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La Zero: “Aprite e recchie, l’uocchie e o’ core ” | Intervista

Chi è questa ragazza dai grandi occhi verdi che con i suoi testi, narratori di storie profonde, intime e reali, è riuscita  a conquistare il cuore del pubblico di Indie Italia Magazine e di chissà quanti altri amanti della musica in Italia?

Il suo nome d’arte è La Zero. Dal diploma in musica al Teatro San Carlo di Napoli al grande schermo: la carriera di Manuela Zero si è evoluta tra teatro, televisione (Domenica In e Un posto al Sole) e Cinema (Loro di Paolo Sorrentino, Romanzo Criminale di Michel Placido). Un percorso artistico completo che oggi trova la sua massima espressione nella musica. Ricordiamo, infatti, che La Zero ha partecipato alle selezioni finali di San Remo Giovani nel 2018 con il brano Nina è brava.

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Con dedizione, talento e coraggio, tassello dopo tassello, La Zero ha dato vita ad un profilo artistico autentico, contemporaneo, contraddistinto da un’estetica perfetta e impreziosito da sfumature che riflettono la forte identità di Manuela, indissolubilmente legata a Napoli.

Ad oggi è tra i finalisti di Musicultura con il brano Mea Culpa, disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 17 Aprile.

Lasciamo, allora, che sia La Zero a raccontarsi e ad aprirci le porte del suo mondo artistico.

INTERVISTANDO LA ZERO

Lo zero è un numero che ti appartiene: hai mai trovato davvero il tuo punto zero nella vita o nei rapporti, nonostante la tua giovane età?

Per indole in realtà tendo sempre a stare in bilico. Mi piace quella sensazione, che non ha nulla a che fare con l’equilibrio. Credo che il mio punto zero stia proprio in quella zona: mi sento con un piede libera di rischiare e con l’altro attaccata alle mie radici. Con gli affetti naturalmente questa cosa è diversa, ma comunque sono legata a persone che viaggiano sulla mia stessa lunghezza d’onda. Con il mio migliore amico un po’ di anni fa avevamo creato un duo, ci chiamavamo “The Dreamers”. Non tradirò mai questa visione. Ad oggi credo di poter affermare che questa è la mia unica certezza.

Sei stata una bambina invisibile come la tua Nina? Non è facile comprendere ed interpretare la sua condizione.

No, però sono cresciuta al Teatro San Carlo di Napoli, che non è un carcere ma ha imposto ad una ragazzina, già dall’età di 6 anni, una disciplina durissima. Sono riuscita a raccontare Nina grazie ad un lavoro di immedesimazione profondo che a dire il vero è avvenuto in una sola notte, dopo che un amico regista mi ha raccontato questa storia assurda. Non riuscivo a dormire, pensavo solo a questo, mi sono avvicinata al pianoforte e poi il resto è stato un flusso. Prima non avevo mai scritto nulla: Nina è brava mi ha cambiato la vita.

Spesso il dialetto riesce a risaltare concetti ed emozioni che l’italiano non rende. Quale è il suo ruolo nei tuoi testi?

Fondamentale. Non ho una regola per scrivere le mie canzoni e fino all’anno scorso non avrei mai pensato di comporne una. Scrivo d’istinto, su fogli, talmente veloce che poi non capisco neanche la mia grafia.

Qual è la tua concezione dello sguardo e degli occhi in generale: brillano in San Lorenzo e bruciano in Occhi.

Per me parte tutto dagli Occhi. L’espressività di uno sguardo non ha rivali! È per questo che, in una performance, non mi vedrete mai con gli occhi chiusi.

Lo stile pop-urban dei tuoi pezzi evoca un po’ quello di Liberato: cosa avete in comune oltre Napoli ed il Napoli?

Amo Liberato, ma credo che il mio sia un progetto molto diverso, sia per quanto riguarda il sound, nel mio sono molto presenti le chitarre che ricordano Napoli ma hanno anche un gusto latino, che per il modo in cui scriviamo. Lui, poi,  fa una cosa che ha funzionato molto, ma che io concepisco poco. Proprio quello che ci siamo detti prima a proposito degli Occhi. Comunque La Zero Feat. Liberato non sarebbe male, chissà! Però io con la maschera e lui che ci guarda dritti in faccia.

Hai mai voluto avere una bacchetta magica e Abracadabra cambiare il corso degli eventi?

Chi non la vorrebbe? Ma sono contenta così, quello che sono riuscita a cambiare nella mia vita è frutto di un percorso lento, ma fondamentale. Credo sia importante riuscire ad imparare a vivere anche nel dolore. Bisogna stare “scomodi”, per comprendere a pieno cosa si vuole diventare e, soprattutto nel mio caso, capire a fondo cosa si vuole dire e come.

Musicista ed attrice, sei infatti  protagonista di tutti i tuoi video: chi è davvero Manuela?

Sono una sognatrice. Da piccola immaginavo un cappello di Natale sulla testa delle persone che mi piacevano. Ok! sono una sognatrice, anche un po’ matta!

La gente di Mea culpa prega, spera, ama e muore d’amore. Credi che ci sia sempre un motivo per rinascere?

La gente prega, ama, prega crer, prega ver, prega spera, prega e mentre prega spara (e purtroppo lo fa da tutte le angolazioni e con freddezza). Mea Culpa parla di una giovane suora che si innamora di un uomo. Concepiscono un bambino che non verrà mai alla luce, perché lei decide, per paura e vergogna, di togliersi la vita con suo figlio in grembo. È una storia triste e vera che fa riflettere sul fatto che, ancora nel 2020, esista una società che detta leggi lasciando poco spazio al perdonare e al perdonarsi. Tutti abbiamo bisogno di credere di poter rinascere, ma spesso è complicato perché siamo i primi a stare lì, con il dito puntato, pronti a scagliare la pietra. Bisognerebbe comprendere che siamo esseri umani e in quanto tali possiamo sbagliare, tutti, nessuno escluso.

Nonostante l’incertezza del periodo, stai pensando al release del tuo primo album?

Si, sto pensando di fare una marea di cose. Aprite e recchie, l’uocchie e o’ core.

Se questa dovesse essere una “minaccia” siamo pronti ad accettarla! La Zero sarà in grado di stupirci e conquistarci ancora con i suoi pezzi. Occhi dentro occhi, cuore a cuore.

 

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