Superquark (album) | (Megha) Recensione

A cura di Aurora Aprile

Se siete alla ricerca di suoni e parole che vi facciano versare lacrime su una storia che ne ha già viste tante o, se non ne avete avuta una, che vi facciano sentire come se l’aveste vissuta, attenzione: questo NON è l’album che fa per voi.

Non che Megha non dipinga scene d’amore quotidiano o non cerchi di rendere con tratti definiti quei rapporti indefiniti in cui tutti, prima o poi, ci siamo trovati imbrigliati, ma perché queste connessioni umane sono calate nella connessione oggi meglio conosciuta, quella del web, che sembra tessere intorno all’artista fili molto più stretti di ogni relazione.

È infatti il disagio del producer e songwriter romano al cospetto dell’iperconnessione odierna il vero concept di un disco che ben si inserisce nella dimensione narrativa di Asian Fake, stravagante etichetta milanese che, rifacendosi alla concezione greca della musica come insieme di Arti, cura addirittura un fumetto in cui racconta le origini fantascientifiche dei propri artisti.

E di fantastico Megha non possiede solo un suono che è un superbo cocktail di elettronica e cantautorato dal retrogusto italo disco, bensì anche il modo di presentarsi ai nostri occhi.

In un mondo in cui Instagram ci ha spesso abituati a considerare prima l’immagine rispetto alla musica, ecco che lui fa il contrario: mettendosi un synth MOOG al posto del volto ci sbatte in faccia le sue produzioni frutto di una costante ricerca musicale.

Metà rapper, metà uomo” cantava Bassi Maestro, colonna portante di un altro genere, “mezzo uomo, mezzo synth” recita la bio di un artista che così sembra sia proteggersi dal suo stesso mondo fatto di contrasti che invitare gli altri a guardarlo.

Non ci resta allora che affacciarci alla sua finestra e renderci conto, traccia dopo traccia, che forse questo microcosmo non è poi tanto diverso dal nostro.

MEGHA – SUPERQUARK | RECENSIONE ALBUM

WALKMAN

Alla fermata del 38 il mio walkman tagliava il mondo fuori, solo per 15 fermate era bellissimo sentirsi così soli” canta Megha nella prima strofa della canzone che apre dell’album, suggerendoci un immaginario lontano dai nostri IPod e smartphone, ma in un ambiente a noi vicino, in cui oggi potremmo ascoltare questo pezzo: l’autobus.

Il divario tra passato e presente è ciò che segna questo brano musicale dalle sonorità elettroniche e viene raccontato parlando di musica stessa.

Megha, infatti, scrive del cambiamento nella fruizione dei pezzi che, da essere ascoltati per intero dal walkman finiscono per essere skippati su Spotify, per delineare le differenze tra un passato in una sorta di slow motion e un presente che, correndo sempre più veloce, non lascia nulla a livello di percezioni e sensazioni.

È su quest’onda che surfano quasi tutte le altre tracce in una voluta corrispondenza tra il passaggio dall’era analogica all’era digitale con quello dall’adolescenza all’età adulta, sfidando chiunque a non essersi sentito, almeno una volta, un adolescente “strano, un viaggiatore con le cuffie come ali per volare via lontano”.

Io mi sento cosi ancora ora e voi?

SUPERQUARK

La contrapposizione tra tempi ormai andati e giorni che stiamo vivendo e relative speranze e desideri continua nella title track, seppur liberandosi delle tinte malinconiche della precedente sia a livello testuale che sonoro.

Megha, nonostante le ore in cui viene inghiottito dall’Internette, sta imparando ad accettare la sua condizione e a fregarsene di fronte ad una puntata di Superquark.

D’altronde chi potrebbe prendersi male col programma degli Angela complici anche le parodie de Le Coliche?

I LOVE YOU

Con le sonorità da pezzo appena uscito dalle casse di un lido in riva al mare in Salento, il terzo singolo sembra distaccarsi dal concept abilmente costruito fino ad ora.

In realtà, un ascolto più attento rivela ancora una volta lo scontro tra passato e presente e anche quello tra due nuovi elementi: lo slang americano e il linguaggio poetico.

Se Johnny Marsiglia canta “Adoro il tuo vocabolario, è un Treccani, quindi aspetto ansiosamente che mi sbrani”, Megha non è da meno parlando dello “Zanichelli dentro che ti manda le rose” ma che non gli fa far altro che essere frainteso dal suo amore oltreoceano.

