Frammenti: L’unione fa la forza (anche a distanza) | Intervista
Frammenti è un quartetto electronic-pop formatosi a Conegliano Veneto nel settembre del 2016. Francesco Da Ros, Mauro Serafin, Alex Michielin e Antonio Cettolin (per gli amici Checco, Serafino, Alex e GinToni) credono fortemente nel potere della condivisione, soprattutto quando ogni idea nuova può far nascere una canzone.
I gusti di ognuno si mischiano in questo progetto dando vita a tracce riflessive e allo stesso tempo ballabili, in viaggi psichedelici con approdi d’amore e carnali. Nel 2018 è uscito il loro primo album Istantanee che sa di adolescenza dove convivono grandi speranze e delusioni. L’anno successivo anno partecipato ai casting di Amici, esperienza che gli ha fatto riscoprire il valore della pazienza.
Il nuovo singolo Mi dicono cambia, uscito il 17 Aprile in pieno lockdown, è una lettera d’amore verso se stessi. Una promessa a dare più peso a quelle cose che abbiamo sempre sottovalutato, perché considerate “normali”.
Questo brano però può essere visto anche come un esperimento sociale. La band ha saputo dimostrare di arrangiarsi senza lasciarsi abbattere dalle difficoltà, riuscendo a comunicare a distanza trasformando così la casa in un piccolo studio musicale. Sfruttando gli obblighi imposti dalla quarantena è stato ideato, composto, registrato ed arrangiato praticamente in modalità smart working.
INTERVISTANDO FRAMMENTI
C’è una frase con la quale volete presentarvi e attirare l’attenzione del pubblico di Indie Italia Magazine che ancora non vi conosce?
“Perché realizzare un’opera, quando è così bello sognarla soltanto?” Perché un sogno esiste solo quando lo si racconta.
Quali sono stati i Frammenti comuni che hanno permesso la realizzazione di questo progetto?
Ci sono diverse cose che legano insieme i membri del progetto: il bisogno di espressione, un umorismo comune, l’apprezzamento generale per tutto ciò che sia commestibile, il disprezzo per Barbara d’Urso, Ecc..
La cosa che ci lega di più, soprattutto dal punta di vista musicale, è però la curiosità nei confronti del diverso. Una sorta di passione alchemica. Siamo persone differenti l’una dall’altra e crediamo che sia proprio questa diversità a tenerci uniti.
C’è la possibilità di conoscere modi distanti di vedere le cose, generi musicali diversi (Serafino è un amante del soul, Alex un’appassionato di alternative rock, Checco ha nelle vene la tecno più cupa, GinToni il cabaret di Jannacci), idee politiche diverse, gusti sessuali diversi e tutto ciò è una calamita (ed una calamità) nel momento in cui desideriamo scoprire che cosa può esplodere se mescolato.
Il nostro sembra essere più laboratorio che uno studio di registrazione in effetti.
Mi dicono cambia è una lettera d’amore?
Mi dicono cambia è una lettera d’amore verso se stessi. Un invito a perdonarci per non aver dato la giusta importanza a cose solo apparentemente “normali”, come il tempo dedicato alla propria famiglia e allo stare assieme. Un invito a smetterla di sopravvalutare la comunicazione a distanza sottovalutando così il contatto e lo stare insieme come qualcosa di ricco.
Come un bambino che realizza l’importanza dei suoi giocattoli solo nel momento in cui gli vengono tolti, ora ci possiamo rendere conto di tutto il “gelo attorno” che i “caminetti” della modernità non riusciranno mai a sciogliere davvero; e quale metafora migliore di un’amore smarrito può comunicare tutto questo?
Uno dei messaggi della canzone è: facciamo che non si ritorni alla normalità, ma che si arrivi finalmente alla normalità, perché l’apocalisse non è altro che rinascita.
Salgo sul tetto e non me ne scendo, finché tutto questo non trova il suo senso. Che vista c’è da lassù?
C’è la vista del viandante in un mare di nebbia. Romantica, poetica nel silenzio circostante, ma allo stesso tempo inquietante perché è un silenzio di costrizione, assediato dai dubbi e dalle incertezze.
