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Voina: “La pazienza aggiusta anche una vita di merda” | IndieTalks

Il kintsugi è l”arte di “riparare con l’oro” oggetti rotti, rendendoli più forti, belli e resistenti, e questa parola giapponese è il titolo che i Voina hanno voluto dare al loro ultimo album per rappresentare tutte quelle esistenze che riescono non solo a guarire dalle ferite, ma anche a sfoggiare con orgoglio le cicatrici.

Questo disco è ricco d’amore e rabbia perché ci sono situazioni difficili d’accettare che possono essere comprese solamente con pazienza e passione. Il mondo ogni tanto può sembrare un posto terribile e folle d’abitare, pieno di difetti, compromessi incettabili e talvolta anche certe relazioni vivono di quest’ambiguità, però la distruzione non è la soluzione ottimale, perché ci può sempre essere qualcosa da salvare.

Nella vita di tutti i giorni, bisogna essere attenti a capire a cosa è meglio rinunciare o come provare a ad andare avanti facendo pace con il passato, in modo da avere un futuro migliore.

La speranza può essere una preghiera d’amore da dedicare e condividere con chi, nonostante tutto, non ha voglia di mollare. Abitare il dolore non passivamente, cercando di fare ogni giorno un passo in più verso un nuovo obiettivo.. “Si stava male lo stesso, ma vuoi mettere lo stile?”

VOINA X INDIE TALKS

Dentro il vostro nuovo album Kintsugi in che percentuale sono mescolati odio e amore?

L’amore è molto presente, non solo nelle canzoni spiccatamente d’amore, ma anche in quelle critiche verso l’esterno. La critica è una forma d’amore perché vuol dire che in qualche modo ci tieni.

Invece di odio credo non ce ne sia così tanto, anche perché l’odio nella sua purezza è sempre collegato all’ignoranza. Più che odio c’è una sana rabbia che pervade tutto il disco.

PH:Tommaso Giallonardo

Quanto è difficile saper condividere un dolore?

Molto difficile ma fondamentale. la condivisione del dolore permette di mitigarlo, di riconoscere quel dolore nell’altro e quindi normalizzarlo, renderlo un po’ meno forte. La musica è un ottimo viatico per lenire il dolore attraverso la condivisione.

Se domani finisse il mondo a causa di un meteorite cosa vorreste salvare?

Tutto. Saremmo tra quelli che piangono disperati per l’arrivo di un meteorite sulla terra. Il mondo è terribile ma anche bellissimo e questa dicotomia che lo rende così affascinante. 

PH:Tommaso Giallonardo

Perché l’estate può rompere certe relazioni?

Bisognerebbe chiederlo a chi ha scritto canzoni sulla fine delle relazioni in estate e noi fortunatamente non ci siamo ancora passati.

Il tempo guarisce le ferite o è solo una favola in cui è facile credere?

Credo che sia vero nel senso che si impara, con il tempo, a camminare con la cicatrice addosso. Le ferite rimangono e ti rendono diverso, né migliore, né peggiore, solo diverso. L’unica cosa da ricordare è che spesso le ferite non si possono evitare perché fanno parte della vita e che la paura di ferirsi, di provare dolore, spesso è molto peggio del dolore stesso.

Fretta e aggiustare sono due termini in disaccordo?

Sono due termini in antitesi tra loro. Per aggiustare qualcosa bisogna avere la giusta pazienza, dare il tempo alla colla di attecchire e soffiare con delicatezza per asciugarla. La fretta è invece qualcosa che deriva spesso da un input esterno. È il mondo che ci mette fretta e noi dovremmo riuscire ogni tanto a mandarlo a fanculo.

PH:Tommaso Giallonardo

Cosa  provocano le illusioni?

Micheal Jordan nel suo discorso alla Hall of fame disse: “le paure come i limiti sono solo illusioni”. In questo senso le illusioni hanno qualcosa di profondamente negativo, perché sono il prolungamento delle nostre paure e spesso le usiamo per non metterci davvero alla prova. D’altro canto esiste una definizione di illusione che è legata al desiderio e al sogno, come qualcosa che invece aiuta il te di adesso a spingerti oltre per raggiungere quello che vuoi essere. Se devo scegliere preferisco questa seconda definizione.

A chi è dedicata “Che vita di merda” ?

A tutti quelli che almeno una volta lo hanno urlato, o anche solo sussurrato, a se stessi dopo una giornata particolarmente dura. Il fatto di dirlo è già catartico, ancora di più se lo si condivide con un altro essere umano. Infatti “che vita di merda” nasce proprio da un nostro conoscente che in un periodo non troppo felice della sua vita se ne uscì al bar con questa perla facendoci ridere fino alle lacrime. Credo che ridere delle proprie disgrazie è il passo decisivo per trascendere le proprie difficoltà.

Tra tutte le vostre canzoni c’è una che vi ha legato, lasciando da parte possibili incomprensioni per una band?

La band ormai ha tanti anni di attività (l’anno prossimo festeggiamo i dieci anni dal primo disco). Anni che sono stati quelli di formazione anche per le nostre vite al di fuori della musica. Abbiamo iniziato a suonare da ragazzini e adesso siamo con i piedi nell’età adulta quindi risulta difficile trovare un brano solo che ci leghi perché ogni disco è una fotografia di un momento importante di un processo. Se posso dirtene due direi: “Le Pietre”, un brano del primo ep (2013) che racconta la difficoltà di trovare un posto nel mondo; E forse proprio “Che vita di merda”, in cui si parla più o meno della stessa cosa ma con una consapevolezza e una leggerezza completamente diversa.

 

Nicolò Granone

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