Romis1: “La voglia di rompere le regole” | Intervista

Se non l’avete già sentito, probabilmente avrete visto un suo graffito su qualche muro. Riccardo Diviggiano, in arte Romis1, è rapper, graphic designer, graffitista, writer, photographer, video maker e tanto altro ancora. Come tutti i veri artisti, non va catalogato. Nato a Milano nel 1999, ha capito ben presto che una sola etichetta gli andava stretta, cosa ancora ritenuta inverosimile in Italia rispetto alla scena internazionale. Il suo ultimo singolo “Polline”, nato dalla collaborazione con Zeep e Filippo Noah, parla però di un altro binomio, quello tra nostalgia e spensieratezza che sì, possono tranquillamente coesistere. Il tutto espresso sottoforma di flusso di pensiero, ed è per questo motivo che arriva subito a chi lo ascolta.

Intervistando Romis1

Ciao! Il tuo è sicuramente un background hip-hop e graffiti. Romis1 è per caso il tuo “tag”?

Ciao! Assolutamente sì, è stato il canale grazie al quale mi sono avvicinato alla musica, al rap prima di tutto. Partendo dai graffiti, firmandomi in paese con Romis1, tutti hanno iniziato a chiamarmi così anche in contesti più colloquiali.. E quando ho iniziato a fare musica, la scelta del nome d’arte è stata una delle cose più semplici da decidere avendo già un alter ego, un’identità artistica in cui sentirmi a mio agio.

Il testo di “Polline”, tuo ultimo singolo, regala immagini che evocano spensieratezza, ma anche nostalgia. In che modo coesistono le due cose secondo te?

Il passaggio è piuttosto semplice: “Polline” rappresenta il momento in cui mi sono innamorato di una persona che ha rappresentato tantissimo nella mia vita. Il momento esatto in cui ho realizzato di essere innamorato di lei è in rima in quel brano, un preciso istante in cui cercavo l’ispirazione per nuove canzoni mentre con l’altra mano messaggiavo con una persona a cui avevo voglia di mostrare tutto me stesso. Il gioco nostalgia/spensieratezza sta nel contrasto emotivo che ho vissuto in quel momento, passare dall’aver paura di aprirmi con una persona, al fidarmi di questa e pensare fosse l’occasione giusta per condividere davvero. Una volta partiti da questo concept, Zeep ha seguito il concetto di “flusso di pensiero”: così come la mia strofa sono 10 minuti di “full immersion” nella mia mente, la sua è lo stesso, il suo vivere la nostalgia per gli amici lontani e tutto quello che pensava in quel preciso istante. Abbiamo congelato il tempo e reso un momento immortale.

Com’è nata l’idea di una collaborazione con Zeep e Filippo Noah?

Onestamente, molto a caso. Avevo appena ricevuto questa produzione esplosiva da TheLawyer e appena ho sentito la melodia ho pensato “questa roba è perfetta per Zeep”, un caro amico con cui non avevo mai collaborato prima ma che ho sempre stimato con tutto il cuore. Gli ho girato la base dicendogli “questa è roba tua, che dici, ci possiamo fare qualcosa insieme?”. Dì li in poi è partita la scrittura della mia strofa, la spiegazione del concept a lui e la realizzazione della sua parte. Inizialmente il ritornello doveva essere di Zeep, ci vedevo bene il suo timbro, ma in quel momento non gli veniva nulla di sincero dopo la strofa. Avevamo un buco che però non ci sentivamo di riempire. In quel periodo stavo frequentando più spesso del solito Filippo Noah, ragazzo dal talento artistico incredibile. Ho pensato di scrivergli e a lui è piaciuto da subito, si è preso il suo tempo e una volta in studio ha registrato in 10 minuti questo ritornello, perfettamente in linea con tutto il brano.

Oltre a cantautore e musicista, sei anche graphic designer. Realizzi tu le immagini dei tuoi album?

Diciamo che la curiosità e il bisogno di esprimere in chiave creativa è tutto per me. E qualsiasi mezzo trovi per farlo cerco di impiegarlo al meglio. Ho fatto il fotografo, il writer, il cantautore, il rapper, il grafico. Ad un certo punto mi sono anche chiesto cosa fossi o che senso avesse etichettarmi in base al periodo in cui sperimentavo una chiave differente della mia creatività. Mi definisco artista, nulla più e nulla meno, il peso delle singole etichette è pesante da gestire nei confronti del pubblico, dire di essere cantautore vuol dire mettersi in una categoria in cui altri migliori di te hanno fatto il meglio solo in quello. Come dice sempre Zeep, sono troppo dark per essere indie, troppo happy per essere un rapper, troppo qualsiasi cosa per essere rinchiuso in un’etichetta in particolare. Le grafiche assolutamente sì, il più delle volte sono mie stesse creazioni. Nel caso di “Polline” ho lasciato autonomia a Fritz The Kats, mio caro amico e collega illustratore, gli ho lanciato un’ idea che ha saputo incarnare al meglio, poi modificata successivamente per essere adatta all’impiego musicale.

In Oklahoma, altro tuo singolo uscito quest’anno, canti “Se non possiedi ciò che vuoi, alzi il culo e te lo prendi”. È un po’ la tua filosofia di vita?

Per essere onesti, la frase è nata dalla penna di Muddle. E per assurdo sì, è il mio modo di vivere tutto. Non accetto la resa, non riesco a mettere la parola “fine” su nulla. Ci provo sempre, fino a che non ho un briciolo di speranza, fino all’ultimo soffio di fiato. In tutto, dai rapporti con le persone, ai lavori. Quello che vuoi, se ci provi e resisti prima o poi lo ottieni, se non riesci vuol dire che ti sei arreso prima, il difficile sta nel resistere alla vita, perché non sempre il percorso artistico funziona dal giorno zero. Alcuni riescono dopo un anno, altri dopo 10. Il punto è riuscire a resistere fino a che non si è adatti e maturi ai tempi, al mercato, alla musica.

Quali artisti (italiani e non) stimi di più al momento?

Stimo molto la longevità della penna di Marracash, che più passa il tempo e più mi stupisce. Stimo la capacità di passare da un settore artistico all’altro di Salmo, stimo la capacità di rappresentare in modo semplice le emozioni e i momenti quotidiani di Carl Brave. Dell’estero amo tutto: il background, la cultura e la voglia di rompere le regole, che qui manca da sempre.

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