10 canzoni per sopravvivere al Festival di Sanremo
Di Filippo Micalizzi
Ho sempre trovato incredibile l’attitudine con cui il Festival ogni anno, in quell’unica settimana in cui va in onda, riesce a polarizzare letteralmente tutto ciò che si trova all’interno del territorio italiano. Opinione pubblica, politica, chiacchiere da bar. Tutto verte su ciò che è accaduto, accade e accadrà su quel palco. Una quantità di eventi negli anni – alcuni che nel documentarmi scrivendo quest’articolo avrei preferito non ricordare – che non basterebbero i computer della NASA a contenerli.
L’edizione di quest’anno è ormai terminata ma si porta ancora dietro quella scia di meritato successo che ne è derivata. Ho deciso quindi, di rievocare i brani di alcune delle passate edizioni, proponendo una lista delle 10 canzoni più iconiche del Festival di Sanremo negli anni secondo me.
Piazza Grande – Lucio Dalla
Brano presentato nell’edizione del 1972, finì per piazzarsi al quarto posto. Ma non tutto il male vien per nuocere, visto che ad oggi viene considerato come uno dei brani più iconici usciti dalla penna di Lucio Dalla. Nella sua diretta semplicità, il cantautore ci racconta l’amore nei confronti di Bologna. Che nei momenti peggiori riesce ad accudirlo facendogli da casa e donandogli l’amore.
“A modo mio
avrei bisogno di carezze anch’io”
Gianna – Rino Gaetano
Credo sia ormai diventata immortale – anche per me, che quegli anni non li ho vissuti – L’immagine di un giovane Rino Gaetano, vestito in Frac e con in mano un ukulele, dilettarsi nel cantare una delle canzoni più storiche di questo paese. “Gianna” è una ballata felice che al suo interno contiene una forte critica alla mediocrità che il popolo, ma anche la politica e il mondo discografico, erano riusciti a costruirsi intorno. Un gigantesco vaffanculo a chi getta via i propri ideali per far posto invece, ad una vita agiata fatta di illusioni e lusso.
“Gianna, Gianna, Gianna sosteneva tesi e illusioni
Gianna, Gianna, Gianna prometteva pareti e fiumi”
Nel Blu, dipinto di blu – Domenico Mudugno
Erano anni in cui la musica in Italia viveva della propria pesantezza e ridondanza, trascinandosi avanti con una sequela di canzoni nuove che già dal primo ascolto risultavano vecchie e stantie. Ma nel buio più totale, nell’edizione del 1958 del Festival di Sanremo, si fa avanti Domenico Mudugno. Che a braccia aperte e polmoni pieni, urla davanti ad una gigantesca platea quel suo “Volare”. Così magico al tal punto, da riuscire a cambiare per sempre la mentalità di un paese.
Che dire, una canzone immortale che sono pienamente sicuro resisterà al tempo ancora per un bel po’ di anni.
“Poi d’improvviso venivo dal vento rapito
E incominciavo a volare nel cielo infinito”
Felicità – Al Bano e Romina
I Brad Pitt e Angelina Jolie del nostro paese. Amati da milioni di Italiani, la notizia della loro separazione sconvolse tutti, tanto da aspettarsi una giornata a loro dedicata. Un po’ come una specie di “giornata dedicata alla memoria della loro storia”.
Scherzi a parte, “Felicità” incantò tutti, e non mi sorprende che lo stesso Al Bano venga chiamato ogni anno, alla serata di Capodanno, per poterla cantare davanti a milioni di Italiani, in attesa che venga l’alba di un nuovo anno.
“Felicità
È un bicchiere di vino con un panino, la felicità”
Ciao amore, ciao – Luigi Tenco
Canzone meravigliosa legata per sempre a quello che fu uno degli eventi più tragici di questo paese.
Alle 2:10 del 27 gennaio 1967 Luigi Tenco fu trovato morto nella sua stanza d’hotel. Tenco si suicidò. Lo fece a seguito dell’esclusione di questa canzone dalla finale del Festival di Sanremo. Un atto politico nei confronti dell’industria musicale e del pubblico che l’avevano tagliato fuori. In seguito, fu poi rinvenuto un biglietto, scritto dallo stesso Tenco che riportava quelle che sono le sue ultime parole:
«Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.»
