“Le canzoni che scrivi ti definiscono”: Eclissi e Albedo di Millepiani
Ci incuriosisce anche solo dal titolo, “Eclissi e Albedo”, l’album di Millepiani, cantautore di Carrara che da poco ha deciso di “mettersi in proprio” per iniziare la sua catabasi e poi anabasi nella musica.
Non è soltanto la ricercatezza delle parole, centellinate e mai lasciate al caso, ma anche ciò che c’è dietro ad esse. “Eclissi e Albedo” ha avuto un lungo periodo di gestazione, periodo in cui il suo creatore ha cercato di unire alla bellezza della geometria astrale, la profondità della filosofia, per non dimenticarsi della letteratura e della scienza. Insomma, Millepiani ha cercato di inserire nel suo album una conoscenza enciclopedica da fare invidia.
A chi non è venuta la voglia di scoprire cosa si nasconde al di là del segno di “Eclissi e Albedo”? Andatelo a scoprire nell’intervista che ci ha rilasciato.
Intervistando Millepiani
Dalla teologia all’astronomia, dalla geometria alla filosofia, per non dimenticarci la letteratura e la musica, “Eclissi e albedo” è il tuo album d’esordio. Da quanto tempo ci lavoravi su disco così onnicomprensivo su più livelli di conoscenza?
È stata una genesi molto lunga, soprattutto a livello testuale. Il lavoro di composizione dell’album è durato circa due anni. Le melodie sono state la parte che è emersa in maniera più naturale, alla chitarra e al pianoforte. Il lavoro sui testi invece è stato un cantiere aperto e in continua evoluzione per cercare la giusta parola sulla giusta nota. Su alcuni particolari non mi sono deciso fino all’ultimo. La soluzione ad alcune parole che non mi convincevano a fondo mi è arrivata addirittura come un’illuminazione la sera mentre in auto stavo andando in studio di registrazione per le sessioni vocali!
La copertina ti rappresenta come il sole nel mezzo del sistema solare. Quanto invece tu ti senti al centro di un tuo sistema “planetario”?
Beh, direi che il mio sistema planetario sono proprio le canzoni del disco. Guarda caso sono proprio otto, come i pianeti. In effetti è stato proprio così, il Sole ha creato i pianeti con il suo moto rotatorio e loro girano intorno a lui in un equilibrio (quasi) perfetto.
In “Temporeale” parli di una sempre nuova “eterna frontiera”. Se dovessi rappresentare il tuo “infinito oltre la siepe” a cosa lo assoceresti, in modo particolare per quel che riguarda la tua carriera da musicista?
L’eterna frontiera è la continua ricerca della verità ineffabile, che ci definisce in quanto esseri umani. Il nostro cammino interiore tra la luce e il buio, l’essere e il nulla, l’assoluto e il caos. Credo che ognuno di noi sia alla ricerca della sua “eterna frontiera” a modo suo, il mio modo è quello di scrivere canzoni.
“chi sa se le canzoni si scrivono loro oppure sono loro che scrivono te”: sei riuscito a darti una risposta a una domanda così dogmatica?
Le canzoni che scrivi ti definiscono, ti descrivono e sono parte di te. A volte arrivano in sogno, soprattutto la musica, altre volte nascono da sole tra le corde della chitarra, come se avessero una volontà propria di nascere. È un po’ come se fossero farfalle che volano sopra la tua testa e tu le devi afferrare con un retino.
Se Dante nella sua “Divina commedia” termina l’ultimo canto dell’Inferno con “e quindi uscimmo a riveder le stelle”, lo stesso accade nel singolo che chiude l’album “La coda di Iperione”. Condividi anche tu la stessa speranza di poter rivedere la luce dopo tutto questo viaggio onirico?
La coda di Iperione, oltre ad essere il finale del disco e ad avere una struttura particolare, ha la funzione di legare tutta l’opera sia a livello di significato che di suono. Alla fine di “Eclissi e Albedo“, i due protagonisti ideali del viaggio, si sdraiano in un prato estivo e immersi nel suono dei grilli, osservano le stelle in silenzio. Nell’epitaffio di Kant c’è scritto: «Due cose hanno soddisfatto la mia mente con nuova e crescente ammirazione e soggezione e hanno occupato persistentemente il mio pensiero: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me»
Quale libro consiglieresti per perfezionare la comprensione del tuo album da parte di un ascoltatore che vuole andare oltre la superficiale ricerca delle parole che non conosce su Google?
Credo che consiglierei ovviamente “Mille Piani” di Gilles Deleuze e Felix Guattari: un incredibile volume di filosofia visionaria ed onirica che affronta tutti i temi del reale con un’originalità e una creatività incredibile. Più che un libro è un mondo da abitare e da frequentare quando si è alla ricerca di buone domande e punti di vista alternativi. Nel mio piccolo ho tentato di fare la stessa cosa nel mio disco.
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