Marco Mengoni cantava Credo negli esseri umani, ma ci possiamo fidare in primis di noi stessi?
La ragione è una delle cose che ci distingue dagli animali, però quante volte anche noi ci lasciamo trasportare dal nostro istinto buttandoci su qualcosa a capofitto? Quali sono le nostre qualità e come possiamo accettare i nostri difetti?
Tutte queste domande probabilmente hanno centinaia di risposte diverse, e noi abbiamo voluto cercare un lato filosofico in questo numero di Indie Talks trovando alcuni spunti di conversazione con la band Lingue, che quest’anno ha esordito con il primo disco intitolato Umani nel quale ci sono alcuni consigli per imparare a conoscersi meglio, trovando un equilibrio tra sogni e paure.
Restiamo umani significa saper aspettare il proprio turno, non irrigidirsi davanti ai problemi che la vita ogni giorno ti mette davanti.
Restare umani è un’utopia, ci si può avvicinare al concetto nella sua pienezza e nella sua complessità, raggiungerlo in tutto e per tutto può essere difficilissimo, ma deve essere un obiettivo comune.
Saper dare la mano e saper apprezzare le piccole cose, non tirarsi indietro davanti ad un ostacolo.
Cercare di vivere a testa alta.
Questo per noi significa Restare umani.
Viviamo in una società egoista, che pone sempre il concreto al di sopra dell’astratto, quando invece spesso è l’astratto a dare un senso al concreto.
Eppure non ci pensiamo mai.
E questo ci rende di cemento, sempre di più.
Da qui si generano miriadi di altri difetti, che però provengono da un’esplosione comune.
Lavorando su quella vivremmo sicuramente meglio.
La musica è assolutamente un valore globale, è sacralità.
È la lingua più parlata nel mondo ed è una dea in grado di gestire i nostri pensieri.
La musica è la forma di libertà più assoluta.
Probabilmente sì, la speranza è che il cambiamento sia duraturo, che davvero per una volta, da adesso in poi, si rientri in contatto con la natura, e quindi con noi.
Perché noi siamo una piccola parte della natura, e siamo in debito con essa in quanto troppe volte abbiamo cercato di domarla.
Ma come si potrebbe, ad esempio, domare il vento?
Siamo talmente piccoli noi ed il nostro pianeta che magari qualche forma di vita altrove esisterà.
O magari è esistita e scomparsa come scompariremo noi un giorno.
È il più grande mistero, come la morte.
A cavallo tra i ‘70 e gli ‘80.
Ci sarebbe piaciuto da matti, per parlare di storia recente.
Altrimenti se entriamo nel regno delle fiabe ci immaginiamo in un castello medievale, a banchettare e mangiare selvaggina.
A tratti fa paura, ma razionalizzando un minimo non si può avere effettivamente paura di una cosa che non conosciamo, o che conosciamo solo in apparenza.
Destabilizza, fortifica, lascia senza fiato.
È l’altra faccia dell’aria, ma alla fine la aspettiamo tutti, nessuno escluso.
Arriverà, e anche lì dovremmo farci notare per non rendere nulla vano, si vive per avere un funerale della madonna no?
Sicuramente di più l’inglese.
E sarebbe stupendo riuscire a comunicare la nostra musica anche attraverso la lingua dei segni.
Perché la musica è di tutti.
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