The Scream (After Munch) by Andy Warhol

L’empatia sociale attraverso le Lettere di Chandos

A cura di Carla Giammusso

“Il mio caso in breve è questo:

ho smarrito del tutto la facoltà

di pensare e parlare con logica

su qualsiasi argomento”.

Ein Brief- Hugo von Hofmannsthal 1902

Incapaci di ristabilire un ordine nel caos che circonda l’uomo sin dal momento della sua creazione. Incapaci di comunicare, paralizzati ma al tempo stesso intimamente in fermento, convinti di non possedere gli strumenti adeguati per dar vita al cambiamento: sembra troppo piccolo e insignificante un uomo, con la sua quotidianità e i suoi legami, per muovere un sistema così imbrigliato.

Tuttavia, ogni tanto qualcuno tenta di ricordarci che un’altra via esiste e può essere percorsa, creando spazi di sana condivisione, maturando un pensiero critico e coraggioso, scegliendo ogni giorno in maniera libera, senza temere il giudizio o le azioni altrui, seguendo la strada del confronto e della riflessione. Questa strada tortuosa, sconosciuta a molti o volutamente evitata, potrebbe forse permetterci di avvicinarci alla conoscenza della lingua tanto ricercata da Chandos più di un secolo fa.

LE RAGIONI DI CHANDOS

 Il 22 Agosto dell’anno 1603 Lord Philip Chandos scrive una lunga epistola a Francis Bacon per spiegare all’amico la propria totale e definitiva rinuncia all’attività letteraria. Il giovane e promettente scrittore, in preda ad una terribile crisi linguistica ed esistenziale, decide così di rivolgersi al celebre filosofo, saggista, politico e giurista inglese.

È questa probabilmente la strada che Hugo von Hofmannsthal desiderava venisse intrapresa e percorsa dal suo lettore. Tutto filerebbe liscio se “la mort de l’auteur”, tanto discussa e ragionata da Roland Barthes, fosse mai avvenuta davvero. Invece l’autore, ancora perfettamente vivo, emerge dal profondo solco scavato da ogni virgola, parola e periodo del testo. La lettera in questione, pubblicata su Der Tag nel 1902, è frutto dell’immaginazione di Hofmannsthal e dunque appartiene a ben altri contesti storici e sociali.

Ein Brief è indubbiamente un lavoro ben strutturato. Perché rileggerla oggi, a più di un secolo dalla data di composizione? Bisogna inoltrarsi temerariamente fra le pagine della lettera per scoprirne le ragioni.

Ciò che accade a Chandos è terribile:

“Ogni cosa mi si sfaldava incoerentemente in più parti, e queste ancora in ulteriori parti, e nulla si lasciava più ricondurre ad un unico concetto. Singole parole giravano rapide attorno a me, si mutavano in occhi che mi fissavano ed in cui io a mia volta dovevo concentrarmi: erano vortici in un perenne turbinare che a fissarli nel profondo si è presi da un senso di capogiro ed al di là dei quali si è nel vuoto.”

Il giovane scrittore inglese, tanto quanto Hofmannsthal stesso, sente di brancolare nel buio, percepisce l’incapacità della lingua di rendere la realtà e dunque non riesce più a comunicare; egli giunge ad una conclusione: l’essenza delle cose è capace di sottrarsi repentinamente alla forza espressiva della lingua. Proprio lui, che aveva dato importanti contributi al mondo letterario, adesso si sente escluso da ogni microcosmo e a tratti dal cosmo in generale. Fugge dalla città e si rifugia nel mondo della natura sperando di trovar pace; evita alcune letture e ne predilige altre che gli sembrano più adeguate al suo sentire.

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È un po’ ciò che accade nella novella di Thomas Mann, Tonio Kröger, pubblicata solo un anno dopo Ein Brief. Un’anima vagante come quella di Tonio decide, alla fine di un lungo viaggio, di scrivere una lettera all’amica pittrice Lisaweta Iwanowna. Le conclusioni, il contesto, lo stile e le motivazioni di fondo sono differenti ma l’obiettivo risulta il medesimo: la volontà di uscire da un’impasse, la necessità di sciogliere un nodo problematico per poter vivere in armonia con il mondo attorno.

