Antefatti: Non vogliamo rinunciare alla nostra anima punk rock | Intervista
Nel 2002 gli Antefatti avevano 15 anni e per sconfiggere la noia ed imitare le rockstar hanno iniziato strimpellare la chitarra e scrivere i propri pezzi. Quest’anno la band compie 18 anni di carriera, sono diventati maggiorenni e non vedono l’ora di portare in tour il nuovo album Fango.
Il loro suono è diventato più adulto e i testi più maturi grazie alla collaborazione con Manuel Fusaroli che ha lavorato con gli Zen Circus, Voina, TARM e Management.
Fango è un disco fatto di tante cose che si mischiano insieme. Romanticismo e rabbia. Avventura e calma. C’è spazio anche per criticare con un anima punk rock la nostra società e alcuni suoi stupidi modi di fare.
Insomma è un modo per raccontare e proteggere situazioni di disagio alle quali si rimane affezionati anche se si preferisce non dirlo troppo forte.
Non è successo niente, sono solo parole
INTERVISTANDO ANTEFATTI
Quali sono stati gli Antefatti che vi hanno fatto diventare una band?
Gli Antefatti sono nati da una chitarra scordata suonata da un teenager con la mania di voler fare casino imitando le rock band del momento. Il caso vuole che questo teenager avesse amici altrettanto annoiati… ed ecco a voi la nostra Band. Niente di speciale se non fosse che dopo tanti anni, ormai 18, siamo ancora qua! Direi che ci abbiamo preso gusto!
Fango è un concept album? Come mai avete scelto questo titolo?
Il nostro ultimo disco Fango ha sicuramente un’atmosfera diversa dai nostri precedenti lavori. Sicuramente più cupo e che affronta tematiche più introspettive.
Ascoltandolo si può trovare un filo conduttore tra una canzone e l’altra, ma no non è un concept album.
Il nome Fango ci piaceva! Diciamo che il fango è tante cose insieme, un miscuglio di terra, acqua, sporcizia. In qualche modo quando ti trovi in mezzo al fango non sei ne sull’asciutto nel sul bagnato, una parola perfetta per rappresentare una situazione di disagio.
Il video di Bene è stato girato on the road. Qual è stato il viaggio più lungo che avete fatto per andare in tour?
Con il video di Bene abbiamo voluto in qualche modo farci riprendere in situazioni spontanee. Partiti dalla nostra città senza una vera meta, per arrivare poi in uno scenario stupendo e suggestivo a centinaia di chilometri di distanza da casa. Un po’ della serie “Va dove ti porta il cuore e fin dove arriva il furgone”. Vicinanza, naturalezza e determinazione possono essere tre parole chiave per descrivere al meglio quello che abbiamo voluto dire con quella canzone e con quel video.
In tanti anni abbiamo suonato ovunque, nord, sud isole. Vivere in centro Italia è bello anche per questo, i chilometri sono sempre tanti, ma si può arrivare dagli amici veneti o da quelli pugliesi con lo stesso sforzo. Nei nostri viaggi Trentino e Calabria sono state sicuramente le mete più impegnative, ma incontrare chi ci conosce a così tanta distanza ripaga sempre lo sforzo! Dopo tutto questo tempo ci manca però ancora la Sicilia che dobbiamo sicuramente recuperare, anzi, se c’è qualcuno in ascolto che può aiutarci a rimediare ci scriva!
Cos’è La dittatura degli elefanti?
È “Svegliarsi con un elefante addosso”. La pesantezza, frustrante che a volte si ha quando si deve affrontare l’ennesima situazione che bene o male può cambiare di poco le sorti solo a se stessi o a poche persone vicine, quando il vero potere di incidere nelle vite degli altri è oltre di noi.
La dittatura degli elefanti è un brano veloce dai bpm serrati. Riprende quel punk rock da noi tanto ascoltato soprattutto in tempi passati, che in passato ci ha definito e segnato e al quale non sappiamo rinunciare mai del tutto.
Parigi-Hiroshima, amore e guerra rappresentate da due città. Secondo voi l’uomo ha bisogno di soffrire?
In una certa misura la sofferenza ti da modo di capire e apprezzare ciò che si ha e che si vive. Per dirla anche con le parole di un’altra band “Nessuno mai sa quanto sta male finché sta peggio.” L’idea della contrapposizione ideale tra queste due città ci piaceva, un accostamento particolare, romantico e violento allo stesso momento. E su questo abbiamo costruito un pezzo che parla di un’odissea personale. Una specie di viaggio contraddittorio fatto di rischi enormi per trovare una salvezza. Parigi-Hiroshima è uno dei pezzi che più ci carica del nostro nuovo disco e anche suonarlo ci trasmette una grande energia.
Perché non è più tempo dei ti amo sulla sabbia adesso è il tempo di tatuarsi in faccia?
Perché essere a modo e carini ha un po’ rotto le palle. È il momento di essere senza filtri, senza timori, della serie: “prima ti scrivevo ti amo sulla sabbia ora me lo scrivo addosso”. O questo almeno nel contesto dipinto nel nostro pezzo Tatuarsi in Faccia, primo singolo di Fango. Poi comunque ora ci sta, in qualche modo dobbiamo pur rendere omaggio a Young Signorino. Ma anche a Edoardo (il batterista) che è stato sia young, sia signorino prima di altri.
Avete un brano che durante i vostri concerti fa pogare di più?
Certo, nella scaletta che abbiamo preparato per i concerti del nuovo album probabilmente il pezzo che più smuove le persone è I boy scout non esistono dal nostro scorso disco La morte ci fa belli. Però in realtà di pezzi che scaldano gli animi ne abbiamo tanti, d’altra parte il nostro passato pienamente punk rock non si rinnega mai e anzi quando scriviamo e arrangiamo pensiamo sempre alla reazione possibile del pubblico dei nostri live, non vogliamo gente impalata ma gente che si impali a vicenda.
Mi sembra che nella musica italiana il testo stia diventando sempre più importante del suono. Siete d’accordo con quest’affermazione?
Si, siamo d’accordo, credo che più si vada avanti più si ricerchi particolarità e originalità nella scrittura dei testi a volte, purtroppo, anche un po’ a discapito dell’impatto sonoro e della potenza della musica. Noi cerchiamo di tenere botta in entrambi i campi e fortunatamente non siamo soli. C’è’ un bel gruppetto di band che non hanno rinunciato alle chitarre in faccia e alla batteria assordante, penso ai FASK, Endrigo, Cara Calma, Quercia tutte band da conoscere e andare a vedere!
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