GiusiPre: “L’Autunno o il preludio del nuovo” | Intervista

L’ultimo singolo di GiusiPre porta il nome della stagione che meglio di tutte rappresenta il cambiamento: l’Autunno.

“Autunno” è proprio questo per la giovane cantautrice calabrese trapiantata a Roma: emigrare, ricordare e prepararsi al nuovo. Una voce che evoca cosa vissute da chiunque e chitarre “effettate” che non possnono non portare alla mente di chi ascolta momenti vissuti ed immagini più o meno nitide.

Il cambiamento e la dinamicità del presente sono intrinseche nell’autunno, qui sapientemente raccontato perché vissuto in prima persona.

INTERVISTANDO GIUSIPRE

Autrice, cantante e musicista. Sono passioni nate insieme o in qualche modo una ha chiamato l’altra?

Direi che prima è stata la volta della cantante e dell’interprete, poi sono seguite le altre figure. Ci ho messo un po’ per capire che oltre ad eseguire avevo bisogno anche di scrivere. Il canto in ogni caso è stato terapeutico e necessario, soprattutto perché mi è stato di aiuto in una fase molto critica della mia vita.

Calabrese di origine, vivi a Roma. Si può dire che questo cambiamento abbia ispirato in parte “Autunno”?

Assolutamente sì, ho provato a tradurre in parole e musica il legame con la mia terra di origine, per descrivere al meglio il sapore agrodolce della nostalgia: quando vai via da un posto, una parte di te rimane comunque legata e nel ritorno non trovi quasi mai quello che hai lasciato. Il ricordo è la testimonianza di ciò che era, di ciò che eri e ciò che porti sempre con te, qualsiasi cosa accada.

“E restano solo foglie gialle ad aspettare il freddo inverno”. L’autunno non significa solo cambiamento, ma una fase precisa tra caldo e freddo. Qual è “l’autunno” di cui parli qui?

L’autunno è la fase del cambiamento, anzi è il cambiamento stesso, la trasformazione che spesso viviamo completamente immersi nell’attimo, nel presente e che invece rappresenta la parte veramente dinamica, la novità o il preludio di qualcosa di nuovo al di là del bene e del male.

Cosa intendi per “anima blu”?

La tristezza, soprattutto la malinconia, che spesso si accompagna ad una fase di inerzia e incredulità perché qualcosa manca e non ce ne siamo accorti prima, troppo presi dalla routine e dagli affanni del mondo contemporaneo.

I cosiddetti “effetti” aggiungono alle chitarre sentimento ed emozione. Che tipo di lavoro c’è dietro? Ti occupi tu della post produzione?

Il lavoro di arrangiamento e produzione lo divido con Nicola D’Amati e Daniele Giuili dalla mia prima pubblicazione di questo progetto solista. Le chitarre di Daniele e il lavoro di post produzione di Nicola sono un tutt’uno col brano. Oltretutto non è la prima volta che sperimentiamo questo stile: lo potete ascoltare anche in “Ci pensa il vento”.

“Canzoni indigeste” è stato il tuo primo EP da solista. Stai lavorando a qualche altro progetto al momento?

Ho un altro singolo pronto, altri due brani in lavorazione e spero di pubblicare presto il mio secondo EP. La fase creativa mi entusiasma sempre molto, ma vorrei adesso dare spazio a brani scritti prima della pandemia. 

Che rapporto hai con i social? Che tipo di legame c’è, secondo te, tra queste piattaforme e la musica?

Utilizzo i social per dare visibilità al mio progetto e capisco l’importanza che hanno soprattutto se sei un artista indipendente. Credo però che l’esperienza artistica vada ben oltre e che si possa trasmettere molto di più in presenza con un bel live, magari con un dopo concerto dove ci si incontra e si fanno due chiacchiere sorseggiando una buona birra. Vi aspetto.