Nonostante questa incompatibilità linguistica è proprio il ritornello in inglese a far funzionare il brano, pronto ad essere dedicato alla vostra nuova cotta estiva che magari sta proprio ballando sotto cassa.

EROI (ft. lemandorle)

Forse è merito del duo elettro pop lemandorle che ha impreziosito la produzione di Megha con i suoi cori pop, ma io già mi immagino correre in auto sul tappeto synth pop tessuto da questa canzone. Direzione la spiaggia.

Riguardo al testo, questo sembra essere un profilo Instagram di foto di luoghi comuni del nostro tempo, dall’artista morto troppo presto agli applausi all’atterraggio.

La panoramica su una società fatta di eroi da Spotify che a volte ottengono un successo paragonabile alla lunghezza di una delle loro canzoni è intessuta ancora una volta da elementi messi in contrasto: vita reale vs. presenza digitale, moda retrò vs. ultime tecnologie, verità vs. fake news, cultura vs. mala informazione.

Basta scegliere da che parte stare.

INTERLUDE (L.A.T.S.A)

È la pausa che serve per poter digerire la paranoia da web su ritmi techno del pezzo successivo.

MONDO DIGITALE

Se a scuola ci hanno abituati al fatto che quasi ogni movimento debba avere un manifesto, questo testo sarebbe senza dubbio quello del progetto di Megha.

Il romano non solo ritrae la realtà virtuale in cui siamo costantemente immersi e da cui veniamo spesso e volentieri controllati, ma condensa anche il senso di angoscia ed oppressione che tutto questo gli provoca.

Tuttavia non si abbandona totalmente all’incubo che tutto il mondo digitale possa scomparire e con esso anche un po’ di quello che ognuno di noi è diventato, ma afferma che si farà trovare pronto disegnando con i denti tutti i c***i suoi.

Prendiamo esempio.

GIUNGLA (ft. Johnson Righeira)

Se come me non ne potete più di ritrovarvi Calma di Pedro Capò in ogni Instagram Story e avete nostalgia delle sonorità della vera Vamos a la Playa, questo è il pezzo giusto per voi.

Perché, ebbene sì, il Righeira che figura tra i feat è proprio quel Righeira che, come si spinge a dire nel testo, ha fatto la storia e a cui, in quanto capostipite dell’italo disco, Megha non poteva non ispirarsi, ricavando comunque un sound personale, lontano dal revival.

I rivisitati suoni degli anni 80 pervadono quindi il ritornello che accentua ulteriormente il senso di nostalgia caratteristico dell’album nel ritrovato contrasto tra presente e passato.

Mamma però dice che il tutto la fa pensare più agli anni 90 degli 883, voi che dite?

SYNC

La più cupa del disco, ma una di quelle che ti fanno urlare di più sul ritornello.

Sembra che Megha abbia voluto cambiare i toni per reintrodurre con più forza il tema dei legami umani unito al tentativo di non farli spezzare nonostante la complessità e imprevedibilità del nostro mondo.

anche se noi non lo sappiamo andiamo contromano

controvento pedaliamo

in curva superiamo

e il tempo che buttiamo

noi poi lo rivogliamo”

Già la vedo come descrizione del vostro ultimo post.

MADAGASCAR

È il singolo synth-pop che, insieme ad Eroi, ha anticipato l’album e che è una sorta di via di mezzo tra quello che lo precede e tutti gli altri.

Alle strofe incalzanti e cupe che sembrano riprodurre la ripetitiva e stressante vita di città si alterna infatti un ritornello esplosivo che esprime voglia di evasione, col risultato che l’accostamento sembra riprodurre le differenze tra la realtà e le storie di Instagram, tra la vita che viviamo davvero e quella che sosteniamo di vivere.

La fuga dalla civiltà sembra essere per l’artista l’unica soluzione all’angoscia da iperconnessione espressa in tutto il progetto, ma non tutti sembrano avere il coraggio di spingersi con lui là dove il 4g non prende bene, ma ci sono “tramonti magici”.

Io, fossi in voi, preparerei la valigia.

LE COSE CHE NON AVREMO MAI

Il titolo sembra essere tutto quello che ci perderemmo se non seguissimo il consiglio di Megha di scappare in Madagascar.

Quindi, ripeto, cosa state aspettando a fare i bagagli?

 

Aurora Aprile

Ascolta Megha nella playlist Spotify di Indie Italia Mag