L’italiano – Toto Cutugno
A questo punto della lista risulta ridondante dire quanto queste canzoni scelte siano immortali. Insomma, sono state scelte proprio per questa ragione.
Di fatto lo è anche “L’italiano” di Toto Cutugno, canzone presentata dell’edizione del 1983. Ma ciò che la differenzia dalle altre, rendendola di fatto speciale, è la fama mondiale che si porta dietro. Esplosa subito dopo Sanremo, diventa virale ovunque, tanto da essere coverizzata e riadattata in molteplici lingue come ad esempio: Finlandese, Arabo, Cinese. Ironico se si pensa che nell’83 si qualificò quinta in classifica.
“Lasciatemi cantare
Con la chitarra in mano
Lasciatemi cantare
Sono un italiano.”
Zitti e Buoni – Maneskin
Non possiamo parlare di successo internazionale senza nominare i Maneskin. Quel che sono riusciti a portare avanti ha dell’incredibile. Hanno scalato classifiche mondiali, cantano da Jimmy Fallon, fatta una collaborazione con Iggy Pop e aperto un concerto dei Rolling Stones. Il tutto ad appena vent’anni d’età. Piacciano o non piacciano, non gli si può dir niente. Hanno raggiunto l’impossibile.
“Sono fuori di testa ma diverso da loro
E tu sei fuori di testa ma diversa da loro”
Luce (tramonti a nord est) – Elisa
Prima canzone scritta interamente in italiano e prima partecipazione al festival con conseguente vittoria per Elisa. “Luce” è quella canzone che appena l’ascolti ti senti più leggero. Trasmette una sensazione di pace senza precedenti. Complice la stessa Elisa, che nel 2001 si presentandosi sul palco splendente e accompagnata da quella sua dolce voce, riesce quasi a convincerti di essere la reincarnazione di Arwen, uscita direttamente dalla penna di Tolkien. (Scusate la cit. al Signore Degli Anelli)
“Siamo nella stessa lacrima,
come un sole e una stella
Luce che cade dagli occhi,
sui tramonti della mia terra
Su nuovi giorni”
Un’emozione da poco – Anna Oxa
Nel 1978 Anna Oxa si presenta sul palco dell’Ariston vestita da uomo, con un trucco pesante sul volto e muovendosi in modo eccentrico. Per l’epoca che correva, questo fece immediatamente scalpore dividendo l’opinione. Da un lato la critica, che in quell’occasione, accecata dalla performance, demolì la Oxa definendola l’esempio di una gioventù bruciata, figlia di quella malsana generazione. Dall’altra invece la giuria, che la premiò per le doti vocali e la profondità del brano.
È interessante e anche avvilente vedere come in così tanti anni, 44 per l’esattezza, le cose non siano cambiate quasi per niente. Basti pensare al caso analogo di Achille Lauro, che nel 2019 destò le stesse identiche reazioni dell’epoca.
“Per te, per te una canzone
Mai una povera illusione, un pensiero banale
Qualcosa che rimane invece
Per me, per me più che normale
Che un’emozione da poco mi faccia stare male”
Non è per sempre – Lo Stato Sociale e i lavoratori dello spettacolo (Cover)
Non è una canzone originale di Sanremo ma ho pensato che dovesse meritarsi il suo spazio in questa lista. Nel 2021 Lo Stato Sociale presenta nella serata cover “Non è per sempre” degli Afterhours portando con sé sul palco i lavoratori dello spettacolo.
Il contesto in cui è stato presentato questo brano è quello di un Festival musicale che fa festa sugli schermi quando al fuori, nella vita reale, ogni teatro, cinema, club è chiuso da quasi un anno. Quel che la band fa è rendere reale quel problema, nominando uno per uno ogni singolo locale, in un messaggio di rabbia nei confronti di un’istituzione che dovrebbe tutelare i lavoratori, mentre invece li abbandona a loro stessi.
“Ma non c’è niente
Che sia per sempre”