Nebbioso: “Il male maggiore è dentro ognuno di noi” | Intervista

A Tr3SeiZer0 non si vede l’orizzonte e la gente ha sempre sonno. Mura altissime e invalicabili la circondano e nessuno ha il coraggio o la lucidità di ribellarsi.

Nessuno, tranne Nebbiosa: una sedicenne che decide di lottare contro ciò che è più grande di lei. Un immaginario distopico ideato da Davide Sciacchitano e realizzato con il suo team. Il progetto, come la protagonista della storia, prende il nome di Nebbioso e vuole far aprire gli occhi a chi oggi sembra non rendersi conto del torpore che contraddistingue la nostra epoca storica. Chiari riferimenti al Muro di Berlino e alla vicenda di Antigone; il potenziale dei giovani; la necessaria lotta contro l’autorità. Questi i tratti salienti di Nebbioso che, a differenza delle distopie che tutti conosciamo, è una vera e propria esasperazione della situazione che stiamo vivendo. C’è un forte intento polemico, ma vuole essere anche propositivo. Una spinta a cambiare le cose, ma prima di tutto noi stessi, perché il male che c’è nell’aria siamo noi i primi ad esalarlo.

Undici brani, undici frammenti per dirci che cambiare si può, basta aprire gli occhi ed agire.

Intervistando Nebbioso

La distopia come strumento per raccontare i cancri della società contemporanea non è certo una novità, ma questa ha infiniti spunti e citazioni originali. Vi siete ispirati a qualche storia in particolare per realizzarla?

È vero, la distopia non è una novità. Romanzi, film e serie tv stanno cavalcando le ansie di un presente avverso retto da angosce di calamità incombenti, da incertezze del domani e dall’incontrollabile evoluzione tecnologica. Tuttavia molte delle produzioni in circolazione sono distopiche soltanto di facciata: opere senza un vero intento polemico, non denunciano il controllo in atto. Il loro sfondo distopico è un artificio e non l’esasperazione di una tendenza in corso. Queste distopie non spaventano più perché non crediamo possibile un controllo statale assoluto, ma il problema è più che mai reale. Oggi il controllo è essere totale, più che in una dittatura. Per esempio, la registrazione ad un social network consegna tutte le nostre informazioni alle aziende. Esistono strumenti di consenso più raffinati della violenza o della coercizione. Nella città di Tr3SeiZer0 non c’è violenza, nemmeno nel linguaggio: la morte viene chiamata Profondosonno, il veleno è un siero blu, il potere è nella mani di un sindaco Padre. Ci piace camminare sul filo tra realtà e finzione. La storia di Nebbiosa e dei cittadini di Tr3SeiZer0 nasce nel sogno e sembra un futuro possibile, eppure è presente e passato. Ci sono riferimenti alla Berlino del Muro, al massacro di Jonestown, ma anche alla Milano de La Nebbiosa di Pasolini e alla Londra di Huxley. Ma più di ogni altra cosa, Nebbiosa nasce dall’osservazione della realtà che ci circonda. È soprattutto musica, certo, ma è la vista il senso che fa da perno a tutta la storia: specchi magici, schermi, orizzonti negati e, ovviamente, la nebbia come intorpidimento, una nebbia che paralizza la presa di coscienza, la consapevolezza sociale che manca. Per McLuhan tecnologia uguale torpore, non diciamo niente di nuovo, ma ci sembrava il momento storico giusto per ribadirlo.

C’è speranza a Tr3SeiZer0 o sulla città incombe solo tragedia e rassegnazione?

