foto di Lorenzo Ubertalli

Vinnie Marakas: “la canzone è Turner e Kandinskij insieme” | Indie Talks

Dalla tragedia greca a Piero Manzoni, passando per Boccioni e atterrando nella poliedrica identità di Vinnie Marakas. Con lui, che dell’arte ne ha fatto la sua ragione di vita, abbiamo affrontato nel nuovo Indie Talks proprio che rapporto c’è tra pittura e musica e ancora con la poesia.

Con Vinnie Marakas non potevamo che andare sul sicuro, nel suo nuovo EP “Giovane Cagliostro”, fuori per Dischi Sotterranei, si affrontano involontariamente (o forse no) proprio tutte queste interconnessioni intertestuali. Abbiamo parlato anche di come la trap possa assomigliare alla corrente del Manierismo cinquecentesco.

Tutto il resto lasciamo a voi il piacere di scoprirlo leggendo la nostra intervista!

foto di Lorenzo Ubertalli

Vinnie Marakas X Indie Talks

Ciao Vinnie benvenuto a questo nuovo Indie Talks! Il tuo ep “Giovane Cagliostro” ci ha ispirato per l’importanza dell’intertestualità nella comunicazione: nel tuo disco si mescolano con totale naturalezza arte figurativa, poesia e musica. Qual è il segreto dietro tutto ciò?

Ogni buon segreto va mantenuto. Ma in questo caso non c’è un segreto, solo una chiave, che è quella della “curiositas”, mondata di ogni hybris odisseica. Viene dal desiderio di vedere, di scoprire forme, linguaggi, simboli. È uno Studio che non pone separazione tra le discipline che hai giustamente citato, e che ne comprende ancora come il teatro, la fisica, il cinema, l’architettura, la filosofia naturale.

Considerando tutte queste arti o scienze come sfaccettature dell’unico poliedro del Tutto, ne consegue naturalmente una commistione, un’ibridazione di questi linguaggi che confluiscono in qualcosa che in questo caso ha assunto la  forma di un disco, che appunto è anche una costruzione, uno scenario, un codice, o un gioco d’azzardo.

I brani dell’album sono una contaminazione continua: quali sono gli elementi dell’arte, ad esempio il dadaismo di “Rrose Sélavy”, che sei riuscito a trasporre in ambito musicale?

I riferimenti all’arte visiva sono tanti e disparati, dall’iconografia medievale alle avanguardie del Novecento, passando per il rinascimento fiammingo, l’impressionismo o la pop art. La prima traccia, “Aleppe”, oltre ad essere un tributo all’Inferno dantesco, è ispirata a “La caduta degli angeli ribelli”, dipinto spettacolare di Bruegel il Vecchio, ripreso poi anche da Chagall. “Disagio Mediterranée” riprende il linguaggio a slogan pubblicitari della pop art facendo il verso a Warhol e omaggiando Piero Manzoni.

In “Torino Tropical”, la visione della città che danza sul letto del fiume è un doppelganger sotterraneo de “La città che sale” di Boccioni, in cui riverbera però la malinconia desolata delle città metafisiche di De Chirico. Enrosadira è pesantemente influenzata dall’impressionismo di Turner e dalle sculture di Medardo Rosso, ma anche dai paesaggi di Tiziano. “Fantasia Obscura” invece si rifà più a un certo espressionismo surrealista, penso a Kirchner, Dix, i loro personaggi umani e demoniaci, persi e decadenti.

Questi sono solo alcuni dei riferimenti, quelli che secondo me sono più espliciti e riconoscibili. Ma ce ne sono altri di occulti, impliciti, velati, più allegorici che si possono scovare immaginando attentamente durante l’ascolto. Ci sono anche tante influenze contemporanee, relative più agli     artisti con cui sono in contatto diretto per amicizia, soprattutto le nuove correnti che si ispirano alla “hauntology” teorizzata da Fisher, e al suo concetto di “weird”. Poi ci sono le rapine letterarie, ma qui dovremmo aprire un capitolo a parte.

 

È sempre possibile secondo te trasformare una poesia in canzone?