IL CONTESTO STORICO: TRA ‘600 E ‘900, TRA CRISI SECOLARI E COLLETTIVITA’ TURBATE

L’origine di tanta sofferenza e tanti turbamenti va ricercata anche nel periodo storico di riferimento: tanto il XVII quanto il XX furono secoli di grandi mutamenti ai quali l’uomo dovette adattarsi o talvolta opporsi. Il Seicento fu il secolo della crisi di ogni certezza e della forsennata corsa verso quel progresso scientifico, tecnologico, sociale e culturale dagli esiti molto controversi. Nel secondo caso il riferimento è al Novecento, il secolo breve, carico di eventi perturbanti per qualsiasi collettività. Potevano gli scrittori uscire indenni da tanta disarmonia civile e sociale? Difficile specialmente nel caso di autori di origine ebraica, talvolta nati nell’Austria della così detta fin de siècle e dunque costretti a mutamenti radicali della propria vita.

IL FILTRO DELLA SENSIBILITA’: LA CHIAVE EMPATICA

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Nella lettera un altro elemento determinante è la sensibilità: questa diventa motivo di sofferenza, un limite rispetto alla possibilità di un’esistenza felice, sia per l’autore reale sia per quello immaginario. La sensibilità come pericolosa lente d’ingrandimento, Vergröbrungsglas in tedesco, capace di acuire ogni percezione e condurre allo sfinimento. Un’eccessiva sensibilizzazione ai fenomeni esterni, al dolore del mondo, alle singole persone, animali e persino agli oggetti, conducono Chandos alla scomposizione in infinite parti di sé che partecipano alla gioia e alle sofferenze altrui:

“E quasi per magia mi si svela allora come il mio corpo si scomponga in chiare cifre che si mostrano la chiave di ogni cosa, o che potremmo entrare in un nuovo toccante rapporto con tutto ciò che comunque pulsa, solo che principiassimo a pensare con il cuore”

Sarebbe forse salvifico oggi pensare sempre più con il cuore, disporsi all’ascolto, coltivare l’empatia e creare piccole oasi di bellezza, in angoli di mondo tanto imbruttiti. Tuttavia bisognerebbe trovare un mezzo di contatto, un canale di comunicazione linguistico o di altra natura, per fare in modo che nessuno possa sentirsi così perso e abbandonato.

È dall’incomunicabilità del pensiero che nascono i peggiori crimini e le più sentite rivolte.

Ulrike Kindl nel secondo volume della sua Storia della letteratura tedesca scrive:

Chandos aveva perduto la fiducia non solo nella capacità espressiva della lingua, ma anche nel fatto che il mondo fosse dotato di senso. Quando manca il concetto che può <<imbrigliare>> i singoli<<pezzi>>, come scrive Chandos, allora viene a mancare anche una coscienza in grado di portare ordine nel disfacimento del caos”

Quanta attualità in questa struggente considerazione. Come ritrovare oggi la coscienza capace di mettere ordine nel caos? Chandos, in conclusion,e sembra trovare una risposta, per quanto ulteriormente problematica. Il turbamento deriva dalla necessità di padroneggiare una nuova lingua, capace di integrare le sensazioni del corpo con i pensieri razionali della mente:

“Infatti la lingua in cui forse mi potrebbe essere concesso non solo di scrivere, ma anche di pensare, mi sembra essere non la latina, non l’inglese, non l’italiana e neppure la spagnola, quanto piuttosto una lingua delle cui parole neanche una mi è ancora nota, una lingua in cui le cose mi si manifestano, e nella quale forse un giorno mi troverò a rispondere dalla tomba dinanzi ad un giudice sconosciuto.”

Oggi questa lingua sembra ancora ignota e talvolta evitata in molti contesti: non è tempo di lasciar spazio alle sensazioni, ai sentimenti, ai turbamenti o all’universo emotivo. Sono anni difficili, di crisi e difficoltà: i grandi flussi migratori, la costruzione di nuovi muri, le bombe lanciate come sassi, le guerre economiche e quelle cibernetiche, la disoccupazione giovanile, la violenza e la paura dell’altro, le camerette sempre più grandi e le piazze sempre più vuote, il fantasma dell’Unione Europea che si aggira fra i Paesi dell’Europa stessa.

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Tuttavia, si tratta di corsi e ricorsi storici che bisogna imparare ad attraversare, sia nella dimensione individuale sia in quella collettiva. Lasciar spazio al timore e all’esitazione non significa necessariamente diventare inoperosi o disillusi, ma al tempo stesso denunciare il triste esito delle magnifiche sorti e progressive non sarà abbastanza per il futuro: bisognerà iniziare a costruire e ricostruire, scegliendo attentamente e cominciando possibilmente non dai muri e dalle discriminazioni, non dalla parte già imputridita e corrotta.

Chissà allora in quanti si saranno sentiti un po’ come Chandos:

Ascoltate questo brusìo:

Nel silenzio elegiaco delle camerette già in molti hanno impugnato penne nuove per scrivere le proprie lettere. Serviranno due cose: buoni destinatari a cui indirizzarle e il coraggio di spedirle.

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