Ph: Thom Réver

“Je so accussì”: alla scoperta del paradiso nu-soul di Serena Brancale

Di Benedetta Fedel

Serena Brancale è uscita con il suo terzo disco, “Je So Accussì”, il 25 marzo e, a distanza settimane, lo stiamo ancora ascoltando tutti.

La giovane cantautrice e polistrumentista barese, ha, infatti, creato un vero e proprio portagioie che si va ad inserire nell’immaginario nu-soul italiano – ma non solo, come vedremo più avanti.

Dopo il successo a Sanremo nel 2015 con “Galleggiare” e il secondo album “Vita da Artista” del 2019, Serena Brancale torna con un disco tutto nuovo, curato in ogni sua parte. Si tratta di dieci pezzi indimenticabili che sono l’emblema delle diverse parti che compongono l’identità dell’artista.

L’album raccoglie le facce della musica che amo, dal soul all’ R&B, al Jazz, canzoni Girl Power”. Ho dedicato invece un omaggio alla mia terra e alla famiglia in dialetto barese, ricordandone le strade e i profumi. Tra un inedito e l’altro ho deciso di celebrare il mio cantautore preferito, Pino Daniele. Non manca una canzone dal sapore Anni 70’ e per finire, un brano rivolto al futuro, augurando a tutti gli artisti contemporanei un nuovo rinascimento”. Così Serena presenta “Je so accussì”.

È stato un album accolto da grandi consensi, in particolare un grande consenso: quello di Quincy Jones – avete presente quello che ha prodotto “Thriller” di Michael Jackson? Ecco, proprio lui – che, ascoltando “Je so’ accussì”, dà il benvenuto a Serena nella “Famiglia Quincy Jones”, con la promessa di una collaborazione futura.

Insomma, c’è musica, c’è tradizione, c’è casa, ci sono le donne. Passato, presente e futuro.

C’è tanto di cui parlare.

Un “genere non genere”: jazz, soul, R&B e infinite possibilità

Sebbene segua una linea musicale coerente, l’album tratta molti temi attraverso diverse sonorità e anche… Diverse personalità! Sono molti, infatti, i featuring inseriti in “Je so accussì”, ognuno dei quali ha un suo significato.

Per quanto riguarda la composizione del disco, Serena rivela la sua anima profondamente legata all’acustico e al live, mondo della musica jazz. Infatti, i dieci pezzi sono stati in un primo momento suonati in trio acustico e solo successivamente rivestiti di sonorità nu-soul più moderne. In ultimo si è pensato ai featuring con i diversi artisti.

Ph: Ilenia Tesoro

Il risultato sono pezzi slegati da un binario di genere, che prendono influenze ora più soul, ora più R&B, ora più pop, ora più jazz (ma arriviamo anche al gospel e al funk).

La cantautrice sperimenta e non inserisce in una casella, non cataloga, nessuno dei suoi pezzi, che rimangono liberi di essere semplicemente ciò che sono: racconti di ciò che Serena vive e ciò che Serena è, giocando e mescolando tutti i generi che ama di più. “È qualcosa che fa parte della mia identità e non per forza deve essere etichettabile”, dice l’artista.

Apriamo lo scrigno: i dieci brani di Je so accussì

Il disco è stato anticipato dal singolo “Pessime intenzioni” in featuring con Ghemon, la cui voce si inserisce perfettamente nel mood frizzantino e ironico del pezzo: su una base che tocca il funk, due personalità diverse cozzano, ma si sentono poi davvero vive solo quando sono insieme.

È l’amore ad aprire il disco: si inizia con “Like a melody”, che scalda subito il cuore. Questo “gospel per tirarci su” Serena lo canta con la bravissima Rochelle ed è una dolce richiesta d’amore: “amami come fossi l’ultima tua melodia”. In generale, in tutto l’album c’è ampio spazio per l’amore, che si mischia costantemente con la musica.

Con un altro big della scena soul-funk, Davide Shorty, Serena Brancale aspetta un nuovo “Rinascimento”. Fuori è una tempesta, il mondo deve essere salvato, ma sembra non ci sia soluzione. E tramite cosa si avvererà un nuovo, tanto auspicato, rinascimento della musica? Staremo a vedere, ma intanto si spera e si esorta tutti gli artisti lì fuori a tenersi ben stretto il loro sogno nel cassetto.

Ph: Ilenia Tesoro

Serena la potremmo catalogare in molti modi ma, prima di tutto, è una “Donna” e ce lo dice a gran voce accompagnata da un talento tanto eclettico quanto grande, che è quello di Margherita Vicario.

Volevo cantare la bellezza delle donne nelle cose semplici, perché credo che stia proprio lì la nostra forza”, afferma Serena, ispirandosi alle donne della sua vita, sua madre e sua sorella.

E la canzone diventa quindi una presa di coscienza per chi la ascolta, perché è un elenco di ciò che le donne fanno, cose che diamo spesso per scontate o che percepiamo come banali, ma che a mano a mano che va avanti il pezzo, ti fanno sentire grande nelle piccole cose: nella cucina, nell’intimità di un letto, nella noi bambina, nella noi adulta, nelle lacrime e in tutte le volte che non abbiamo mollato la presa.

Serena, come musicista, è novità ma è anche tutti i modelli che ha dentro, in particolare uno: Pino Daniele.

Sono tre gli omaggi all’indimenticabile cantautore napoletano: “Je so pazz”, “Viento ‘e terra”, “Alleria”. Pino non è solo un modello musicale, ma le ha dato anche lo spunto – facendola andare contro i suoi stessi “dubbi linguistici” – per cantare nel suo dialetto, il barese, come sentiamo “Sta Uagnedd”: questa ragazza che ride, canta e suona.

Ph: Ilenia Tesoro

Lo abbiamo detto all’inizio, l’amore ha molto spazio in “Je so accussì” e, lo sappiamo, a volte l’amore può anche fare male, “proprio male, che nemmeno ho voglia di parlare”.

Ce lo racconta in un pezzo dal sound irresistibile, “La dolce vita” e ci insegna di quanto sia importante non farsi accecare dal sentimento e seguire sempre la verità, a cui non si deve rinunciare mai.

Il settimo pezzo dell’album è quello che dà il nome al disco ed è la sintesi di un po’ tutto.

Je so accussì” è un messaggio d’amore, un’esortazione ad amare e ad essere amati per quello che si è, niente di più e niente di meno. Molto interessante ed apprezzabile la scelta di mischiare italiano e, ancora una volta, dialetto, per sottolineare che Serena sa bene da dove viene e sta capendo, con coraggio e determinazione, dove vuole andare; nessuno può dirle cosa deve fare o chi deve essere perché siamo tutti, sempre, in ogni caso, meritevoli di amore.

E non dirmi cosa io devo fare, e non dirmi cosa io devo dire. E allora amami senza più scrupoli e non rompere se metto una gonna, se perdo le chiavi, se canto per strada pccé je so accussì”.