Secondosolo: “Esporre realisticamente la realtà” | Intervista

È sempre così: i più “indie” sono quelli che non si definiscono tali. O meglio, che non si definiscono affatto. Luca e Ali sono i Secondosolo e, se facessero arti visive, sarebbero senza dubbio due artisti ultra-contemporanei. E un po’ lo sono, vista l’idea che sta dietro il loro ultimo singolo “Schiena”, uscito il 29 gennaio. La schiena, più che come una parte del corpo, è vista come rappresentazione dei lati emotivi che non riusciamo ad “abbracciare”. Secondosolo è arte, schiettezza e introspezione.

Intervistando Secondosolo

Ciao! Come mai “Secondosolo”?

Ciao Indie Italia Mag, qui Luca. Il nome è nato da un equivoco di natura messaggistica. Cercavo di convincere Ali ad usare il nome “Solo”, non so perché ma mi piaceva molto. Lei mi scrisse qualcosa in chat e io capii erroneamente volesse aggiungere “secondo” e dissi “ ci sta”. In realtà non ne ero molto convinto (non lo sono tutt’ora) ma, come già detto: ci sta.

Come vi siete conosciuti e quando avete deciso di fare musica insieme?

Ci siamo conosciuti a Venezia, entrambi studiavamo lì. Eravamo nello stesso corso. Ci vedevamo praticamente tutti i giorni anche se a nessuno gli fregava dell’altro, men che meno in termini musicali. Una volta finiti gli studi, lei tornò a Milano e io mi ci trasferii per lavoro. A metà 2019 ci siamo beccati per una birra e mi chiese se fossi interessato ad iniziare un progetto con lei. Io in quel periodo, oltre a lavorare, non facevo nulla. Et voilà!

Cosa rappresenta la “schiena”? Un appoggio, un qualcosa che mantiene dritto o fermo qualcosa?

Nessuno fisicamente riesce a abbracciare la propria schiena (nemmeno a guardarla in realtà). Così come nessuno riesce fisicamente a abbracciare la Luna (ok, va bene). Però la schiena sta lì, tra il culo e il collo. Lo sappiamo e ormai abbiamo fatto pace con il non riuscire ad abbracciarla. Quindi: se l’uomo è riuscito a far pace con il non poter abbracciare la propria schiena, perché non fare pace anche con il non riuscire a abbracciare tutti i propri lati emotivi? Poi, che questi lati si vogliano guardare o no, è un altro discorso. Magari, per iniziare, potremmo far pace con quelli che entrano in conflitto con noi stessi e che puntualmente cerchiamo di non vedere. Non lo so. La schiena è la trasposizione estetica di tutti questi lati emotivi, che compongono il nostro essere, che non riusciamo ad abbracciare e che non vorremmo vedere. E, anche se non li guardiamo, sappiamo che ci sono, e son lì anche loro: tra il culo e il collo.

Come mai la scelta di chiamare i brani con parti del corpo umano?

Non so se si tratti di una coincidenza o di un gusto che abbiamo inconsapevolmente. Magari lo avevamo nel periodo in cui abbiamo scritto “Ossa” e “Schiena”. Le tracce su cui stiamo lavorando oggi hanno altro tipo di nome, promesso!

Qual è, secondo voi, il ruolo dell’arte?

Esporre realisticamente la realtà.

Vi sentite rappresentati dall’etichetta “Indie”?

Sì, ci sentiamo rappresentati se “indie” prende la valenza di “indipendenti”. Abbiamo le nostre idee, i testi, i suoni, il nostro studio in un sottotetto. Ci autoproduciamo da zero, fino al mix e master. Quindi ci sentiamo completamente parte dell’indie in questo senso, poi non saprei in quale sfumatura collocarci. Non ci sentiamo rappresentati se “indie” richiama il genere e lo stile di band come Strokes e Arctic Monkeys. Ci piacciono le chitarre e anche gli hi-hat in sedicesimi, però penso che cerchiamo di fare una cosa diversa, sia a livello sonoro che d’intenzione. Non definirei Secondosolo un progetto che corre su quella scia. Ma in realtà, purtroppo, non stiamo su quello stile perché sia tecnicamente che ideologicamente non siamo capaci. Cerchiamo di coccolarci con la favola del “contemporaneo” dove va bene un po’ tutto e tutto significa un po’ nulla.

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