ufficio stampa

Tra il dire e il fare ci sono di mezzo gli Yosh Whale | Indie Talks

Capita di sentire l’esigenza di dover dare sempre un giudizio su tutto, senza prendersi il tempo della riflessione, cercando così di guardare il mondo da una prospettiva diversa in modo da accorgersi dei particolari.

“A Mezz’Aria” è una riflessione che portano in musica gli Yosh Whale, sulla vita di provincia, sull’esigenza di scappare lontano senza dimenticare casa, portandosi con se radici e sentimenti pronti per germogliare anche altrove.

L’attesa può essere un’occasione di rinascita, lasciando da parte i ritmi frenetici di una vita che si sopporta invece di accettare condizioni in cui non ci si ritrova.

Un famoso proverbio dice che tra dire e il fare c’è di mezzo il mare, in questo caso ci sono 12 canzoni che ci danno l’opportunità di pensare a cosa sogniamo per il futuro.

YOSH WHALE X INDIE TALKS

C’è un non luogo al quale siete particolarmente affezionati?

Sentiamo che il nostro nonluogo è il mare. Spezza il tempo, ci rende tutti uguali e minuscoli di fronte alla sua grandezza. Quando ci troviamo di fronte al mare qui a Salerno sembra che il tempo non sia mai passato, sembra la stessa acqua che abbiamo sempre visto fin da quando eravamo piccoli.

 La vita di provincia con che aggettivi convive?

Vera, perché è più vicina alla natura umana. Le persone apprezzano le piccole cose e sono più connesse alla terra e alla natura.

Lenta, perché ci prendiamo il nostro tempo. I ritmi della vita non ci costringono a spostarci costantemente in giro per la città, i nostri affetti sono ristretti e viviamo la nostra quotidianità senza pressioni.

PH: Flavio Califano

Come si fa a spostare la propria zona di confort un po’ + in là?

Noi ci siamo riusciti con questo disco, possiamo raccontarvi un po’ della nostra esperienza. Abbiamo completamente eliminato i nostri paletti e i nostri preconcetti per essere più aperti sulle influenze e sulla musica che abbiamo ascoltato. Ci siamo ispirati a elementi inusuali, abbiamo sperimentato con tecniche nuove. Apprendere da tutto è importante per poter spingersi più in avanti.

Quale ispirazione vi ha portato viaggiare sui Treni?

Treni è dedicata a una relazione a distanza di un nostro amico. Una sera al pub tra una birra e l’altra ci diceva come negli ultimi sei mesi avesse vissuto più su un treno che sulla terra ferma. La cosa che ci ha stupito è che però lui ne fosse contento. Abbiamo immaginato questa costante atmosfera di sospensione e attesa tra due persone, connesse attraverso dei mezzi di trasporto. Le cabine dei treni diventano slegate dal tempo e la purezza della relazione è come se restasse solo sulle rotaie. Nel ritornello, infatti, si dice: “Solo i treni sanno parlare di noi, solo i treni capiscono come mi vuoi”. La canzone passa costantemente tra sample di cori e chitarre classiche, ci siamo divertiti molto a registrare sezioni corali, strumenti acustici, per poi giocarci, trasformandole all’interno del brano.

 Il meteo ha la capacità di modificare un panorama. La pioggia che filtro mette sulla realtà?

Ammorbidisce i colori, rende il panorama più delicato e tranquillo. Le gocce che cadono creano un’atmosfera rinfrescante e pulita, ma possono anche rendere tutto un po’ più cupo e malinconico. La pioggia dona al panorama una nuova prospettiva, invitandoci a osservare la realtà con occhi diversi.

ufficio stampa

Stare A Mezz’Aria può essere un punto di vista?

Stare A Mezz’Aria è il nostro punto di vista nella scrittura del disco. Circa un anno fa, dopo tanti live, eravamo arrivati a un punto in cui sentivamo l’esigenza di scrivere qualcosa di nuovo e di diverso. Ci siamo quindi chiusi in un nostro homestudio, dedicandoci anima e corpo a questo disco. Chiusi in una stanza abbiamo costruito man mano questo lavoro dimenticandoci completamente del mondo esterno. Anche questa chiusura dal mondo e dal tempo ha completato il tema del disco. Infatti il titolo “A mezz’aria” rappresenta la sospensione, la ricerca di spazi sicuri nella propria immaginazione in cui rifugiarsi dalla noia e dal grigio della vita quotidiana. Molto spesso nei testi questi spazi sognanti si materializzano a mezz’aria, tra terra e cielo, e nella natura.

Come nasce l’immagine di un Marevuoto, titolo del brano che chiude il disco?

Viviamo in periferie del sud, a pochi minuti di macchina dal mare ma lontani dalle grandi città e spesso tra la noia ci sono dei momenti di sconforto. Più che di sconforto c’è una sensazione di vuoto. Marevuoto nasce una sera sul divano provando a descrivere questa sensazione. Abbiamo visualizzato il vuoto come un peso sullo stomaco così fastidioso da farsi venir voglia come di togliersi via la pancia. Il vuoto è talmente grande da sembrare il mare. Più ci si stringe lo stomaco come a volerlo stappare via, più ci si bagna le mani di acqua e sale.

 Tornare è una sensazione molto diversa dal partire. Facendo un bilancio del vostro progetto Yosh Whale cosa avete messo in valigia e portato a casa durante questi anni?

Con Yosh Whale abbiamo vissuto tanto. È diventata forse l’esperienza più importante di tutte le nostre vite. Dal 2018 suoniamo e giriamo l’Italia, abbiamo visto tanti luoghi e conosciuto tante persone che sono ormai parte fondamentale della nostra vita. Senza Yosh Whale probabilmente non saremmo riusciti a vivere la musica così profondamente come abbiamo fatto finora.