La Stazione | Intervista Indie Italia Mag
A cura di Alessandra Ferrara
La Stazione è un luogo fatto di binari musicali in cui si incontrano i vissuti e le personalità di Stefano Scavelli, Gianmarco Cristaudo e Marco Villella. I primi brani prendono forma fra il 2015 e il 2017. Dopo l’ottima accoglienza di “Termini” brano d’esordio che li ha immediatamente catapultati nella classifica #Viral50 di Spotify Italia, la band presenta: “Un po (‘) vero me”, terzo singolo inserito nella playlist Spotify di Indie Italia Mag.
Ad un tratto è stato come sentirsi in quelle scene dei film in cui ci sei tu, solo al centro di una stazione e tutto ruota intorno “senza mezzi termini”. Questa la sensazione al primo ascolto del brano d’esordio dal titolo “Termini”, del nuovo progetto musicale tutto made in sud del panorama indie-pop italiano, La Stazione.
INTERVISTANDO LA STAZIONE
Il vostro “ottimismo osceno” vi ha spinto ha mettervi in gioco e per citarvi sperare “in un ultimo treno”. L’essere giovani ragazzi del sud, quasi costretti a lasciare la propria terra per realizzare i propri sogni ha dato voce hai vostri testi e quindi al vostro
progetto?
Più che ottimismo, il nostro progetto è partito dall’esigenza di dare un pubblico più ampio possibile alla musica che nasceva dalle nostre esigenze comunicative. Avevamo queste canzoni e volevamo che chiunque potesse ascoltarle. Sicuramente l’essere tutti e tre fuorisede ha influito sulla nostra musica e sull’immaginario che abbiamo messo su. Lasciare casa per trovare realizzazione, dal punto di vista musicale e universitario, ha sicuramente contribuito all’idea di stazioni, partenze e arrivi ed è per forza di cose entrato a far parte del nostro progetto.
Curiosità: il riferimento tra il nome della band ed il luogo fisico della stazione Termini di Roma è pura coincidenza?
Il nome “La Stazione” è arrivato molto prima che partorissimo l’idea di scrivere una canzone chiamata “Termini”. A un certo punto il pensiero di comporre un pezzo e chiamarlo “Termini” continuava a ronzarci in testa e col tempo è spuntato fuori un ritornello e poi il resto del testo ed è nata così. Abbiamo scelto proprio Termini perché è un punto di snodo cruciale della città e, da gente che prende treni diverse volte l’anno, anche delle nostre vite. In più sapevamo di poter giocare con l’ambiguità della parola per la scrittura del brano. Non escludiamo comunque di poterci dedicare a qualche altra stazione ferroviaria in futuro, chissà.
Il tema della partenza, degli incontri, della distanza, del perdersi e del ritrovarsi è il cuore di “Termini”. È un viaggio attraverso l’Italia e attraverso se stessi?
“Termini” è sicuramente un itinerario geografico, un viaggio da Nord a Sud di due persone che sentono l’esigenza di rincontrarsi ma non riescono a farlo. Col pretesto di spostarsi da Torino alla Calabria abbiamo provato a descrivere gli stadi di questa relazione, scanditi dalle stazioni che si lasciavano alle spalle. Quindi al viaggio fisico si aggiunge quello mentale e sentimentale di due persone legate l’un l’altra ma separate, fisicamente e non. Con queste
premesse, i temi della partenza, dell’addio, del ricongiungimento e della separazione sono venuti su da soli.
I giochi di parole sono i protagonisti indiscussi dei vostri testi. Le parole secondo voi hanno il potere di esprimere la vera essenza dei sentimenti di una persona, per accettarsi così come si è? Il modo in cui è scritto il titolo di “Un po(‘)vero me” è un esempio.
Innanzitutto, ci fa piacere che questa cosa esca fuori perché mettiamo molta attenzione nella scrittura dei testi ed è una parte fondamentale delle nostre canzoni. Avendo fatto il Classico, siamo in un certo senso stati educati all’importanza della parola. Silente ne “I doni della morte” diceva che le parole sono la nostra massima e inesauribile fonte di magia, e noi ci crediamo molto. Sebbene il divario fra ciò che si sente dentro e quello che si riesce a esprimere sia quasi sempre incolmabile, solo con le parole si può provare a sorvolare il dirupo. Crediamo che la generazione di artisti a cui apparteniamo sia caratterizzata da uno stile comunicativo molto schietto e diretto che rende a pieno la comunicazione. Poi a noi piacciono parecchio i giochi di parole, come per “Un po(‘)vero me”, che è una cosa che ci viene dai nostri ascolti rap e dall’hip hop.
Il mix di film del video di “Minori di zero” da paura! Ogni scena è un pezzo di testo del brano e addirittura di base musicale, da cosa è nata l’idea? Curiosa la scena del funerale alla fine del pezzo!
L’idea per il video di “Minori di zero” è merito di Mario Vitale, che collabora con noi e ha curato la regia del video, e appena ce l’ha proposta ci è subito piaciuta. Ci divertiva pensare a come frammenti di vecchi film potessero intrecciarsi alla nostra musica e il risultato finale ci ha colpito fin dall’inizio.
Vi sentite più “innamorati nel vostro lato migliore” o “intrappolati nel vostro lato peggiore”?
Non è possibile per noi stabilire quale delle due cose sia più presente perché per come è stata scritta quella frase, l’una e l’altra coesistono in equilibrio. Quel che è certo che l’essere intrappolati nel nostro lato peggiore non ci lascia vivere serenamente l’essere innamorati del nostro lato migliore.
Il prossimo 13 dicembre inizierà il vostro “Binario Zero Tour”, per citarvi, siete pronti a “guardare verso un’altra direzione”?
Non vediamo l’ora che inizi il tour! Stiamo preparando un live che possa divertire chi ci viene a vedere così come ci divertiamo noi a suonare le nostre canzoni. Siamo pronti a portare la nostra musica in giro e abbiamo un po’ di sorprese per chi sarà presente al concerto.