Da principe dell’indie rock a cowboy: Mac DeMarco infiamma il Magnolia

Se cinque anni fa, nel 2014, un giovanissimo Mac DeMarco avesse realmente mangiato un panino con la salmonella, a detta sua il migliore della sua vita, forse oggi non sarebbe ancora qui. E invece, Mac è tornato a esibirsi sul palco del Circolo Magnolia per l’unica data italiana del tour di supporto di “Here Comes the Cowboy“, il suo ultimo album.

Ad ospitare Mac DeMarco e la sua band e, come già detto, il Circolo Magnolia, regno indiscusso dei concerti e dei festival estivi milanesi. Una tipica serata di luglio dal caldo insopportabile, reso ancora più ingestibile dalle tantissime persone che si affollano intorno al palco ad aspettare l’arrivo di Mac.

Tra calzini di spugna, tatuaggi in bella mostra, birre e sigarette, arrivano le 21 e comincia il concerto, con la band di supporto, i Canarie. Le loro atmosfere italo-caraibiche convincono tutti, anche se l’attesa per Mac DeMarco è sempre più palpabile e la si potrebbe tagliare persino con un cucchiaino.

La notte è ormai calata, il caldo si fa sempre più insostenibile. Mac si fa attendere. La folla urla “Marco, Marco!” (dimenticandosi che il vero nome del cantante è Macbriare, non Marco). Sono le 22:30 e finalmente Mac DeMarco sale sul palco.
Il suo outfit è in linea con lo stile di tutti i presenti: pantaloncini (del pigiama, chi può dirlo) consumati, maglietta bianca e l’immancabile cappellino. Sfoggia uno dei suoi sorrisi migliori, e dopo essersi presentato al pubblico sulle note del Padrino, Mac si scatena, regalando al pubblico due delle sue hit più acclamate: On the Level e Salad Days.

“Rimanete idratate e sorridete ai vicini”. Lui probabilmente dal palco vede una massa informe di teste e colori. Non può rendersi conto che stiamo sudando anche in posti dove non credevamo che avremmo mai sudato, ma siamo tutti davvero sorridenti. C’è chi ride con gli amici, chi con gli sconosciuti. Alcuni si baciano. Quella di Mac, iniziata da poco più di 15 minuti, è già una grande festa.

Dopo Salad Days e le presentazioni “ufficiali” della band, fatte per nome, perché “siamo tutti amici”, è il momento di tre brani di Here Comes the Cowboys: Little Dogs March, Nobody e Finally Alone.  Mac spoglia i suoi brani di tutti gli “orpelli da studio”, per presentare ai suoi fan la sua musica nella versione più sincera e autentica. Il cantante canadese, complice la band, con la quale scherza, ride e chiacchiera, come se fossero in sala prove, porta sul palco del Magnolia uno show essenziale, senza grandi scenografie, ma carico di ironia e intesa con la sua band e con il suo pubblico.

Tra vecchi classici come My kind of woman e Chamber of reflection, che mandano fuori di testa la folla, il concerto di Mac è la riprova che non serve fare musica da pogo per pogare. Il cantante infatti è in grado di stravolgere tutte le sue canzoni, rendendo brani lenti e rilassanti quasi punk e viceversa.

Dopo una piccola parentesi di puro cazzeggio, dove Mac sparisce dal centro del palco per lasciare il posto al suo chitarrista, Andy, che regala al pubblico 10 minuti di quella che potremmo tranquillamente definire una jam session totalmente improvvisata.

Uno show di quasi due ore, che Mac DeMarco chiude in grande stile, con il più classico dei suoi classici: Still Togheter.
“Sedetevi tutti”. E tra spintoni e gomitate impossibili da evitare, tutti sono seduti, nei modi più strani, per terra, a godersi il cielo terso di Milano e l’ultima, incredibile, canzone di Mac prima che il sipario cali e il Magnolia torni ad essere un parco ricoperto di bicchieri biodegradabili, immerso in un perenne brusio.