Ph. Anna Adamo

Canzoni da dormiveglia: “Opale” di Abe | Intervista

Opale” è il nuovo disco di Abe, nome d’arte di Alberto Ladduca, polistrumentista, produttore e sound designer milanese.

Cambiamento e sentimento sono le parole d’ordine del nuovo lavoro di Abe, che ha reso “Opale” un vero e proprio viaggio, sia musicale che testuale, tanto che ha un’evoluzione che cambia di volta in volta a seconda di come e dove lo ascolti. A seconda di come stai.

Parlare in poche righe di cosa questo album sia è impossibile e lo si capisce fin dal titolo scelto dall’artista. L’Opale è una pietra che cambia colore a seconda della luce, a seconda di come la guardiamo.

Allora abbiamo provato a guardare da vicino i riflessi  di Abe e a parlarne con lui.

INTERVISTANDO ABE

Partiamo dal titolo. Il tuo album si chiama “Opale”, una gemma che cambia colore a seconda della luce ed è, proprio per questo, legata al concetto di cambiamento. Come ti è venuta in mente questa associazione?

Credo che l’associazione sia avvenuta in maniera quasi spontanea a disco ultimato. Quando ho ricevuto il master dell’album ho cambiato molte volte l’ordine dei brani prima di arrivare alla tracklist definitiva. Questo processo mi ha fatto riscoprire la natura camaleontica di ogni traccia e l’influenza che ognuna di essa esercitava sulle altre. Giorno dopo giorno, quelle otto canzoni hanno iniziato a cambiare forma e contenuto dissolvendosi in un unico grande corpo: l’opale. Mi piace immaginare questo disco come una pietra magica da portare in tasca o da osservare in dormiveglia, ferma su un comodino.

La dimensione in cui ti muovi è onirica a tratti, come se il mondo che cambia e il tempo che scorre venissero visti e descritti dagli occhi di un bambino. Dico bene?

Diciamo che ho cercato di rimanere fedele ad alcune bozze e testi che avevo dimenticato in un vecchio hard-disk. Ho dovuto quindi confrontarmi con la mia (in)coscienza del passato e trovare un modo genuino di dare valore a quei pensieri senza alterarne troppo la loro natura. In questo processo di restauro e di creazione è stato di fondamentale aiuto Luca Nistler, amico e cantautore. Insieme a Luca ho rimesso mano ad alcuni testi scritti durante i miei vent’anni e riaperto flussi di coscienza di cui non ricordavo più l’esistenza. Molte immagini del disco sono collegate ad un tema ricorrente: quello del sogno cosciente, in particolare alle allucinazioni ipnagogiche. Il disco racconta il passaggio dall’adolescenza all’età adulta anche attraverso il cambiamento delle immagini che mi si sono presentate nel corso degli anni durante il limbo sonno/veglia.

E’ proprio in questo limbo che si è più sinceri con se stessi e si guardano negli occhi le proprie paure.

abe opale

Il tuo primo album è un viaggio sulla linea dei sentimenti, che a seconda delle fasi della vita in cui ci troviamo cambiano forma e peso. Che rapporto hai coi tuoi sentimenti? Nella fase in cui ti trovi oggi, pensi di essere capace di ascoltarli?

In questo momento, anche grazie alla psicoterapia, credo di essere più capace di ascoltare i miei sentimenti. Quando non capisco bene che sentimenti sto provando, cerco di respirare il più lentamente possibile e di calmarmi fino ad essere più lucido. Mettendo un freno all’inquinamento mentale dato da stress e ansia, riesco meglio a vedere il colore dei sentimenti e a trovare quindi un posto nella testa dove farli sedere. Non è sempre semplice, ma sono soddisfatto del lavoro di auto-ascolto che ho fatto in questi anni.

In “Opale” interessante non è solo il tono e la parte testuale, ma anche la musica, questa “colonna sonora” sfumata tra drum ‘n’ bass, post-rock e math-pop. Parliamone.

Quando ho iniziato ad arrangiare e pre-produrre le tracce, mi sono detto: voglio che suonino come la musica che amavo da adolescente, ma con la grinta e l’esperienza musicale che ho acquisito fino ad oggi. Insieme a Giacomo Carlone (che ha prodotto insieme a me le canzoni, suonato batteria/drum machine e mixato il disco), ci siamo divertiti a “vestire” questi brani che già funzionavano nella loro versione più nuda piano-voce o chitarra-voce. Sicuramente l’amore per il post-rock e per i pattern di batteria breakbeat e drum’n’bass hanno fatto da collante per tutto il disco, ma credo che ci sia molto più. Al momento non riesco a spiegarlo, ma credo sia stato un flusso naturale, un momento intimo di intesa musicale tra me e Giacomo. Qualcuno ha usato il termine math-pop per descrivere il disco, forse per sottolineare alcuni elementi più articolati che fanno da contorno a delle canzoni dichiaratamente pop. Ma non abbiamo usato mai tempi dispari o soluzioni ritmiche troppo radicali, elementi che potrebbero rimandare ad un’etichetta “math” per come viene riconosciuta in termini prettamente musicali. La forza del disco credo sia nello spazio che si crea tra la sezione ritmica e la sezione armonica. Uno spazio dove sono riuscito ad inserire per la prima volta la mia voce, senza sentirmi troppo a disagio.

Il disco si chiude con “Via Gioia”, che parla di quanto è importante saper lasciare andare. Quando si capisce che è il caso di dirsi che “non c’è bisogno che ci vediamo ancora”. Non sempre è però sempre facile comprenderlo e accettarlo. Sei d’accordo?

Via Gioia è l’ultima canzone del disco e a differenza della prima, Opale, è un pezzo più composto e dichiaratemente pop. Una canzone che vuole dirti “adesso sono sicuro che posso lasciarti andare e non avrò più paura”. Cerca di raccontare quel momento dove ti senti invincibile e forte, dove non hai paura delle conseguenze della fine di una relazione. Via Gioia chiude il disco e racconta l’illusione di sentirsi più maturi e per quanto “non ci sia bisogno di vedersi ancora”, rimane il fatto che “ ci si vede ancora”. Ci si vede ancora negli errori che si continuerà a commettere, nelle parole che non si diranno e nelle conversazioni che non si vorrà avere. Non voglio dire che siamo destinati a sbagliare. Quello che volevo raccontare è proprio quel momento a cavallo tra la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età matura dove si ha la presunzione di aver capito tutto dalla vita, dove si è convinti di aver imparato dai propri errori. Una romantica illusione.

Cosa ti piacerebbe che sia “Opale” per chi lo ascolta?

Una raccolta di canzoni da cantare o da ascoltare in dormiveglia. Ma anche semplicemente un validissimo sottofondo per andare a fare la spesa.

Ascolta Abe nella playlist di Indie Italia Magazine