In qualche modo il messaggio è che dipende proprio da noi. Dipende da noi aprire gli occhi e contribuire ad una vasta presa di coscienza grazie all’incontro con l’altro, senza paura di spingerci oltre l’orizzonte di uno schermo tattile. Quindi è positivo e implicitamente propositivo. Le vicende di Nebbiosa nella città di Tr3SeiZer0 sono raccontate in undici brani, undici frames, certamente dominati da un senso iniziale di tragedia: il sindaco vuole “addormentare” la cittadinanza per sperimentare la prima città al mondo popolata da “nuovi cittadini” dotati di intelligenza artificiale. La sedicenne Nebbiosa è in preda al panico quando lo scopre ma, grazie all’incontro con un ragazzo e all’aiuto di uno specchio magico, avrà una reazione tutt’altro che rassegnata.

Da cosa pensate derivino i mali maggiori di quest’epoca storica?

Credo che il male maggiore sia dentro ognuno di noi. Sappiamo dove trovare lo specchio magico per guardarci dentro e agire di conseguenza, ma può essere spaventoso farlo, e allora preferiamo altro. Il nostro cervello aziona volentieri il pilota automatico, ma così non avviene nessun miracolo. Io non ho risposte, le cerco semplicemente, e recentemente ne ho trovate in Byung-chul Han, Yuval Noah Harari, Galimberti e altro. Nebbiosa è un’adolescente, e un adolescente è un’arma contro il potere che ci vuole zitti e omologati, affronta un tiranno chiamato Padre. Si torna sempre lì, dobbiamo sbattere contro i nostri limiti per poterci evolvere. La tecnologia ci sta allontanando da questo tipo di crescita, rendendoci obsolescenti un giorno dopo l’altro, ci porta altrove senza che ce ne accorgiamo. Dove ci porta? Lo scopriremo nella seconda stagione, che è già in lavorazione.

Nascono prima le parole o la musica?

Non sento di aver scritto undici canzoni strette in un inizio e in una fine ma un’unica lunga musica che avvolge una sola lunga storia. La composizione ha seguito quindi un ordine particolare: parole e musica nascevano contemporaneamente e in un unico flusso. Questo perché la volontà era quella di creare una precisa ambientazione sonora, la globalità di paesaggio e non la singola canzone. C’è stato poi un enorme lavoro di pulizia per trovare l’essenziale. Posso dire però che l’embrione di ogni frammento è rappresentato da cellule ritmiche nate al basso elettrico nelle notti di plenilunio.

Quanto influisce la tecnologia nel vostro lavoro? E in senso più generale, è più un male o un bene secondo voi?

La tecnologia è parte costituente di questo lavoro. Basti dire che l’unico modo per ascoltare l’album è lo streaming. Si voleva rendere l’idea di un’assenza, l’assenza di fisicità, una non-presenza. Tecnologia è anche l’aratro che squarcia la terra e poi la ferita si rimargina, il timone che solca il mare e poi le acque che si rincontrano. Ma c’è anche la tecnologia che lascia una traccia in noi, con impatto indelebile. Quanti ragazzi, ma anche quanti adulti, oggi vivono situazioni di disagio a causa della tecnologia? Con Nebbiosa volevamo sollevare proprio questi interrogativi, stimolare questo tipo di discussione. Come un sassolino nello stagno, anche la musica produce vibrazione.

Undici brani che raccontano la storia di una figlia. Un sindaco che si chiama Padre. Cosa rappresenta la famiglia per un individuo all’interno della società?

Non so se sono in grado di rispondere. Per noi la famiglia è un nucleo di affetti di cui fanno parte anche gli amici, amici che suonano insieme, magari. Questa famiglia è uno strumento potente di trasformazione e crescita della società. Abbiamo dovuto inventare un mondo nuovo per permettere a Nebbiosa di camminare sulle sue gambe, perché in questo mondo non c’era spazio per lei. Il Padre rappresenta certamente l’autorità. Nebbiosa, come Antigone, ritiene che nessuna legge umana possa contrastare le leggi naturali, quelle non scritte. Questa ragazza vede con sospetto le trame del potere, non si fida troppo. E quando Nebbiosa si arrabbia, si arrabbia per davvero.

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