Quando si pensa di scappare c’è sempre un da cosa e un dove nel quale rifugiarsi.
Antartide,progetto con il quale fa il suo esordio il cantautore Luca Di Mauro con la produzione di Alessandro Forte, descrive dentro “La chimica naturale” un senso di nausea e angoscia che prova a vivere nella società di oggi. Vorrebbe provare a cambiare le cose, ma sarebbe inutile e così la fuga verso l’altrove diventa l’unica via di uscita.
L’amore in un certo senso provoca queste sensazioni dato che si cerca sempre nell’altra persone di colmare la mancanza attraverso nuovi sentimenti utili per non affrontare la vita con la propria solitudine. Le nostre scelte diventano così influenzate dall’ambiente in cui viviamo, ma soprattutto da quello da cui vogliamo andare lontano.
I sentimenti si trasformano in un rifugio, ma attenzione perché se tocchiamo i reagenti sbagliati da un momento all’altro ci svegliamo rinchiusi dentro ansie e paure, dando inizio a una nuova fuga.
INTERVISTANDO ANTARDITE
Perché nella società di oggi si tende a scegliere algoritmi e non sentimenti?
Forse c’è la perversa tendenza di valutare i sentimenti con gli algoritmi, ed è un concetto interessante che tocca gli aspetti sociali più intensi tra gli esseri umani.
Siamo ossessionati dai numeri, dai dati insights, e tutto questo si riversa nel vacuo meccanismo di ricompensa dei like che alla fine non lascia scampo e si traduce nell’evidenza che in fondo siamo tutti un po’ più soli o forse solamente nascosti dietro le nostre fragilità.
È comodo nascondersi, evitare il confronto se non da lontano e con le orecchie piene del suono fin troppo familiare della tastiera.
Il perché di tutto questo è difficile da individuare, ma più che cercare un colpevole mi concentrerei sulle possibili soluzioni.
Credo che il problema sia una sfacciata voglia di controllare il tempo, di non godersi le tappe delle età per un’ingordigia di fondo spalmata su tutti i desideri che dagli anni ’80 non si è più placata tra le varie generazioni. Sarebbe interessante tornare all’uomo, sicuramente i modelli dei grandi marchi e dell’industria tutta; (tv/moda e beni di consumo), creano e manipolano a piacere la falsa idea che abbiamo bisogno di alcune cose specifiche per stare bene, di certi modelli; ecco, io non credo sia cosi, e credo che in ognuno di noi ci siano tutte le risposte.
Bisogna avere il coraggio di seguirle e crederci.
“La chimica naturale” si riferisce all’amore?
È il cardine del brano e ovviamente si può accostare alla chimica che si scatena tra due individui, e non per forza una chimica che tende al sesso o all’amore (questa tendenza la lascerei di default), ma ci sono momenti di chimica in cui si coltiva e si afferra un tipo di complicità tra le persone che oltrepassa molti limiti.
La chimica naturale trasmette principalmente euforia, quella delle notti in macchina, magari d’estate, quando il ‘sistema’ non ti tocca e in quelle notti anzi sfidi certe sovrastrutture con scelte azzardate, scelte che presuppongono una libertà di pensiero quasi totale.
Ricollegandomi alla domanda precedente è un momento storico in cui difficilmente si scatenano reazioni del genere, siamo sulla difensiva e lasciarsi andare sembra complicato. Io spero tutto questo passi presto, voglio sognare una nuova alba, c’è aria di rivoluzione in giro e mi piace!!
Certe sensazioni non hanno bisogno di parole?
Alcune sensazioni no non hanno bisogno di parole, soprattutto le sensazioni che conserviamo tra i ricordi.
I ricordi si accumulano mattone su mattone e in qualche modo perfezionano il carattere, nel bene o nel male.
Forse la chimica tra le persone si percepisce fino alla sua essenza proprio nei ricordi. Le sensazioni impresse lì, nutrono la voglia di riviverle alcune cose quelle cose fatte in due e che diventano come segreti anche perché sono difficili da spiegare.
E allora torniamo sempre all’amore come in un cerchio, l’amore che probabilmente muove tutto veramente e, come di una droga, è difficile spiegarne a parole l’effetto, va digerito e inviato in circolo alle cellule di tutto il corpo e, solo allora, capisci chi sei.
“Scappiamo come fanno i pesci nel mare” è un’immagine evocativa che può esprimere libertà e costrizione allo stesso tempo. Tu come l’hai interpretata?
I pesci nella canzone certo, raccontano della libertà di viverselo magari davvero il mare per sempre, abbandonando gli studi e la tangenziale sognando astronavi!
I pesci nel mare non hanno architetture complesse dove vivere, vivono quella distesa azzurra liberamente e parlo di questo.
Il mare mi ha sempre regalato momenti di raccoglimento profondi, quando ti immergi e senti il frastuono delle onde, raggiungi per una attimo la voglia di perderti per sempre in quell’emozione a volte il mare lo brami da casa, dalla finestra. Il mare è un luogo che tocca sempre il cuore, anche d’inverno. Forse i pesci non lo sanno ma noi sì, e non abbiamo scuse per evitarlo.
I giovani hanno più sogni o paure?
Non ci sono più verità assolute, ma un oceano immenso di verità, e se cadiamo sotto l’impero della nostra natura selvaggia che è irrazionale, ci spinge uno contro l’altro e spinge dei popoli interi uno contro l’altro, come bestie selvagge, in una guerra astiosa a nome della libertà degli istinti.
Ma nel nostro inconscio da qualche parte, l’immagine che ci facciamo di noi stessi, in quanto essere dotati di ragione, non è in accordo con questo stato di fatto.
Fa presa l’idea del supereroe, che è anche la risposta all’angoscia esistenziale in una società priva di certezze in cui non ci sono più le “grandi narrazioni” totalizzanti per le masse, le verità assolute, i pilastri su cui prima poggiava l’intera umanità.
Ma sui giovani questa domanda è irrilevanti i giovani, per fortuna, sognano inevitabilmente.
Il capitalismo costruisce illusioni?
Ti rispondo cosi: distruggiamo non i beni, ma le passioni che ne pervertono l’uso.
Quando saremo diventati onesti, sapremo usare onestamente la nostra fortuna. Non guadagneremo nulla a disfarci del denaro, se resteremo ricchi delle nostre passioni sbagliate.
Il capitalismo ha preso di mira tutta l’umanità o, per lo meno, tutto il proprio popolo per intero. L’umanità e il popolo, tuttavia, non sussistono come una persona perché si possa far qualcosa per loro, ora. Essi sono composti di singole persone: facendo qualcosa per qualcuno lo facciamo per tutta l’umanità. Se ognuno, senza volgere lo sguardo all’umanità in generale facesse il possibile per chi ha di fronte, tutti gli uomini nel complesso, in ogni momento, otterrebbero ciò di cui necessitano tutti i loro bisogni e, soddisfacendoli, compirebbero il bene di tutta l’umanità composta di abbienti e non abbienti, di ricchi e poveri.
Si ha invece in mente, il bene di tutta l’umanità, e poi si disattende chi si ha di fronte, e ne vien fuori che non si ha la possibilità di operare universalmente; si disattende ciò che è particolare, e così non si fa nulla per lo scopo fondamentale della vita.
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