Petrolà e le logiche di un amore “a buon mercato”

Un animo sensibile ed empatico ai massimi livelli. Questo è Ernesto Petrolà, cantautore palermitano e vincitore della prima edizione del PREMIO INDIE ITALIA MAGAZINE (2019).

Talmente empatico da scorgere, nelle confidenze di un amico, un brano in grado di far emozionare tutti. Perché tutti, prima o poi, viviamo la fine di una relazione. Il singolo in questione è A buon mercato, uscito il 24 gennaio, e unisce due temi che non dovrebbero mai andare a braccetto: amore e denaro.

Ernesto vive di musica da sempre, a 360 gradi. Ha partecipato al festival di Sanremo da concorrente e da speaker televisivo, per poi tornare a comporre nel 2019, anno di Lunedì, singolo dal sound anni 80. Un idealista tanto solido nei valori quanto frangibile nella quotidianità, fatta di malinconia, suoni e sorrisi.

Intervistando Petrolà

A buon mercato è tratta da una storia vera, ma non la tua. Eppure è un brano che tocca corde talmente profonde che sembra che certe cose tu le abbia vissute in prima persona.

Sì, ci sono cose che mi lasciano stupito nonostante non sia più un giovincello. Come si può arrivare a cancellare anni di amore, anche se poi questo scema? I soldi, dannati soldi! Sono loro a porre fine alla storia che racconto. Ed è proprio sui soldi che lui le continua a scrivere “Ti amo”. Un grande atto d’amore. Alla fine però, riesce a trovare la sua serenità. Io ho sempre provato questo dolore per intermezzo persona. Non so perché accada, anche se non così spesso. Gioco a fare il cantautore tutto d’un pezzo, ma sotto sono fragile.

Come hai iniziato a scrivere canzoni?

All’età di 14 anni. I miei accontentarono mia sorella e le comprarono un piano. Lei non cominciò mai a suonare, io invece presi immediatamente le prime lezioni per poi arrivare a fare ciò che amo di più: scrivere canzoni e cantarle chiuso nel mio salotto.

Ti sei esibito due volte al Teatro Ariston e hai anche raccontato il Festival come inviato. Come descriveresti entrambe le esperienze?

Ho partecipato alle selezioni cantando nella sala Roof dell”Ariston. Era l’anno di Anna Tatangelo, per intenderci. Non andai avanti anche perché, oltre a non avere un’etichetta, gli organizzatori di ogni regione ci facevano capire non troppo velatamente che servivano “aiutini” per passare alla fase successiva. Tornai anni dopo, nei panni di speaker televisivo. Bellissimo anche vissuto da “giornalista”. Aspettavo i cantanti all’uscita di bar, hotel e teatro per rubare loro una battuta. Peccato però che i miei editori non mi hanno mai detto “grazie ” o “bravo”.

Alla fine mi sono detto: “perché ammazzarsi di lavoro per altri quando neanche riconoscono il mio impegno?” così tornai alla cara vecchia musica. Lei non potrà mai tradirmi se canterò senza chiedere nulla in cambio.

Lunedì, uscito lo scorso anno, è stato un po’ il tuo ritorno nella scena musicale. Come mai ti eri fermato?

Ho smesso per delusione. Ci volevano soldi per auto produrmi, e poi senza social era tutto diverso. Avendo già un lavoro non me la sentivo di rischiare. Tornando indietro farei altre scelte: Palermo è una città magnifica, ma non per fare musica e sperare in un futuro.

A cosa non rinunceresti mai nella tua giornata tipo?

Al sorriso e alla mia malinconia, che ormai è la mia compagna. Mi piace sentire addosso il brivido della vita.

Chi c’è nel tuo bagaglio musicale?

Tanti cantautori italiani i Queen. Ma cerco sempre di ascoltare i più giovani. Sono una fucina di novità e li trovo molto stimolanti. Cerco di essere me stesso, ma anche di proiettarmi sempre nel futuro.

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