Fette Biscottate | Indie Tales

“Anna, tutto bene? Sono preoccupata per te”

Questa frase era una costante nelle telefonate di Anna con la madre. Due al giorno, e almeno una delle due finiva in un predicozzo sulla vita che conduceva, che la sottoponeva ad uno stress eccessivo, inutile e deleterio. Per poi terminare con “Guarda che sei tempre in tempo a tornare qui a casa. I tuoi amici di aspettano”.

Tralasciando il fatto che praticamente tutti gli amici di Anna si erano trasferiti come lei, Anna non sarebbe mai tornata nel paesino in cui era nata. L’avrebbe vissuta come una sconfitta e non offriva poi tante opportunità lavorative.

Quel piccolo comune immerso nelle montagne era ormai perfetto per passarci il Natale e qualche giorno in estate, ferie permettendo.

I suoi avevano una pasticceria in centro. “La dolce vetrina”, si chiamava. Le aveva pagato gli studi, le vacanze e tutti i libri scolastici. Le aveva causato anche problemi di peso da ragazzina, ma in compenso le aveva pagato anche lo psicologo in un’età in cui si dovrebbe solo pensare alla scuola e ai ragazzi.

Anna non era una di quelle ragazze cresciute in fretta. Era cresciuta lentamente, tra un bignè, un ottimo voto e un pianto sotto al cuscino.

Andare a vivere a Milano era stata per lei una rivalsa. Fanculo il paesino, le carezze di mamma, la dolce vetrina e le ragazze magre della sua scuola.

Quei pomeriggi chiusi in casa a mangiare e studiare le avevano fatto vincere una borsa di studio, e dopo la laurea offerte di lavoro a mazzi.

Finalmente aveva la sua indipendenza, aveva perso peso, andava in palestra e usciva con i ragazzi, anche se non aveva tempo per una relazione seria.

A volte si guardava allo specchio e non poteva credere a quello che vedeva: una ragazza bella e magra che non aveva tempo per una relazione.

Oltre al peso, però, senza rendersene conto, Anna stava perdendo molto altro.

Quella che stava conducendo da ormai qualche anno non era vita. Era l’idealizzazione della vita che avrebbe sempre voluto vivere. La realtà dei fatti era molto meno poetica. Contava le calorie, lavorava giorno e notte e la vera felicità era trovare il tempo di andare al centro commerciale a comprarsi l’ennesimo paio di jeans.

Forse aveva passato troppo tempo a desiderare. Quando avrò questa cosa, allora potrò ritenermi felice. Quando diventerò questa persona, potrò smettere di preoccuparmi.

Senza capire che la vita le aveva già dato tanto. Due genitori umili, ma grandi lavoratori che sarebbero stati dalla sua parte sempre e comunque. Tanti amici, tutti “sempre troppo più belli di lei”. Un luogo meraviglioso in cui nascere e poter vivere la prima parte della sua vita a contatto con la natura.

Quanta ingratitudine in quella bellissima ragazza che passeggia per le strade di Milano senza perdersi una vetrina in cui specchiarsi.

“Spero che un giorno capirai che innamorarsi del proprio riflesso non vuol dire innamorarsi di se stessi” le aveva detto Luca abbracciandola alla stazione, prima che partisse definitivamente per la grande città.

Lì per lì non aveva capito bene cosa intendesse, ma decise di prenderlo come un complimento. Luca era l’amico di sempre, quello geniale e segretamente innamorato di Anna. L’avrebbe amata anche quando pesava 30 chili di più, ma non ha mai avuto il coraggio di dirglielo. Sperava che con quella frase lei, così brillante, potesse accorgersi di qualcosa, ma purtroppo l’ego annienta tutte le qualità di una persona.

Di “Anne” ce ne sono tante, e qualcuna riesce a trovare la luce. Quella che ti avvolge e non ti lascia più perché molto più forte del riflesso su una superficie specchiata o le ore passate dietro una scrivania a produrre, produrre, produrre.

Quella che ti fa amare te stessa no matter what.

Racconto liberamente ispirato al brano “Fette Biscottate” dei Fanoya