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Tha Globe: “Iperconessi sempre offline” | Intervista

Ultimo accesso, visualizzato alle, spunte blu, chiamate senza risposte: oggi volenti o meno siamo sempre collegati con il mondo. Viviamo infatti in una società iperconessa che ci obbliga a essere sempre reperibili per soddisfare alcune manie di protagonismo o essere costretti ad accettare richieste d’aiuto in qualsiasi momento.

“Cell”, il nuovo brano di Tha Globe, che si apre con un discorso filosofico di Galimberti, è un trattato antropologico su usi e costumi della società di oggi, dentro la quale diventa un diritto prendersi una pausa estraniandosi da tutto e tutti, cercando riparo dentro i propri sogni.

Non rispondere alle numerose chiamate, lasciando squillare il telefono in modalità silenziosa, è una rivoluzione utile per ritrovare il proprio spazio, riuscendo a far pace con se stessi, riscoprendo il sapore della solitudine, che da difetto si trasforma in una risorsa da sfruttare.

INTERVISTANDO THA GLOBE

Come nasce questo tuo progetto e perché hai scelto di chiamarti Tha Globe?

La musica è sempre stata una sfera artistica che fin da piccolo mi faceva vibrare dentro, nel profondo. Ho cominciato a studiare musica da piccolo, ho dato un taglio cinematografico e televisivo alla mia musica studiando composizione e sound design, queste influenze, unite alla passione per i synth, hanno portato negli anni a creare un sound mio. Il nome viene da quando ero più piccolo e facevo i graffiti. Sincero? L’ispirazione e il primo tag lo feci sotto la fermata della metro del Globe Theatre di Shakespear a Londra nel 2012.

Di chi è il discorso che si sente all’inizio di “Cell”?

Il discorso che si sente all’inizio è di Umberto Galimberti, un filosofo al quale mi sono appassionato fortemente durante gli anni del liceo. L’ospite inquietante è lo scritto che mi ha cambiato di più, penso che Galimberti sia uno dei pochi cha abbia capito veramente quale sia il problema tra i giovani di oggi.

Sentirsi in gabbia che tipo di messaggio provoca?

Se non ci si è mai sentiti in gabbia non si ha mai avuto esperienza della libertà.

Sentirsi in gabbia può essere una condizione interiore difficile da cui uscire, per alcuni l’epidemia di Covid e i relativi lockdown sono stati un momento per fare a cazzotti con se stessi allo specchio, appartengo a questa categoria. Ho trovato modo per rimettere in ordine i pensieri e il rapporto con me stesso. La meditazione mi ha aiutato a prendere consapevolezza del marcio, la musica a sfogarlo in maniera creativa. 

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Cos’è una rivoluzione?

È un atto di liberazione, un momento di cambiamento. Non esistono trasformazioni radicali senza opportune rivoluzioni e viceversa. Il discorso all’inizio del brano parla di questa fantomatica “Tecnica” che non è nient’altro che una sostantivo per riassumere quella che è la società dei consumi capitalistica, governata dalla tecnologia, in cui viviamo oggi. Le varie tecnologie si sono piazzate ad un gradino così alto della piramide sociale che qualsiasi rivoluzione, dalla più piccola e introspettiva alla più violenta in piazza, dovrà sempre confrontarsi con questo società iperconnessa e che ci per il collo minacciandoci di staccare la corrente.

Quali sono i pregi e i difetti di questa società iperconnessa?

Tante opportunità ma tanto nichilismo. Spesso essere iperconnessi non fa nient’altro che separarci e frammentare di più i rapporti tra persone. La scalata sociale è diventata scalata dei social, spesso ci si perde negli schermi, abbiamo perso il contatto con noi stessi, spesso farebbe bene non rispondere al cellulare.

Aspettare qualcuno o qualcosa si potrebbe misurare in chiamate senza risposta?

Sono pieno di chiamate senza risposta, ho inoltrato migliaia di chiamate senza risposta. Le attese vengono filtrate dai mezzi di telecomunicazione che abbiamo.

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Fare rap ha sempre una funzione di “Rivincità”?

No. È un po ‘un cliché il binomio musica-rivincita, non mi sento di appartenere a quel filone. Non sento di dover rivendicare niente alla musica o con la musica piuttosto di sfruttarla come strumento dal grande potere energetico e di divulgazione. Emozionare è il primo obiettivo.

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