“Le relazioni finiscono, a volte capita” | Indie Talks (M.E.R.L.O.T)

Le relazioni finiscono, a volte capita. Ci si lascia per motivi più o meno validi, per colpa di terze persone che si intromettono o per strane congiunzioni astrali.
La musica da sempre ha trattato con interesse questo tema, quello degli amori di una vita che bruciano fino a consumarsi come candele. In particolare, anche l’indie si è fatto portavoce di quella malinconia e di quella tristezza che accompagnano la fine di una relazione. 

Ogni persona reagisce ad una rottura in modo diverso: c’è chi cerca di non pensarci e si lancia a capofitto in qualsiasi attività riesca in qualche modo a distarlo, chi invece si chiude in casa con un barattolo di gelato e i film più tristi della libreria di Netflix o, ancora, chi pensa che la soluzione migliore sia il tanto contestato chiodo scaccia chiodo.

Ci sono diverse fasi da attraversare quando una relazione finisce, un po’ come quelle per superare un lutto. All’inizio c’è la tristezza, immensa e assoluta, quella che ti paralizza. In questa fase tutto ti ricorda quella persona, dai posti dove andavate insieme ai messaggi che immancabilmente si iniziano a rileggere o alle foto appese in stanza o custodite sul cellulare.
Poi si passa alla rabbia e ai rimpianti, quelli che ti assalgono all’improvviso, pensando a come sarebbero potute essere le cose se solo non vi foste lasciati, agli errori fatti e a tutto ciò che è andato storto.
Per ultima abbiamo la fase della rassegnazione che dovrebbe portare alla ripresa, in cui la relazione andrebbe chiusa in un cassettino del cuore e della memoria e passare oltre. Facile a dirsi, molto meno a farsi.

La musica accompagna naturalmente ognuna di queste fasi e l’indie ci regala almeno un brano per ogni stato d’animo. C’è Gazzelle, che è forse uno dei maggiori esponenti dell’indie triste e malinconico, con brani come Non sei tu, Scintille o Quella te; c’è Calcutta, che con il brano Cosa mi manchi a fare nasconde la tristezza dietro a parole semplici e a volte nonsense tipiche del cantautore; c’è Aiello che in Arsenico e La mia ultima storia urla senza vergogna tutta la sua disperazione. 
Possiamo citare anche i Cani con Una cosa stupida, Franco126 con Stanza Singola, i FASK con Dritto al cuore, Mameli con Non ci sei più, Postino con Blu o ancora M.E.R.L.O.T con Ventitre. La lista è lunga e le playlist indie tristi su Spotify si moltiplicano. 

La musica è però un’arma a doppio taglio. A volte aiuta, certo, ma quante volte colleghiamo un brano a una determinata persona o a una relazione e ci troviamo inevitabilmente a evitare quella canzone ogni volta che la nostra riproduzione casuale decide di proporcela? 

Ho parlato con Manuel Schiavone, in arte M.E.R.L.O.T, per capire il suo punto di vista sulla relazione indie-storie finite.

INDIE TALKS | M.E.R.L.O.T 

Scrivere di una relazione finita aiuta a superarla o si finisce per pensare ancora di più alla persona che abbiamo perso?

Non aiuta direttamente, però vai a trasformare il dolore e la delusione in qualcosa di bello, quindi indirettamente una bella canzone che è riuscita a portarti tante soddisfazioni deriva dalla tristezza che ti ha fatto stare male . È l’esempio lampante del fatto che le cose brutte servono quanto se non di più di quelle belle. Senza rotture e tristezza non avremmo due terzi delle canzoni che amiamo. Vorresti quasi ringraziare quella persona che ti ha fatto male.

Parlando ad esempio di Ventitre, a distanza di quasi un anno dall’uscita, come sono cambiati i tuoi sentimenti? Come ti senti quando l’ascolti?

Come dicevo prima ho tamponato quella tristezza perché gran parte l’ho trasformata in qualcosa di buono. Quando l’ascolto quasi mi verrebbe voglia di ringraziare quella stronza che è riuscita a far uscire del buono da me.

Quasi tutte le canzoni sono scritte dal punto di vista di chi viene lasciato, pensi che una canzone scritta dando voce a chi lascia avrebbe lo stesso impatto o funzionerebbe meno?

Io penso che le canzoni tristi abbiano una potenza maggiore e anche una durata maggiore, il pianto è una sensazione più potente della risata. Non conta il fatto che una sensazione è bella e una è brutta, io con una canzone preferisco emozionarmi il più delle volte. Pensiero personale.

Tre canzoni indie che non devono assolutamente mancare in una playlist post rottura?

Non sei tu, Trovami Un Modo Semplice Per Uscirne, permettetemi di aggiungere anche Marmellata #25.