata una relazione a distanza, essendo lei di Torino. Crescendo, era sempre meno fattibile passare i tre mesi estivi insieme causa studio, lavoro e cose così. Cercavamo di vederci almeno due weekend al mese, e il più delle volte salivo io.
L’estate è sempre stata la mia stagione preferita. Senza Valentina, però, diventava una stagione come le altre se non peggiore, perché non potevo godermela insieme a lei e perché, purtroppo, spesso ero costretto a lavorare con il caldo torrido tipico delle mie parti. Ma quando Valentina riusciva a scendere, beh, tutto tornava a brillare e il mio amato Sud tornava ad essere il posto magicamente imperfetto di cui da sempre sono innamorato.
Non passò molto tempo prima che ci accorgessimo di essere diventati adulti. Adulti che pretendevamo di vivere una relazione che potesse essere definita tale. Dopo tutti quegli anni passati a distanza decidemmo di andare a vivere insieme. Così, di botto, senza vie di mezzo.
I nodi vennero velocemente al pettine e ben presto mi accorsi di non conoscere Valentina bene come credevo. Il suo umore saliva e scendeva continuamente, mi criticava molto spesso ed era una specie di maniaca dell’ordine. Ma la convivenza mi fece anche rendere conto di quanto l’amassi nonostante tutto. In fondo, anche lei avrà notato mie caratteristiche che non le andavano a genio, eppure eravamo ancora lì. Ecco: in quella fase del rapporto, tutto ciò che contava era che entrambi fossimo lì, insieme, davanti alla tv o davanti ad un tramonto in riva al mare. Nonostante tutto, nonostante noi.
Ognuno di noi, però, ha un certo destino davanti a sé, non so se mi spiego. E arriva sempre un momento, nella vita, in cui non puoi fare a meno di inseguirlo. Vuoi vivere solo di ciò che completa ciò che senti di essere e percepisci come zavorre tutto ciò che ti distoglie dal tuo vero te. E le zavorre, a volte, sono proprio le persone che ami di più.
Io e Valentina eravamo al capolinea da qualche mese ormai: non ci guardavamo più in faccia, conducevamo due vite diverse pur vivendo nella stessa città e di notte dormivamo (male e poco) schiena contro schiena. Era talmente difficile da accettare che portammo avanti quella situazione per tanto, troppo tempo. Finché un giorno, tra la confezione di biscotti e la moka trovai beh, non il classico biglietto di Natale. Valentina se ne andò portando con sé qualche vestito e lasciando un’enorme confusione. Ma come, sapevamo entrambi che quella fosse la scelta giusta. Eravamo consapevoli di non poter più vivere così da tempo, eppure la mia mente era offuscata. Non ero solo giustamente affranto per la recente rottura, una parte di me si sentiva sconfitto, come se sentissi di non aver giocato tutte le mie carte. Facebook non faceva che ricordarmi tutti i momenti passati con Valentina, anche non avevo certo bisogno della sezione “ricordi” per cedere alla malinconia. La nostra prima notte, Il giorno in cui abbiamo deciso di andare a vivere insieme, il nostro viaggio a Barcellona. Ce ne erano di cose a cui pensare ripetutamente anziché mangiare, dormire o avere una vita sociale. Chissà se anche una parte di lei dubitava di aver fatto la scelta giusta, chissà se anche lei si rigirava nel letto in cerca del mio odore. Sorrideva in ogni storia che pubblicava, e questo non era da lei. Ostentava forse un benessere che non c’era? Chi può dirlo.
Il tempo, si sa, è gentiluomo. Pian piano riuscii a convivere con il vuoto lasciato dalla fine della storia con Valentina e tornai a dormire sei ore a notte. Per quasi tutta la vita mi ero dedicato completamente ad una persona e questo mi aveva fatto perdere il mio centro. Ora ero pronto a guardarmi intorno, non tanto alla ricerca di altre donne, ma per osservare un mondo che per troppo tempo mi era sfuggito di mano. Questo mondo, però, non mi dava grandi soddisfazioni. Fare carriera divenne il mio obiettivo principale, e nel perseguirlo incontrai molte persone che credevano in un solo dio: il denaro. Gente che vedeva l’amore come elemento marginale nel corso di un’esistenza. Gente ansiosa e piena d’invidia. Gente che vede mille puttane come ottime sostitute di una donna che può farti vivere una vita vera, che può darti tutto e a cui dare tutto. Gente che vuole solo ottenere. Anch’io volevo ottenere ciò che pensavo di volere, ma ben presto realizzai che non era quello il mio destino. Il tempo è un balsamo, sì, ma non fa miracoli.
Il vero miracolo è avere abbastanza coraggio da prendere il mano la propria vita. E a volte, tornare sui propri passi per risolvere questioni irrisolte, è necessario per avvicinarti al tuo vero destino. Non mi dilungherò sul come io e Valentina ci siamo rincontrati, senza maschere né troppe chiacchiere.
Quel che conta è che oggi siamo insieme, insieme davvero. Abbiamo imparato a guardarci negli occhi ogni volta che qualcosa non va, anziché darci le spalle e piombare in silenzi inconcludenti. Valentina può essere il mio inferno, sì, ma quello che abbiamo costruito con tanta fatica non è molto lontano dalla mia idea di Paradiso. Viviamo in un bilocale a Torino e, devo dire, che il freddo non è poi così male.
Racconto liberamente ispirato ai brani “Un posto magico”, “Tiramisù”, “Canzone Indie”, “Amico mio” e “Ti amo d’inverno” di Domenico Troiano.