beckenbauer: l’amore è una benedetta follia | Intervista

È uscito venerdì 25 settembre il singolo d’esordio dei beckenbauer, giovane band emergente milanese, dal titolo benedetta follia.

Cultura lo-fi e vaporwave, con sfumature a metà tra il vintage e il retro futuristico, sono il mood con il quale vogliono presentarsi al pubblico raccontando i segni e le speranze che lascia l’amore.

Lo descrivono con l’aggettivo benedetta follia perché o è così oppure non è un vero sentimento, ma solo una cazzo di truffa.

Hanno risposto a quest’intervista passandosi la palla domanda dopo domanda e ognuno  di loro ci ha fatto scoprire meglio chi sono i beckenbauer e perché sono un’altra indie band di cui abbiamo assolutamente bisogno.

INTERVISTANDO I BECKENBAUER

Il nome beckenbauer deriva da una passione per il calcio mischiato alla necessità di saper difendersi dai sentimenti e dalle paure?
(Francesco, cantante)

La scelta del nome è pura serendipity.

Situazione: pomeriggio di luglio, afa, divano, mi sto chillando con un documentario di Sandro Ciotti su Johan Cruijff. Una perla del giornalismo sportivo italiano. Johan partecipa ai Mondiali ’74 con l’Olanda delle meraviglie, arriva in finale e incontra la Germania Ovest di Muller e Beckenbauer. Sulla carta non c’è partita, gli olandesi giocano dal futuro.

Sorpresa: vince la Germania. Primo piano su Beckenbauer: classe e leadership.

Scrivo ai ragazzi: ho trovato il nome della band. Beckenbauer. Perché?

Perché ha vinto un mondiale contro il futuro con i piedi ben piantati nel presente. Poi suona bene e io mi fido delle cose che mi suonano bene. 

L’amore è una benedetta follia

(Francesco, cantante)

Quando l’amore non è follia, non è amore, è scam.

Il video ufficiale, con un’estetica lo-fi, non vuole rappresentare una relazione tra due persone, ma bensì una generazione di giovani che spesso vive in bilico tra sentimenti e incertezze? 

(Matteo, chitarrista)

In parte sì. L’idea di fondo è stata quella di rappresentare i “viaggioni aesthetic” che si trovano su internet, tutta questa nuova estetica nata dal web che ci fa impazzire. Tramite un paio di telefonate siamo arrivati ad Angio Music, producer che si occupa anche di videomaking, l’abbiamo contattato e ci siamo capiti subito. 

Le nostre radici musicali arrivano, in parte, dalla malinconia generazionale dei video delle canzoni degli anni ’80-’90 (il video di 1979 degli Smashing Pumpkins ne è un manifesto), ed è per questo forse che emerge tale aspetto.

Fare finta di stare bene è più facile del previsto?

(Nicole, batterista) 

Beh, è più facile nascondersi e fare finta di stare bene, puoi provare ad ingannare gli altri per un po’, ma alla fine la notte ti costringe a fare i conti con te stesso.

Di cosa ha bisogno un cuore infranto? 

(Stefano, bassista)

Di un gruppo di amici non più numeroso delle dita che possono stringere le loro mani.

Perché la notte è da sempre fonte d’ispirazione?

(Daniele, chitarrista) 

“La notte è fatta principalmente per dire quello che non si potrà dire il giorno dopo”.

È il momento per eccellenza in cui commettere errori, prendere decisioni azzardate e riflettere cullati dal buio. È qui che nascono le canzoni.

Milano è la città più indie d’Italia? 

(Matteo, chitarrista)
Per il significato che ha assunto la parola “indie” in Italia negli ultimi anni, ti direi di no. Ti direi Bologna, forse Roma, ultimamente.

Sicuramente Milano è una città in cui è sempre esistita una scena musicale viva: ha sempre favorito un’aggregazione di persone interessate a fare musica e ad andare ai concerti. Non essendo noi “Milanesi DOC”, siamo comunque molto legati alla city perché è a Milano che succedono cose, c’è un continuo fermento artistico che ci affascina (prima o poi mi trasferirò in via Tucidide lol).

Saluta tutti che andiamo via. Come ve la cavate con gli addii? 

(Daniele, chitarrista)

Male, tutte le volte, ma il gin tonic e la musica aiutano sempre. Giuro.

ASCOLTA I BECKENBAUER NELLA PLAYLIST DI INDIE ITALIA MAG