Onirica | Indie Tales

Ci risiamo. Quando pensi di aver trovato finalmente un luogo sicuro, lontano dal caos che ha sempre caratterizzato la tua vita, ecco che torna il vento a ributtarti nel mare in tempesta.

Non ero pronto, non lo sono mai stato. Credevo davvero di essere uscito dalle mie solite dinamiche con Clara. Non pensavo che fosse perfetta ai miei occhi, per me lo era e basta. Idealizzare le persone: questo è il mio grande problema. Dare loro il potere su di me, quello che non sono mai riuscito ad avere.

Conosco una donna, mi innamoro in tempo record, le prometto il mondo e dopo un po’ lei comincia a guardare altrove, stanca dei miei servigi. Solo che stavolta ero sicuro di essere ricambiato.

Ed ora eccomi qua, seduto sullo scoglio dello sconforto. Quel luogo sì lontano dalle onde, ma isolato e triste, freddo come il marmo.

Mi sento come uno scarto, come quelle alghe fastidiose che si depositano a riva, tanto odiate dai bagnanti.

Ma poi dico, no, che male c’è ad idealizzare? Ma soprattutto: che male c’è ad essere idealizzati? Se fossi stato in Clara mi sarei fatta coccolare a vita. Hai l’occasione di essere venerata come una dea scesa in terra, di avere qualcuno che ti amerà sempre e comunque perché tanto ti ritiene perfetta. E tu che fai? Te ne vai via.

So che suona come un discorso patologico, e probabilmente lo è. E so anche che dovrei chiedere aiuto per evitare di ripetere questo errore, ma forse non voglio.

Non voglio smettere di buttarmi a capofitto nelle situazioni, di avere la speranza che un amore duri per sempre, di credere di aver trovato la persona migliore di tutte.

Come dicevo, non è la prima volta che poso il culo su questo scoglio umido e freddo, ma so che non starò qui per sempre. Forse non idealizzo solo le donne, ma anche le situazioni e le conseguenze delle mie sfortune.

Sto enfatizzando anche questo dolore, quasi mi piace crogiolarmi nelle mie pene d’amore, non imparare mai davvero dagli errori.

Pensare alla vita come ad un ciclo e non come una linea che sparisce all’orizzonte.

Evolvere un attimo e poi tornare indietro perché nostalgico anche delle peggiori esperienze.

Clara è solo un altro pensiero che se ne va. Un pensiero a cui mi sono attaccato morbosamente. Alla fine della favola non posso che incolpare (e quindi perdonare) me stesso. Sono io che costruisco pensieri e belle storie attorno a semplici persona che incontro nel mio cammino. Sono solo alla ricerca di nomi da dare alle mie ossessioni, e quasi sempre sono nomi di donna.

Neanche dopo Clara sono sicuro di volermi svegliare da questo sogno. Un sogno fatto di delusioni, sì, ma anche di sbandate e momenti di estasi.

Forse un giorno troverò l’amore, quello spaventosamente vero, così reale da non spingermi a vagare con la mente. Un amore che mi tenga con i piedi a terra, che mi costringa alla verità delle cose.

Solo quando capirò che l’amore esiste davvero e che non è un romanzo, allora forse smetterò di idealizzare e comincerò a vivere.

Fino ad allora: onde, scogli, sogni e trallallà.

Racconto liberamente ispirato al brano “Onirica” dei Gassa D’amante