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Te lo dico con il Culo: #CHEEKYCHALLENGE, il fenomeno che sta conquistando i social

Di Federica Cataldo

Ritorno alla dimensione archetipica, o semplicemente necessità di riconnettersi alla natura selvaggia?

La verità è che siamo difronte a un fenomeno mediatico che sta coinvolgendo sempre più “adepti”.

Hai mai sentito parlare di #CHEEKYCHALLANGE?

Beh, se la risposta è No, allora faresti meglio a rimanere sintonizzato sui nostri canali per conoscere l’ultimo traguardo dell’homo modernus.

Ti spieghiamo il #cheekychallange

Il fenomeno di cui vogliamo parlarvi sta letteralmente impazzando sui social. Si tratta della #cheekyexploitschallenge, l’ultima provocazione tutta digitale che ha come obiettivo quello di postare in rete il proprio #belfie (selfie al lato .)

Come nasce?

Nata a Londra per iniziativa di alcuni audaci e talentuosi performer, pionieri di questo rivoluzionario movimento artistico di cui l’Holland Park pare sia stato il primo palcoscenico; questa tendenza ha letteralmente catturato l’attenzione di molti e stimolato la creatività dei più temerari, che hanno addirittura dedicato a questa nuova moda una pagina Instagram.

Opportunamente cliccato, l’hashtag, sembrerebbe ritrarre degli anacronistici San Francesco, così come ognuno di noi lo ricorda nel Cantico delle Creature: spogli di ogni bene(anche quelli di prima necessità) i soggetti posano davanti a paesaggi mozzafiato impreziositi da natiche a random incastonate tra scogli, montagne e foreste.

Ma (niente paura!) lo sfondo non costituisce discriminanti. Ci si può, infatti, sentire liberi di mostrare il proprio sedere dappertutto: al bar, in casa propria, sul luogo di lavoro.

Quali sarebbero, però, le ragioni di tanto spettacolo di sé?

Gli #instagrammer confermano che questa tendenza non ha come scopo la lotta efferata all’ultimo like, tantomeno che questa sia nata come l’ennesima “#sfidasexy”.

Sembrerebbe, tutt’al più, a partire dalle loro testimonianze, uno spassionato anelito alla connessione con la natura, convinti che, per sentirsi totalmente uomini e donne, sia necessario balzare con calviana leggerezza indietro nel tempo, semplicemente provare, almeno per un attimo, la soddisfazione di sentirsi dei primati. La causa avrebbe, quindi, anche profonde radici antropologiche e filosofiche. Ma non meno semiologiche: rievocando un Roland Barthes di “Camera chiara” manifesta è, contro ogni ragionevole dubbio, la volontà di risaltare la nozione di “punctum” ( ciò che di un’immagine ci punge, travolge) alleggerendo, così, di tanto, la nostra funzione ermeneutica a cui non resta proprio nulla da immaginare.

Ma a noi lettori piace scavare, e pensiamo, come già anticipato, che questa tendenza si intrecci ad antichi motivi filosofici: la riappropriazione di un Sé violentemente deprivato e la volontà (tutta umana) di sottrarre la propria vita alla malsana frenesia di ogni giorno.

Quale sarebbe la necessità di dar mostra, deliberatamente, del proprio sedere? Perché questi fanciullini di pascoliana memoria con ascendenze hippie dovrebbero rendere il mondo partecipe dei loro attimi eterni?

Studi sociologici potrebbero fornirci una piste scomode, che andrebbero, però, a scardinare ed in seguito annientare i propositi squisitamente artistici di giovani ragazzi e ragazze che credono davvero in questo movimento a forti tinte postmoderniste. Quindi, non volendoli contrariare, non penseremo che sia un’altra forma di esibizionismo gratuito che ha come obiettivo la ricerca d’approvazione. In tal caso, tutta la nostra compassione. Essere umani è anche questo!

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Salvatore Giannavola

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Salvatore Giannavola

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