La poesia è un canto. La parola stessa lo è, probabilmente. Fin dall’antichità poesia e canzone sono legati: le parole che usiamo per indicare i poeti greci o latini, gli aedi, i rapsodi, contengono in sé la radice di “aoidòs”, cioè canto. La parola “lirica” può indicare sia una poesia che un’arte più strettamente melodica come l’opera lirica. Il testo poetico nasceva come accompagnamento ad un’aria musicale.

La canzone nel senso moderno, la canzone popolare nasce nel IX secolo circa sulla scia Canto Gregoriano, nelle corti medievali, ma la radice resta quella delle origini. Sia poesia che canto sono strumenti dello spirito, e come tali si parlano, e si confondono l’una nell’altro. Quanto alla trasformazione: ogni trasformazione è possibile.

Prendendo in prestito le parole di Calvino: tutto sta a sapere quali parole pronunciare, quali gesti compiere, e in quale ordine e ritmo, oppure basta lo sguardo la risposta il cenno di qualcuno, basta che qualcuno faccia qualcosa per il solo piacere di farlo, e perché il suo piacere diventi piacere altrui.

Ci sono dei brani dell’album che potrebbero essere dipinti come quadri? E se sì, come te li immagini?

Credo che ognuno dei brani possa tradursi in immagini, perché appunto l’approccio è più vicino a un image-telling che non a uno storytelling vero e proprio. Detto questo, sono sempre stato negato a disegnare. Probabilmente, come ti dicevo, anche nella domanda sulle influenze all’arte figurativa, il pezzo che sento più visivo è Enrosadira, forse perché si ispira a un fenomeno naturale e a un paesaggio con tanti riferimenti cromatici.

La canzone in realtà è profondamente allegorica, e non è in nessun modo una semplice descrizione di un ambiente o di uno scenario, però appunto me la immagino come un grande fuoco in un cielo astratto. I colori di Turner e le forme di Kandinskij.

Se ti chiedessimo di associare il genere più in voga al momento, che è quello della trap, ad una corrente letteraria quale sarebbe secondo te?

Ho letto in giro che alcuni la paragonano al Futurismo, per via dell’uso di neologismi, reiterazioni e onomatopee. Tuttavia, e mi riferisco esclusivamente al contesto italiano, credo che calzi meglio il Manierismo, tra Rinascimento e Barocco. Nell’attenzione alla forma e allo stile più che al contenuto, nella supremazia dell’eleganza esteriore rispetto alla realtà, nella tendenza a giustificare la propria opera attraverso elementi altri (nel caso dei anieristi erano trattati di poetica, nella trap italiana è la storia personale degli artisti o il loro contesto di provenienza) e nel fastidio verso le regole di metrica e misura.

È interessante notare come all’epoca di cui sto parlando questa corrente era considerata di rottura rispetto ai canoni accademici del tempo, mentre ora guardando indietro al Manierismo lo si ritiene un periodo tutt’altro che rivoluzionario, bensì estremamente conformistico e in linea con i dettami del potere dell’epoca. Chissà cosa succederà con la trap. Detto ciò, ascolto con interesse molti artisti del genere, soprattutto all’estero ma anche in Italia.

Credo che in parte la fortuna che ha avuto questo filone musicale sia anche dovuto alla decadenza che comunica, che in qualche modo racconta lo spirito del tempo che viviamo. In questo senso anche un certo Decadentismo sibaritico, alla D’Annunzio per intenderci, potrebbe essere accostato a questo genere.

Ti chiediamo come ultima domanda, visto che siamo in tema di commistioni di generi e canali comunicativi, di spiegarci il genere “italian touch” di cui dici esserne il fondatore!

“Italian Touch” mi è stato suggerito dal mio amico producer Migra aKa Davide Vizio e gliel’ho rubato così come mi capita di rubare a Shakespeare, a Rilke o a Baudelaire. È un genere ibrido fatto di influenze elettroniche miste, un po’ come poteva essere la French Touch negli anni ’90/’00 in Francia, ma traslato nel 2022 e mescolato con elementi musicali che provengono più direttamente dalla cultura e dalla tradizione italiana.

Per fortuna ad oggi non ho fondato nulla, se non alcune logge misteriche nelle mie precedenti esistenze. Più che fondare preferisco fondere, appunto, le sostanze e gli elementi nei miei alambicchi e poi scoprire cosa ne verrà fuori. In questo caso, l’Italian Touch.