Si sale sul tetto quando si ha voglia di vedere più lontano sul “perché” delle cose. Stare su in alto, isolati e infreddoliti ci permette di fare i conti con la realtà in maniera privilegiata, per provare a capire cosa davvero abbiamo sbagliato. Se basta “cosi poco” a cambiare il volto dell’esistenza di tutti, vale la pena ritrovare il tempo di interrogarci sul senso di questa esistenza stessa. Succede lo stesso quando si rompe una relazione, hai bisogno di sopraelevarti dal caos dei sentimenti per razionalizzare quel che succede, pur nella consapevolezza che non appena i piedi tornano a terra dovremo fare i conti con l’irrazionale che ci farà piangere e rinnegare ancora.
Come reagirà il mondo della musica ai nuovi cambiamenti imposti dalla lotta al Covid-19?
Servirà un nuovo inizio. Sarà necessario ripensare quello che è uno degli aspetti più preziosi del rapporto fra artista e pubblico: il concerto, che trova nella corporeità un presupposto essenziale. La domanda più difficile è capire come il resto degli ecosistemi in cui la musica vive (lo streaming, il web, i social) possano sopravvivere in assenza di ciò che li nutre: lo scambio carnale artista-ascoltatore. L’istanza rivelatrice del concerto è necessaria, è quella discesa dal tetto che libera le nostre passioni irrazionali.
Qual è la cosa più assurda che vi è capitata durante una festa?
Checco: Salire sul palco, improvvisarmi amico del dj e, toccando la sua consolle, romperla facendo calare il silenzio sulla festa. I buttafuori mi hanno presto accompagnato all’uscita.
Serafino: Volare dal tettuccio di un auto in corsa, in costume da bagno e mentre stavo telefonando. (L’auto la guidava GinToni).
Alex: Divertirmi un sacco… senza additivi.
GinToni: Racchiude due feste ma la cosa è una sola: rubare una teglia di profitterol ad un compleanno dove mi sono imbucato, portarla ad un’altra festa dove si è scatenata una battaglia di bigné.
Prendendo spunto da Come in un film horror, cosa vi fa paura?
GinToni: Gli oggetti porosi ed i pennuti (piccioni, galline, gabbiani), hanno un atteggiamento di sfida che mi ha sempre intimorito.
Serafino: Temo fortemente l’astinenza sessuale.
Checco: Salire sul palco per proporre la mia musica (anche se forse è più ansia).
Alex: Lo scorrere del tempo e i serpenti.
Nel 2018 è uscito il vostro album Instantanee, cosa rappresenta?
Istantanee rappresenta una grande fase di transizione, l’album delle grandi speranze e delle grandi delusioni, in una parola: l’adolescenza. Arrivavamo da un percorso accidentato che aveva visto diversi cambi di formazione e litigi. Dopo un primo album in inglese e il consolidamento della formazione attuale, ci buttammo verso altri lidi, con tanta voglia di comunicazione immediata. Arrivarono i primi testi in italiano e ci ponemmo il problema di trovare un sound innovativo, ma che sfruttasse le tendenze di mercato. Per la prima volta mettemmo in piedi una programmazione dell’uscita, una sorta di promozione ed un progetto grafico che racchiudesse e presentasse in maniera professionale quello che per noi era stato un lungo lavoro. Grazie a quell’album siamo arrivati sino a Roma, ai Casting di Amici 2019 e siamo riusciti ad esprimere tutto quel che ci passava per la testa, compresa ogni forma di contraddizione (una su tutte quella fra sperimentalismo e commerciabilità). Beh forse troppo.
Istantanee rappresenta un’assunzione di responsabilità nei confronti del nostro progetto. Non ci ha dato l’immediato successo (come speravamo), ma che ci ha fatto capire che erano le nostre speranze ad essere sbagliate; è molto più importante crescere progressivamente legandosi alla realtà del quotidiano, solo da questo sviluppo può nascere l’appagamento. Successo infondo non è che il participio passato del verbo “succedere”.
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