Davide Diva: “Cerco di vivere bene il presente” | Indie Talks
“Oggi, domani, per sempre” è un viaggio lungo le dimensioni del tempo. Nel quotidiano è molto facile vedere le difficoltà, mentre ampliando lo sguardo è più semplice ritrovarsi nel mondo. L’intenzione dell’album è proprio questa. Senza dare risposte certe o mantra di vita, vuole alleggerire le responsabilità che si danno all’oggi e immaginare che il per sempre, alle volte, sia sotto i nostri occhi.
Davide Diva è un ragazzo cresciuto nella riviera ligure con un sacco di cose per la testa che lavora per proteggersi dalla paura del futuro e intanto scrive canzoni per immaginare nuovi scenari senza tempo.
Se ci pensiamo viviamo il presente, ma in realtà ogni azione che facciamo diventa immediatamente parte del passato, mentre quello che stiamo per fare è un inizio di avvenire. In questo disordine temporale l’uomo deve organizzarsi in maniera pratica, senza contare poi che ci sono sentimenti e situazioni improvvise che hanno la cognizione di farci perdere ogni misura.
Davide Diva nel suo disco esprime la sua visione artistica con la consapevolezza e forse anche speranza, che ognuno è artefice del proprio destino, dando però il giusto peso ad ogni esperienza già vissuta.
DAVIDE DIVA X INDIE TALKS
La fretta è un limite della nostra società?
Dipende. Credo che la fretta, come tutto ciò che viviamo, quando viene portata all’estremo sia sicuramente negativa. Penso però che sia altrettanto vero che la stessa sensazione di fretta che avvertiamo quotidianamente, possa essere uno stimolo a cercare ciò che si desidera davvero. Quindi penso sia possibile utilizzare la fretta come strumento utile al progresso, anche se trovare il giusto equilibrio tra questa sensazione e l’immobilismo non è affatto scontato.
Qual è il tuo rapporto con il tempo?
Cerco di vivere bene il tempo presente e quando guardo al passato non lo vedo con rimpianto. Mi sembra già un buon risultato.
Oggi, domani, per sempre: guardi il futuro con speranza e ottimismo?
Nel quotidiano direi assolutamente no. Spesso ho pensieri critici rispetto al futuro e a come stiamo trattando il pianeta. Riflettendo e scrivendo credo che la critica fine a se stessa valga poco se non si offrono sguardi e prospettive differenti per il futuro. Nelle canzoni di questo album quindi cerco di immaginare un futuro migliore possibile, nella certezza che almeno lì possa esistere.
Quanti castelli di sale hai distrutto prima di crescere?
Tantissimi. E spero di distruggerne ancora di più, smettere di crescere è un po’ smettere di vivere.
Il calcio è uno sport che ci da la sensazione di invecchiare, soprattutto quando si ritirano gli idoli che tifavamo da bambini?
In un certo senso si. Personalmente mi sono reso conto di invecchiare quando ho dovuto smettere di giocare. Ho sofferto meno l’addio dei miei idoli anche perché quando ero bambino guardavo cassette in tv di giocatori che avevano smesso da un pezzo, quindi forse ho incominciato a sentirmi vecchio già da bambino.
È più difficile scrivere le pagine della propria vita o andare a rileggerne qualcuna?
Scrivere il futuro è affascinante anche con un po’ di paura rispetto a ciò che può accadere mentre leggere (anche il passato) mi fa sentire, paradossalmente, più esposto e fragile.
Nel corso della vita di un individuo può cambiare il concetto di felicità? Se si come mai?
Direi di sì. Cambiano le priorità che si attribuiscono ai vari aspetti della vita, e quello che un tempo dava felicità diventa pian piano normale. Non la vedo però come una prospettiva triste, anzi. Sarebbe noioso stare ad inseguire per tutta la vita lo stesso sogno.
Imparare a perdonarsi è un’azione che ha bisogno di allenamento?
Sicuramente. Ogni azione ha bisogno di allenamento, e quelle più complesse ,come il perdono di sé o anche dell’altro, dovrebbero richiederne ancora di più. Come ogni cosa dolorosa però, spesso, è più facile far finta di dimenticarsene.
Ti è mai capitato di avere la malinconia nel presente?
Direi di no, quando provo malinconia è sempre rivolta al passato. Quando vivo il presente cerco di prenderlo per quello che è, senza sovrastrutture.
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