Namibia

NAMIBIA: Una band che crede nell’amicizia | Intervista

NAMIBIA è una band nata a Pisa nel 2019, composta attualmente da tre membri.

Jack Morghese è il cantante e frontman, nonché autore dei testi delle canzoni. Francesco Meleca è il chitarrista, ma all’occorrenza polistrumentista, e anche il produttore dei brani. Alessandro Albanese, ultimo arrivato nel gruppo, è il bassista con il quale sono ancora in attesa di debuttare live.

I tre ragazzi si sono conosciuti a Pisa, città nella quale dal Sud si sono trasferiti per motivi di studio. Tra una birra e l’altra, si è mischiata a passione in comune per la musica e così hanno pensato di creare questo progetto.

Il 15 Maggio è uscito il nuovo singolo Amistat, brano nel quale abbandonano i synth di Shaghai con delusioni amorose annesse, per celebrare l’amicizia all’interno di una città nella quale sono rimasti i ricordi di un viaggio.

Da oggi quando sentiremo il nome Namibia non penseremo solo alle bellezze dell’Africa, ma anche all’energia e alle canzoni di questa band.

Namibia

INTERVISTANDO NAMIBIA

Dal Sud a Pisa dove vi siete conosciuti e avete creato questo progetto. Com’è stato il vostro primo incontro?

Ci siamo conosciuti ad una festa di corso universitaria bevendo e poi cantando canzoni in piazza. Abbiamo cominciato subito col botto! Poi negli anni la nostra amicizia è continuata insieme alle nostre serate musicali, fin quando non abbiamo deciso di creare qualcosa di nostro, che potesse rappresentarci anche a livello artistico.

Perché avete scelto NAMIBIA come nome?

Il nome nasce da un’idea di Francesco, il chitarrista, che mentre guardava un documentario sul deserto della Namibia è rimasto affascinato da quei paesaggi e ha pensato potesse essere un nome interessante per il gruppo. A noi è piaciuto subito!

Per una band è più difficile emergere nella scena indie?

Il sistema è abbastanza saturo, oggi nel bene o nel male pubblicare una canzone è diventato facile, come è diventato facile montarsi la testa o, ancora peggio, farsi abbindolare da sedicenti professionisti che ti promettono il mondo. L’indie italiano è un bel movimento, tuttavia pensiamo che il segreto sia non preoccuparsi troppo di voler emergere subito, ma preoccuparsi di fare buona musica ed esprimere le proprie idee liberamente, senza etichettarsi necessariamente nei generi.

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Amistat in che città è ambientata?

Amistat parla di Valencia, città in cui Jack, il cantante, ha vissuto per 6 mesi l’anno scorso durante un periodo Erasmus. Tra l’altro il titolo ha un triplice significato: è il nome del quartiere in cui Jack viveva, quello della fermata della metro che ha dato l’idea per l’artwork, nell’omonimo quartiere, e infine significa amicizia in valenciano, un concetto chiave nella canzone.

Che tipo di turisti siete?

In questo senso siamo persone con vissuti diversi. Francesco ha girato molto l’Europa, ma per brevi periodi e per visitare i luoghi più belli. Jack invece ha avuto un’esperienza diversa e molto più intensa, 6 mesi in un luogo ti fanno vivere molte emozioni e conoscere molta gente. Alessandro, il bassista, è più casalingo, ha preferito girare per l’Italia con qualche incursione scolastica all’estero.

Cosa ci rimarrà di questa quarantena?

A livello musicale sicuramente ci sarà da fare i conti con l’evoluzione del sistema, costretto ad adeguarsi a una situazione di distanziamento sociale che è difficile da digerire per chi vive per i concerti o per proporre la propria musica. La pandemia ci ha sicuramente scosso, in generale, come società. Ma l’essere umano ha sempre affrontato queste sfide e speriamo di sconfiggere la paura (ma soprattutto il virus!) il prima possibile.

Ti seguirò dovessi andare a Shanghai, ti rialzerò tutte le volte che cadrai. L’amore è la promessa più grande che possiamo fare a qualcuno?

Amare una persona è prima di tutto una promessa che tentiamo di fare a noi stessi. Significa dedicare i propri pensieri e le proprie azioni alla persona che si è scelto di amare. Purtroppo non sempre qualcosa di corrisposto. A volte superarla è facile, altre meno. Non deve mai essere una sconfitta, ma piuttosto un nuovo punto di partenza.

Perché andare a bere il sabato sera è un rituale della nostra società?

Molto dipende dai modelli che ci vengono propinati, ma più in generale crediamo sia una sorta di grande ritrovo virtuale che ci fa sentire parte della “normalità”. Non abbiamo problemi a dire che, soprattutto durante questa quarantena, ci è mancato molto uscire il sabato sera. Non è solo l’alcol, ma un’opportunità di socializzazione molto bella dopo una settimana di studio o di lavoro. Una vera e propria liberazione.

La globalizzazione è un pericolo o una risorsa?

È una risorsa fintanto che utilizzata correttamente. Se pensiamo a come sia migliorato il nostro tenore di vita nel corso dell’ultimo secolo, sarebbe sciocco non coglierne i lati positivi, Ovviamente se sfruttata per opprimere altre persone nel mondo rischia di causare danni molto grossi. Le risorse sono molteplici, ma sta all’uomo saperle utilizzare correttamente e nel rispetto di tutti i suoi simili.

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