Succession (Final Season) | La Recensione

Piattaforma: Sky
Voto: 8,5/10

NO SPOILER.

Succession è un capolavoro HBO. Senza alcun dubbio rientra nel gotha delle serie tv di questo decennio e, quest’ultima stagione, è la summa perfetta di tutti gli spunti costruiti sapientemente nelle puntate precedenti.

La trama si snocciola sulla storia della potente famiglia Roy, detentrice della gran parte della Waystar-RoyCo, colosso dei media nazionali statunitensi.

Dal 2018 il filo conduttore è la tensione sociale familiare nella guerra di “successione”, tra il padre e i quattro figli intraprendenti, golosi di potere.

Lo spettatore impara fin da subito che il successo del padre, Logan Roy, è indissolubilmente legato alla sua figura di manager tradizionale. Senza paura, impavido, Logan Roy è capace di portare al successo la Waystar-RoCo, di tenerla in piedi su un sottilissimo filo e di destinarla ad un inevitabile pressione esterna quando, le modalità vincenti del passato, diventano cringe (inadatte alle formule ottimali dei nostri giorni).

Si scatena quindi una giostra di avvoltoi mascherati in giacca e cravatta, pronti a difendere con i denti una porzione di potere.

Il punto di forza di tutta le serie è solo uno: il dialogo.

Dialogo intriso di sguardi, di silenzi, di pingpong emotivi scanditi dallo zoom immancabile sul volto di uno dei protagonisti, per assaporarne ancor meglio le loro intenzioni.

I dialoghi serrati caratterizzano i personaggi di puntata in puntata, riuscendo a delineare i contorni emotivi in maniera chirurgica.

Anche gli eventi principali, inaspettati, non vengono enfatizzati mostrandoli ma raccontandoli. Il focus di qualsiasi situazione, non è la situazione in sé, ma la conversazione che ne scaturisce.

Nel finale di stagione capiamo la vera essenza di tutti i figuranti di questo bellissimo teatrino nobiliare. Il lusso obnubila le menti, atrofizza alcuni parametri di scelta e rende tutto a tratti paradossale, a tratti reale.

Succession è una masterclass su alcune folli situazioni sociali, dove le decisioni sul futuro di aziende, persone, clienti, è deciso con ostinate battaglie verbali condite di gamberoni o Laphroaig.

Bellissime alcune scene dove si prende in giro l’ipocrisia americana, il loro puro disinteresse verso gli avvenimenti europei, la voglia del lusso che supera ogni semplice piacere e l’intreccio verbale di alcune trattative commerciali.

La Recensione di Succession

Sceneggiatura: 4/5

Quest’ultima stagione si muove sull’acquisizione della WaystarCo che potrebbe cambiare il destino della famiglia e dell’azienda. I 4 figli, Roy, Shiv, Kendall e Connor si scontrano e amano in maniera grottesca e viscerale, soprattutto quando arriva il momento delle decisioni.

Appaiono inadatti, viziati, ipocriti e cresciuti, probabilmente, in una bolla che li isola dalla realtà, totalmente in difficoltà quando il loro ego viene offuscato o messo in secondo piano.

Logan Roy dice “vi voglio bene, ma siete proprio idioti” è forse l’esemplificazione perfetta del rapporto familiare.

Diventa pertanto impossibile capire l’esito dell’azienda e chi diventerà il futuro CEO.

Non mancano i colpi di scena, derivanti soprattutto dalle voglie assurde dei protagonisti, dalle follie, dalle male interpretazioni.

Non mancano morti, dickpic, situazioni morbose, pianti, dialoghi intimi e cene lussuose.

Succession è una serie completa, appaga lo spettatore, perché riesce a far odiare teneramente i protagonisti e riesce a spiazzare sempre, anche quando tutto sembra “in controllo”.

Capacità di tenerti incollato allo schermo: 4/5

Il pregio principale è che non ci sono mai momenti di down, ogni puntata è una valorizzazione precisa di qualche circostanza. Non ci sono tempi morti o espedienti narrativi allunga brodo ed è difficilissimo riuscire a farlo senza l’effetto “Game of Thrones”, dove draghi sputafuoco uccidono soldati o eserciti di cristallo. Succession crea una tensione costante solo col dialogo, con delle scene di qualche ricco buttato in salotto su un divano, con un telefono in mano ed il futuro dell’azienda nell’altra.

Colonna sonora: 3/5

La sigla! la sigla di Succession entra direttamente nell’olimpo delle sigle, tentando la sfida diretta con White Lotus 2.

Da citare anche la svolta rap di Kendall Roy che, con headphones costose, gira per NY con Jay.Z e Public Enemy in sottofondo.

Attori: 5/5

Leggendo le candidature agli Emmy, anno dopo anno, è sempre aumentato il numero degli attori preveniente da questa serie. Tutti i ruoli sono cuciti alla perfezione. Trasmettono una sorta di nervosismo o (sorpresa) sempre imprevedibile. Ovvio, 4 stagioni aiutano, ma la resa finale è perfetta. Oltre i personaggi principali la combo Tom&Greg (Nicholas Braun e Matthew Macfadyen) è una delle cose che mancherà di più di questa serie. Ingenui, ruffiani, inadatti, ma assolutamente complementari e divertenti.

Consigliata per

  • Amanti dei dialoghi, del lusso e della sociologia americana, del filone economico/strategico di cui, il produttore della serie Adam McKay, aveva già mostrato il suo valore con “La Grande Scommessa”.
  • Chi vuole iniziare una serie coinvolgente e che riporta il focus direttamente negli uffici di un’azienda. Con le dovute proporzioni, è il “Mad Men” dei nostri tempi.

Di Giuseppe Gualtieri