Fiecco: “Viva i sogni impossibili” | Intervista

Chi è davvero indie non sa di esserlo, o almeno non del tutto. Il giovane cantautore dalle molteplici origini Fiecco, con cui non è la prima volta che ci facciamo una chiacchierata, ha un amore-odio nei confronti del genere che dà spazio a tutti (ma proprio a tutti). Tuttavia non smette di credere nei suoi sogni, soprattutto a quelli più improbabili, come portare a cena fuori una famosa star del cinema o far vincere i mondiali ad una squadra di calcio semi-dimenticata. Il suo ultimo singolo “Il San Marino” parla proprio di questo, ed è un brano che, in un periodo come questo in cui la speranza arranca, fa bene al cuore.

Intervistando Fiecco

Ciao! L’ultima volta che abbiamo chiacchierato hai detto che le immagini “patetiche” nelle tue canzoni rimandano a precisi stati d’animo. Se “il San Marino” fosse uno stato d’animo quale sarebbe?

Ciao, è bello essere di nuovo qui. Guarda, faccio prima a spiegarti l’emozione da cui nasce “il San Marino” con un’immagine che credo renda l’idea. C’è un ragazzo abituato a prendersi pali da una vita con le ragazze che ha appena saputo che nel pomeriggio arriverà in città Scarlett Johansson. Arrivato all’aeroporto, nota che i suoi amici si preoccupano solo di come riuscire a farsi una foto con la star, mentre in lui inizia a farsi largo una malsana convinzione: “Stasera, la Johansson, la porto a cena!”. Non si sa veramente se la cosa andrà a buon fine, ma sono certo che prima il crederci e poi il coraggio di buttarsi apriranno nella sua vita delle porte inaspettate. Magari si avvicina a lei e si innamora invece della sua bodyguard, chi lo sa. È questa l’emozione da cui nasce “il San Marino”, quella del dirsi nei momenti più difficili “credo in questo, nel mio potenziale e anche se a tutti posso sembrare un idiota che segue sogni impossibili non importa, perché io ce la farò!”

“Noi siamo il San Marino che non ha mai smesso di crede che è possibile vincere i mondiali”. Con il pretesto di una storia d’amore, racconti l’importanza di credere in se stessi e nei propri sogni, anche quelli che sembrano impossibili. Tu ci credi nei tuoi sogni?

Assolutamente sì, anche se sono spesso in conflitto con una vocina che mi dice “Edo ma che fai?”. Ho scoperto negli anni che il mio sogno non è la fama in sé, perché fare tutto questo con il solo scopo di diventare famosi sarebbe triste come andare a teatro con l’obiettivo di mostrare alla platea il vestito nuovo che abbiamo comprato. E succede che sei così concentrato su te stesso da perdere di vista il motivo per cui sei andato a teatro. Il punto è un altro a proposito dei miei sogni. Ci sono canzoni che mi hanno letteralmente “salvato” in momenti difficili e provo profonda gratitudine per chi mi ha saputo regalare quel sorriso, quella pacca sulla spalla per ripartire. Il mio sogno alla fine è questo, diventare anch’io qualcuno in grado di creare con le parole e la musica quel ponte magico di empatia con chi mi ascolta. E più saranno quelle persone, più io sarò felice, ovviamente. Visto che ci siamo vorrei aggiungere una cosa per i lettori di Indie Italia Mag, a proposito del credere nei sogni: non perdete tempo a vivere vite che sono la fotocopia degli altri, lanciatevi in qualcosa che solo a pensarla vi fa venire i brividi, ne vale la pena. E ricordatevi che credere nei sogni è già il primo passo per realizzarli.

Come descriveresti, a livello musicale, questo periodo così particolare?

Finalmente siamo tornati grazie a l’indie a dare spazio ai cantautori dopo tanti anni dove gli interpreti erano sostanzialmente i padroni della scena pop. Il fenomeno “indie” ha in sé diversi aspetti interessanti anche se ahimé, ritengo che non sia tutto oro ciò che luccica. Devo dire infatti che il 70% delle canzoni che ho ascoltato di questo genere,  per me, sono sostanzialmente delle “furbate”, piuttosto superficiali, nelle quali si pensa che nominare Baudelaire sia sufficiente per dare di sé l’immagine di ragazzi tormentati che però frequentano i posti giusti, leggono i classici, ascoltano musica che mai in realtà si sognerebbero di ascoltare e si fanno di antidolorifici per superare le botte emotive. Percepisco parecchia ipocrisia, tutto qua. A parte questo, l’esplosione del fenomeno indie ha dato invece a mio parere l’opportunità a tanti artisti onesti e sconosciuti che prima non avevano l’opportunità di mostrarsi, di iniziare a credere che sia possibile vivere di ciò che si ama fare, quindi suonando e cantando.

 

Una cosa che “va molto” adesso è fare i feat. Con chi ti piacerebbe farne uno?

Devo essere sincero e ammettere che i feat in linea generale non mi piacciono. Per me la collaborazione tra artisti può essere concepita nell’ambito strumentale di un pezzo ma difficilmente nella sua scrittura. Scrivere una canzone per me è un percorso individuale che parte per trasformare un sentimento e questo il più delle volte, per quanto mi riguarda, non può essere pienamente condiviso con un altro. Comunque devo dire che mi sono già divertito a scrivere una parte nella canzone di una mia cara amica, la Venere di Rifredi, ma principalmente, appunto, per gioco. Tuttavia, sempre per gioco, se vuoi un nome per un’improbabile collaborazione ti direi Caparezza, di cui non sono un fan sfegatato, ma con il quale penso ci sarebbe da divertirsi.

Dici anche di essere timido. Come coniughi questo tratto della personalità con il mondo dei live? Ne hai già fatti?

È vero, sono timido in pubblico, ma chi mi conosce sa anche bene che appena mi sintonizzo con le frequenze dell’ambiente riesco ad esprimermi paradossalmente in un modo anche vagamente disinvolto. Ci penso spesso a quando sarò su un palco. Ho fatto solo un live in passato, più che altro uno stacchetto musicale tra due eventi di una serata, quindi non posso dirti cosa significhi incontrare veramente un pubblico che viene per te. Questo mi stranisce ma allo stesso tempo mi affascina. Vorrei che i miei live avessero lo spirito di una chiacchierata in un pub con le luci soffuse. E sarà così. In fondo questa è pur sempre un’altra sfida da cogliere con lo spirito del San Marino.

Come descriveresti l’immagine e l’immaginario di “Fiecco”?

Oggi non credo che ci sia una grossa discrepanza tra il “come vedono Fiecco gli altri” e il “come io stesso vedo Fiecco”. Fiecco tra l’altro coincide praticamente con la mia personalità, quindi chi mi conosce è in linea di massima anche in grado di comprendere ciò che scrivo. L’unica differenza forse è che nelle canzoni posso spingermi fino ad alcune provocazioni che nella vita magari tengo per me in quanto per nulla “politically correct”. Ma nel mio caso le canzoni servono proprio anche a questo, a sfogare tutto quel “politically non-correct” che altrimenti, se sfogato nel quotidiano, allarmerebbe un po’ di gente.

Ascolta Fiecco nella playlist di Indie Italia Mag!