Boomerang | Indie Tales

Ci eravamo già lasciati tante volte, ma quel giorno capii che era l’ultima.

Il messaggio che ti scrissi, quello che provavo in quel momento, il cielo nuvoloso. Non so. So solo ero così sfinito da non avere più paura di perderti. Perché tenerti con me anche solo un altro giorno avrebbe richiesto uno sforzo a cui non credo sarei sopravvissuto.

“Che ti devo dire, Elisa? Sono alla frutta. Penso sia meglio se non ci sentiamo per un po’.”

Con la morte nel cuore le scrissi queste parole, e premendo invio sentii il cuore un po’ più leggero. Con gli occhi lucidi entrai in una chiesa, non so davvero il perché. In realtà odio le chiese, mi hanno sempre incusso timore.

Non lo feci per parlare con Dio o per sperare di trovare un po’ di salvezza. Quel giorno entrai in chiesa per riprendere fiato. Come i fuggiaschi che cercavano asilo in epoca medievale.

Di colpo, il silenzio. Mi inginocchiai e rimasi così non so quanto tempo, so solo che quando uscii era già buio e tornai a casa ancora incredulo di ciò che avevo appena fatto.

È passato circa un anno da quel giorno, e ammetto che quella non è stata l’ultima volta che ho messo piede nella casa del Signore.

Un anno che non sento Elisa, un anno che spero che lei torni o di trovare la forza necessaria per farlo io.

Che poi lo voglio davvero? Forse certe storie sono fatte per essere lasciate a metà, sospese in aria. Solo che c’è un prezzo da pagare, perché qualsiasi ragazza incontri adesso la paragono a lei. Chissà se a lei capita lo stesso.

Ci sono mattine in cui mi sveglio con il buon proposito di scriverle anche solo “ciao”. Ma poi non lo faccio mai. Altre in cui, invece, mi sveglio pensando “tranquillo, tornerai da lei prima o poi. Magari a fine maggio, quando fa più caldo e siamo tutti più leggeri.” Ma sotto sotto spero che per fine maggio avrò superato tutto, che qualcun altro avrà attirato la mia attenzione.

È questo il punto: il mio vero obiettivo è stare bene, non tornare con lei. Altrimenti avrei già trovato la forza di riprenderla con me. In fondo l’idea di perderla non è così male rispetto al pensiero di stare ancora così per chissà quanto tempo.

Ieri ho lasciato volutamente il cellulare a casa. Ho fatto colazione e sono uscito per i miei soliti impegni, sapendo che non sarei rientrato fino a sera. Non perché avessi paura di “cedere” e scriverle, ma per capire quanto potesse farmi soffrire l’impossibilità di farlo. Sono oltre ogni limite ormai, lo so bene.

Mi ritrovo a fare cose strane come gareggiare con sconosciuti a loro insaputa: chi arriverà per primo alla fine di questa scalinata, io o quel signore con la barba?

Devo arrivare al semaforo prima di quella Punto gialla. Sono sfinito, ma questi ultimi 10 metri corro più veloce perché devo superare la ragazza che sta correndo davanti a me. Cose del genere.

Lo so, lo so. Questa sorta di agonismo inutile mi distrae dall’unica vera sfida che dovrei affrontare in questo momento: quella con me stesso.

Quello che mi sfugge è che io Elisa l’ho già persa. Non c’è niente da recuperare. Semmai, potremmo ricominciare da capo. Invece se chiudo gli occhi vedo solo un gigantesco boomerang che mi fa credere stupidamente che, un giorno non molto lontano, uno dei due tornerà sui suoi passi.


Racconto liberamente ispirato al brano BOOMERANG di PERIPEZIE