Il mare davanti | Indie Tales

Di Filippo Micalizzi

Ho sempre avuto un rapporto strano con il mare, è affascinante, a volte spaventoso per come riesca a cambiare, attraverso i miei occhi, nei vari momenti sparsi della vita. Fin da quando ne ho memoria, non c’è ricordo degno di essere chiamato tale che non lo contenga. Dai momenti di pura noia, a quelli di completa felicità. Dal guardarsi negli occhi con il rumore delle onde che ti circonda, al farlo per l’ultima volta e rendersi conto che quel rumore, da lì in poi non sarà più lo stesso.

È sempre e solo una questione di prospettiva. Che tu possa guardarlo da una semplice panchina arrugginita o dalla cima di un monte che si affaccia sugli scogli, se provi a guardarlo con speranza e spensieratezza, apparirà come un luogo sicuro in cui rifugiarsi, che riesce a trasmetterti un senso di tranquillità e pace senza precedenti. Un luogo, forse l’unico, in cui riesco a parlare a me stesso in totale sincerità, a cui permetto alle onde di trascinare via le paure più nascoste.

Non so perché ho lasciato che il mare influenzasse così tanto la mia vita, sicuramente l’abitare in un paese che si affaccia completamente su di esso ha fatto la sua parte. Continuo a domandarmi però, perché nelle persone che mi circondano, non riesco a trovare questo attaccamento. Anzi, a volte è come se provassero repulsione nei suoi confronti. Da un certo punto di vista a dire il vero li capisco. Certo, bello il mare ad agosto, ma provate a viverci in pieno inverno, col vento che soffia a velocità inimmaginabili, trascinandosi dietro ondate di freddo glaciale. Beh, non sembra più così fantastico.

Però nonostante viva anch’io tutto questo, su di me riesce comunque ad avere un altro effetto. È come se il mare riflettesse ciò che sei in quell’esatto momento, facendosi carico di ogni problema. Succede però che quel momento sia lo stesso in cui tutte le certezze accumulate non reggono più e allora ormai stanche cedono il passo all’insicurezza e alla paura. Cerchi quindi di rifugiarti nel mare, ma quel che prima era un posto sicuro, quel blu infinito, adesso cerca di trascinarti sempre più a fondo. Per certi versi ti senti tradito, come se ad un certo punto, la persona con cui per la prima volta ti sei mostrato fragile, ti spiazzasse, usando quella stessa fragilità per distruggerti. Ti senti totalmente spaesato, non sai come difenderti, non trovi più le forze ed affoghi. Ti senti sempre più solo.

Forse avrei dovuto specificare che queste mie parole non sarebbero state particolarmente felici, ma si migliora come persona solo nei momenti peggiori, è da lì che riesci davvero a crescere, a capire chi sei. cadere nel baratro serve. Come dice un detto molto scontato ma anche molto giusto a volte, “se tocchi il fondo puoi solo risalire”.

Come ho detto all’inizio, ho sempre avuto un rapporto strano con il mare, ma con il tempo, ho imparato che il modo migliore per tenergli testa è farsi scudo di tutte quelle esperienze e di tutte quelle persone che ti accompagnano durante il lungo tragitto della vita. Dagli amici più grandi, a chi ho perso per strada, da chi è felice nel fango ai disillusi e tristi, da me, che sono un represso e da te, che mi hai reso tale.

Probabilmente non ho davvero paura del mare davanti, ma senza chi mi impedisce di affogarci dentro, non mi rimarrebbe più nemmeno la speranza. Rimarrebbe solo la notte, rimarrebbe solo il silenzio.

Un racconto di Filippo Micalizzi liberamente ispirato al brano “Il mare davanti” dei Fast Animals and Slow Kids