Malvida: “Credo in quello che non si vede” | Intervista

C’è chi dorme e chi no. E quelli che non dormono sono “Gli Ultimi”, o almeno così canta Malvida, giovane cantautrice elettropop. Il suo immaginario, fatto di loop, scosse elettromagnetiche e testi al limite del reale, è in grado di trasportare le anime altrove, in un luogo in cui l’unica regola è l’introspezione. Il racconto di un amore semplice ma poetico attraverso metafore che regalano immagini uniche e oniriche. Un singolo con un videoclip dal sapore giovanissimo, quasi puerile. Purezza e profondità si fondono per narrare l’ultracontemporaneità del padre di tutti i sentimenti.

Intervistando Malvida

Ciao! Da dove viene il nome “Malvida”?

Il nome “Malvida” nasce quasi per caso: avevo da parte una lista di 102 nomi possibili con cui rappresentare il progetto ma li ho bocciati tutti dopo poco. In tanti, dopo averli letti, mi consigliarono il mio nome proprio di battesimo, ossia Ida, dicendomi che sarebbe stato efficace. Ho semplicemente trovato una radice: “Malv” che anticipasse “Ida” così da utilizzarlo. Suonava fresco e internazionale, mi ricorda la pianta della malva e ha un non so che di “dark”. Successivamente ho scoperto di aver fatto una scelta premonitrice: Malvida è quella me che va incontro all’autodistruzione perché spesso non accetta di esistere.

Sei Malvida tutto il tempo o vivi una lotta/contrasto tra artista e persona “reale”?

Le due sono ben distinte. Cerco però di mostrarmi a 360° perché altrimenti mi sentirei “costruita”. A volte non è semplice farle andare d’accordo, come non è semplice accettare che la mia frangetta crescerà se non la accorcio. Il contrasto smetterà quando sia l’una che l’altra ameranno la stessa persona con la stessa intensità. Penso questo.

“Gli ultimi” è il tuo ultimo singolo. Chi sono gli ultimi e perché ti vedi come una di loro?

“Gli ultimi” sono quelli svegli, quelli che si accorgono di cosa significhi accontentarsi, scendere a compromessi. Quelli che si interrogano, quelli che non badano all’involucro, quelli che vogliono condividere, quelli che “casa mia è casa tua”. Non ho la presunzione di essere tra questi, ma giorno dopo giorno mi interrogo e non ho mai smesso. “Chi vuoi diventare? Con chi vuoi essere totale?”. Quando ho giurato la mia vita su un cuore, lì e solo lì, mi sono sentita “salva”.

Nel brano parli anche degli “altri”. A chi ti riferisci?

Sì. Parlo anche a chi “dorme”. Mi spiace, ma in questa realtà c’è anche chi non osa e non fa. La vita è una, va mangiata. Nessuno verrà punito per questo.

Tutti i tuoi testi sono ricchi di metafore e studiati nel dettaglio. Cosa pensi doni ad un testo come il tuo il sound elettropop rispetto ad un altro?

Racconto l’amore in modo quotidiano e semplice, ma poetico. Molte metafore, immagini non possibili nella realtà. Credo in quello che non si vede. Che inferno, purgatorio e paradiso siano fasi della vita. Che esistano i fantasmi, che ogni allucinazione può non esserlo. “Dammi un bacio che suonerà come un valzer nell’aldilà”. “Fantasmi apparsi in mondi sparsi, per farsi e amarsi”. Il pop può apparire un contro senso ma, come sempre dico, sedendomi davanti al computer e alla mia tastiera creo quello che poi mi fa muovere le gambe decido di tenerlo, e lo elaboro ancora di più, come se in realtà non fossi io la macchina che ha creato il tutto. I loop sono una scelta, “andare in trans” può essere una chiave, priva di razionalità, che segue “una logica piena di erotismo”. Cerco di andare avanti ma non troppo, di contaminarmi. Inserisco spesso nei brani il riferimento sonoro di quello che dico, l’espressione sonora delle parole, dei pensieri. Mi piace. Come se qualcuno dentro la tua casa andasse in bagno e si lavasse i denti, tu dall’altra parte pensi a quanto ami il suo sorriso, e allora, lo registri.

 

Protagonisti del videoclip due giovanissimi alle prime armi con il padre di tutti i sentimenti. L’atmosfera però non è romantica, ma piuttosto onirica e disillusa. Come pensi viva l’amore oggi un ragazzo molto giovane rispetto ad anni fa? 

Parliamo di incastri: di anime gemelle o di fiamme gemelle, di amori che all’inizio spaventano o, per questioni esterne, sembra non possano nemmeno iniziare. Speranza, spensieratezza, lacrime, ritorni, malumore, una bella città, l’amicizia, l’amore, l’aiuto reciproco, la scoperta, il rischio, l’adolescenza. Sono tutte cose che compaiono nel videoclip. I due protagonisti sono personaggi a tutti gli effetti che coincidono con alcune personalità del quotidiano della nostra epoca. I giovani pensano di non essere mai pronti all’amore, è un sentimento che oggi viene evitato o negato, che genera “ansie da prestazione”, paure o crolli emotivi. La storia che ho raccontato rema contro questa idea travisata del sentimento, che invece dovrebbe essere vissuto a pieno e con tutti i rischi che comporta, perché
qualunque cosa accade dopo è una crescita persino individuale.

Cosa pensa Malvida dell’Amore e qual è la sua paura più grande legata ad esso?

È come una promessa muta dalla quale non puoi scappare, puoi solamente allontanarti ma finirai per ritornarci come in un sogno in loop per l’eternità.
Invito a soffermarci sul nostro doppio quando e se lo incontriamo nella vita, a dargli tempo e spazio, a riconoscerci in lui o lei per essere sempre “una coppia di
ultimi” sulla Terra. In questo modo potranno esserci progresso e serenità, e insegnarlo ai figli dei figli perché non dimentichino uno tra gli scopi più importanti della vita dell’essere umano: amare e lasciarsi amare. La mia paura più grande è amare il mio Doppelgänger e che, in quanto tale, mi porti sofferenza e regressione. La mia paura più grande è che lui non sia Lui.

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