Possiamo definire “Bart Forever”, come un disco generazionale, per un popolo di giovani impaurito, ma anche incazzato non solo con gli altri genitori e società dove vivono, ma sono arrivati a non sopportare più nemmeno se stessi.
Bartolini, post pandemia, capisce che deve ripartire alla ricerca di nuovi stimoli evitando di cedere a tutte quei pensieri che gli chiedono di smettere, e così si lascia sedurre da influenze emo rock, suoni che si adattano perfettamente al messaggio che vuole dare.
Scavando tra i ricordi della propria adolescenza, rendendoli eterni, riesuma gioie e dolori, che rivivono ancora una volta all’interno di queste 9 canzoni.
L’indie si fa sempre più punk in un contesto nel quale morte e amore non solo solo strettamente collegati, ma anche necessari per la sopravvivenza reciproca.
Ho fatto certe cose mi hanno reso solo più sensibile, anche se avevo tutto forse certe volte è meglio perdere, non sono più come una volta.
I poster nella mia stanza purtroppo non esistono più, li ho persi da qualche parte però sono invecchiati benissimo dentro di me.
L’influenza dei miei ascolti passati continua a essere molto forte, avevo tantissimi poster: dai “Nirvana” ai “Clash”. Anche se ovviamente durante gli anni i miei ascolti sono cambiati e ho spaziato tra tanti generi porterò per sempre nel cuore la mia stanzetta da teen.
Le esperienze adolescenziali continuano a significare tutto.
In questo disco non faccio altro che riproporre a me stesso immagini, traumi, e allo stesso tempo bei ricordi di quel periodo.
In generale quello che sono adesso è solo un tentativo di essere nuovamente il me stesso quindicenne, il periodo più bello della mia vita.
Dai 13 ai 15 anni la mia vita è stata quella di una rockstar, poi mi sono rincoglionito per mille motivi ormonali. Quello che sto provando a fare è solo un omaggio a quell’adolescenza, che comunque continua a vivere per sempre dentro di me.
Sono molto contento per l’uscita del disco, non vedevo l’ora che uscisse un prodotto che rispecchia per la prima volta ciò che sono adesso. Sono anche un po’ triste allo stesso tempo, perché mi sento vuoto di canzoni.
In un certo senso tutto questo rappresenta anche una sorta di sfida, perché mi sento come se fossi tornato all’inizio di quest’anno, quando ho cominciato da zero a scrivere un disco e a raccogliere più immagini e sensazioni possibili.
La morte è amore e perdono e non mi spaventa più come una volta.
L’unica volta in cui ho conosciuto l’amore è stato quando ho avuto a che fare con la morte.
Assolutamente sì, come nessun’altra generazione prima della nostra, godiamo di questa convivenza non ricercata, ma necessaria.
“Forever” e per sempre vogliono dire la stessa cosa.
Ho scelto “forever” per una questione puramente estetica, un giorno a casa ho riguardato “Batman Forever” e sono stato per più di una settimana a giocare sul titolo storpiandone le parole, da qui nasce tutto il viaggio che poi ha portato a “Bart Forever”.
Soffrendo d’ansia ed essendo molto paranoico direi proprio di sì.
Soffro di ansia da prestazione, specialmente prima di salire sul palco, prima dei concerti o quando non suono da tanto tempo ho a che fare con attacchi di panico.
Essendo molto ansioso quando faccio qualcosa è sempre come se fosse la prima volta.
Si, credo di essere cambiato tanto negli ultimi tre anni tra album e covid. Mi sento sicuramente più giovane adesso e più consapevole di quello che sto facendo.
Prima per me era un gioco e non avevo bene in mente in che direzione muovermi, adesso sento di avere maggior controllo su me stesso e sulla mia musica.
Per tornare al fattore adolescenziale – da sempre presente – mi sento come se il mio io quindicenne adesso stesse riuscendo a fare quello che vuole, in totale libertà.
So che va in contrasto con quanto detto qui sopra ma penso che “Penelope” sia tutto per me.
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