Anche Dodicianni è diventato grande | Indie Talks

È difficile chiedere a qualcuno cosa vuol dire crescere, ma nella vita la curiosità è importante, motivo per cui in questo numero di Indie Talks abbiamo coinvolto Andrea Cavallaro, in arte Dodicianni, cantautore, pianista, compositore veneto.

Il suo pseudonimo non richiama ad una precisa età anagrafiche ma ad un suo percorso passanto a studiare al conservatorio, esperienza grazie alla quale è diventato grande sia dal punto di vista musicale che da quello umano. Poi però nella vita bisogna imparare a fare le scelte giuste, trovare la propria strada e fregarsene dei giudizi degli altri, come canta nell’ultimo singolo “Dicono che tu”.

Crescere sicuramente è un percorso complicato, fatto di alti e bassi che difficilmente si può spiegare a parole ma solo vivendo certe esperienze, che gli artisti dopo averle metabolizzato trasfomano in musica per raccontarle agli altri.

DODICIANNI X INDIE TALKS

A dodici anni che canzoni ascoltavi?

A dodici anni mi stavo avvicinando al metal, ovviamente partendo da quello più commerciale: Iron Maiden, Metallica, HIM, avevo un feticcio per Marilyn Manson; facevo già il conservatorio e ricordo che portavo con un certo orgoglio, ogni volta che potevo, le sue magliette. Con zero chance di fare proselitismo, ovviamente.

Cosa dovrebbero imparare i bambini prima di crescere?

A non fare il battesimo, sarebbe tutto più semplice e coerente. Scherzi a parte, a me sarebbe piaciuto imparare prima il valore del tempo, sia quello passato con le persone, sia una certo modo di valutarlo in generale.

Quando si è bambini si ha un po’ l’impressione che sia illimitato e che, con la volontà, si possa decidere di fare tutto, di diventare tutto. Inutile dire che non è così.

Con il tempo cambia il rapporto genitori/figli?

Cambia e di molto, e da entrambe le parti credo. È  un processo lento e settoriale, ma ammetto che è bello quando vedi che lo scambio di informazioni è biunivoco in questo tipo di rapporto. Ho sempre nutrito molta stima e affetto per i miei genitori, da loro mi sono sempre sentito capito, non so però se ho capito io loro allo stesso modo.

Stasera sono a cena da loro, glielo chiederò!

Sbagliare può essere una fortuna?

Sbagliare a volte è l’unico modo per prendere decisioni che non si ha il coraggio di prendere.

In altri ambiti, a volte, mi è capitato di abituarmi così tanto ad alcuni errori che facevo nella frettolosa realizzazione delle pro-produzioni dei miei pezzi, che ho cercato di ricreare gli stessi sbagli anche nelle tracce definitive.

Perché spesso si tende a non voler ascoltare i consigli degli altri?

Perché siamo degli egomani maledetti che pensano che gli altri ti conoscano meno di quanto tu conosca te stesso.

Spesso invece è proprio il contrario, prendi per esempio il rapporto produttore-artista: è fondamentale che per il bene delle tue canzoni sia un’occhio e un orecchio esterno a prendere certe decisioni.

Dodicianni

Quale film ha segnato la tua adolescenza?

Se devo dire un film su tutti dico Ghostbuster 2. C’era un cattivo che si chiamava Vigo, il flagello di Carpazia, che mi faceva una paura incredibile. Ragazzi che ansia Vigo, era un trauma che prima di questa domanda avevo rimosso.

Cosa dice chi diventa grande?

Dice grazie molto più volentieri e scusa molto meno. Poi c’è tutto quel capitolo sulla fiscalità, partita iva e agibilità ENPALS certo, anche quello non va tralasciato.

Credo di essere “diventato grande” quando ho preso la mia prima casa in affitto, che poi non è stato molto tempo fa.

Provare nostalgia vuol dire fare i conti con il passato?

Non sempre, io sono una persona mooolto nostalgica, del tipo che quando passo davanti alle scuole che ho tanto odiato mi scappa il mezzo occhio lucido, ma non tornerei mai indietro.

A tal proposito consiglierei un pezzo che secondo me descrive molto bene questo tipo di sensazione: “Life is hard” di Dylan.

Le nuove generazioni di cosa avranno paura?

Credo che le nuove generazioni abbiano sempre meno un senso di appartenenza a qualcosa. Sono un po’ spariti gli idoli e quindi i punti di riferimento.

Cioè insomma, quando ero adolescente io sognavo davvero di diventare Marilyn Manson (ad eccezione di quella
vecchia storia sulle costole vabbè), e poi è andata come è andata, ma al giorno d’oggi chi ha ancora un poster in camera?

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