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LaCura: “Non molliamo così facilmente!” | Intervista

Il primo singolo dei LaCura, Kavinsky, arriva in un periodo particolare per la musica mondiale. Milioni di musicisti confinati tra le quattro mura domestiche, l’impossibilità di suonare dal vivo e l’incertezza nel programmare il futuro. Sebbene l’emergenza CoVid19 ha penalizzato e non poco il mondo dell’arte, in molti hanno allargato i propri orizzonti, sfruttando le possibilità della rete, coinvolgendo fans e nuovi ascoltatori in progetti alternativi. E’ il caso del videoclip di Kavinsky, che, come i LaCura confermano, è nato per necessità e si è trasformato in un ottimo modo per unirsi contro la noia.

Luca, Alessandro, Leonardo, Riccardo, Giacomo e Daniele si presentano con una frase davvero emblematica: “siamo giovani, siamo liberi, abbiamo voglia d’amore, vita e di sconfiggere le nostre debolezze con la musica”. La realizzazione del video di Kavinsky e tutto ciò che è successo prima, dopo e durante ne sono un ottimo esempio. Abbiamo quindi intervistato i LaCura per conoscerli meglio.

La band umbra ci ha parlato del rapporto con i social network, raccontandoci anche dell’unicità artistica della loro terra. Tra una risposta e l’altra, si percepisce la grande forza dei LaCura, intenti a trovare nuove soluzioni per arrivare al pubblico, per continuare la loro ricerca dell’amore volto a sconfiggere le debolezze.

Intervistando i LaCura

Il video di Kavinsky, come specificato nel disclaimer finale, è stato un modo di essere “uniti contro la noia”. E’ stata una scelta forzata avevate già pensato di includere amici e fans per il vostro primo clip?

Purtroppo è stata una scelta di necessità. Avevamo già previsto l’uscita del singolo sulle piattaforme in concomitanza con il nostro primo live all’interno del format “We Love Indie” all’Afterlife Club. Poi il primo decreto ci ha cancellato il live; allora abbiamo riprogrammato di fare uno show in streaming a porte chiuse sempre dallo stesso palco per onorare il nostro esordio. Il secondo decreto però ci ha tagliato definitivamente le speranze di un esordio bagnato dalla presenza quantomeno virtuale del pubblico.

Un grandissimo della musica cantava a squarciagola “The show must go on…”. Non ci siamo persi nell’angoscia del momento ed abbiamo riprogrammato l’uscita del nostro primo singolo e del suo videoclip con l’aiuto della gente. Ovviamente non potevamo rivolgerci ai fans della band essendo un esordio, ma vuoi mettere per il clima strano indotto dalla quarantena, vuoi per il momento storico musicale che si basa molto sull’appeal da social network, l’iniziativa ha riscosso un grandissimo successo e ci ha permesso di realizzare questo videoclip “emozionale” ed emozionante.

Perugia e la sua provincia sono importanti avamposti della musica inedita italiana. A cosa pensate sia dovuto questo fermento artistico? E come vivete il rapporto con i vostri colleghi concittadini?

Forse perchè Perugia e l’Umbria tutta sono avamposti geografici chiusi, senza grandi agglomerati urbani e senza grandi via di trasporto. E proprio per questo abbiamo mantenuto un’identità spontanea e naturale, che ci permette di vivere molte più emozioni e molti più eventi dal vivo, con i dovuti tempi e le giuste riflessioni. Insomma, siamo un popolo ancora a misura d’uomo. Vivere le esperienze, confrontarsi su varie tematiche, provare emozioni vere è alla base del background di tutta l’arte, è la fiammella pilota che alimenta la fiamma portante dello sfocio creativo. La convivenza con gli altri musicisti è sempre buona, siamo tutti amici e siamo tutti più o meno cresciuti insieme. Certo, i più famosi facciamo fatica a vederli perchè ormai a Perugia stanno più pochi giorni l’anno subissati dai loro mille impegni professionali.

Il mantra del ritornello “Spegni, Piangi, Sogna” mi ha ricordato il film “Mangia, Prega, Ama”. Una continua ricerca del senso delle cose: per voi qual è il senso della vostra musica ed il suo fine ultimo?

Beh in effetti è un bel mantra, aperto a molte interpretazioni personali. Il senso della nostra musica può essere proprio questo: suggestioni sensoriali che riportino l’ascoltatore ad uno stato di benessere spirituale, o perchè no, di malessere, ma in entrambi in casi fortemente radicato nei propri ricordi. Insomma, una sorta di grimaldello della scatola di emozioni che ognuno di noi nasconde in fondo al cuore, nel bene e nel male. Quindi immaginiamo che il nostro fine sia solo quello di emozionare, legato strettamente al senso della nostra musica, un qualcosa di semplice e diretto come un sorriso all’alba, un bacio sotto la pioggia, un’azione vincente, qualcosa che riporti in vita immediatamente tutte le farfalle nello stomaco come la prima volta che l’abbiamo provate.

Lo stop inaspettato dei concerti ha innescato una reazione a catena, per cui anche chi aveva album in uscita, ha deciso di posticipare. Quali erano i vostri obbiettivi prima del lockdown e come vi state preparando in attesa di tempi migliori?

Stavamo preparando l’uscita dei vari singoli che avrebbero dovuto comporre il nostro percorso di band emergente e permetterci di farci conoscere al grande pubblico. Ovviamente è andato a farsi benedire tutto il progetto live che era già in costruzione. Ma come detto prima noi non molliamo così facilmente, quindi stiamo progettando di tornare a breve a far parlare di noi attraverso soluzioni digitali…insomma, ci stiamo inventando nuove forme di distribuzione del nostro messaggio musicale.

“I sogni son desti, i ricordi sinistri…” Ma se potesse tornare nel passato cosa cambiereste nelle vostre scelte?

E perchè mai dovremmo farlo? Tutto il nostro passato, come uomini in primis e poi come musicisti, ci ha permesso di arrivare ad oggi a questo progetto musicale, soprattutto attraverso gli errori e le scelte dolorose effettuate da ognuno di noi. Certo, la nostra musica potrà piacere oppure no, ma sarà sempre specchio della nostra identità attuale e di tutto ciò che ne consegue. E poi c’è di bello che la nostra formazione ormai ha superato il concetto di band, siamo una piccola e alternativa famiglia in cui conosciamo tutti i pregi e i difetti di ognuno, e proprio su questi basiamo la nostra forza di collettivo artistico.

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