Malinverni: “E mi ritroverai da qualche parte!” | Intervista
Malinverni è uno di quegli artisti che amo particolarmente perché non si fanno problemi a lasciarmi addosso un senso di malinconia dal quale tutti scappano, mentre io, incoscientemente, amo tuffarmici a capofitto, prendendo pure una giusta rincorsa.
Il suo essere così melodrammatico e a tratti cinico, lo rende un cantautore umano, attento ai problemi di tutti che non fa dischi perché vuole fare i soldi, uscire con le belle ragazze o solo sentirsi un figo.
La verità è che le sue emozioni spuntano fuori quando sono troppo forti da trattenere, diventando un sentiero da percorrere per chiunque stia attraversando situazioni simili.
“Da qualche parte”, uscita il 6 Novembre è dedicata al momento in cui ha scelto di cambiare vita e abbandonare Roma. Lui sa benissimo che nonostante tutto rimarrà sempre lo stesso, e io so che dovete farmi ascoltare solo le canzoni tristi per rendermi felice
INTERVISTANDO MALINVERNI
“Io come vedi sopravvivo ancora, qualunque cosa sia”. Qual è la tua filosofia per affrontare ogni giorno che passa?
Cerco di fare qualcosa che dia senso alla mia esistenza. Per me può essere scrivere musica, per qualcun altro dipingere o fare sport. Credo che tutti abbiano bisogno di trovare qualcosa che li rappresenti.
Io nel mio piccolo provo a prendere i miei pensieri e a racchiuderli in 3 minuti. Non sono sintetico nel linguaggio parlato, sono un timido ma se ho la confidenza giusta sono anche un logorroico: la canzone mi obbliga, in un certo senso, a dire solo ciò che è importante.
Affrontare le giornate, specie queste giornate, può essere alienante e ho bisogno di fare qualcosa che mi tenga sempre il cervello attivo.
Ho capito che anche la malinconia e l’ansia potevano essere una spinta per tirare fuori qualcosa. Il modo opposto di vivere queste sensazioni è stare sul divano a guardare nel vuoto. L’ho anche fatto, ma non è un granché.
Andare via da una città è un po’ come la fine di una relazione amorosa tra due persone?
Ci sono la rabbia, la passione, la frustrazione e la disillusione, quindi direi di sì. In ogni caso può anche voler dire ritrovarsi.
Quando mi chiedono qualcosa sulla mia città in effetti ne parlo come se parlassi di una donna un po’ stronza, che però mi ha insegnato a cavarmela.
Solo chi ama tanto soffre tanto e a me le mezze misure non sono mai piaciute. Mi rimproverano spesso di non considerare le sfumature, e forse in effetti così: per me certe cose sono bianche o nere.
Non potevo decidere di restare a Roma sapendo che, nella mia testa, il mio tempo non fosse più lì.
I rimpianti possono tornare utili?
A me sicuramente, visto che ci scrivo i dischi!
Scherzi a parte, ci sono cose che vorrei aver fatto o aver fatto meglio. Ogni tanto certi pensieri tornano a cercarmi e allora ho capito che è il momento di prendere la chitarra e un foglio (sì, lo so, è roba da vecchia scuola. Evito di scrivere al pc e preferisco partire dal mio strumento quando faccio una canzone).
Quando scrivo parto sempre da me, quindi dalla mia esperienza in prima persona, poi cerco di allargare il discorso in modo più ampio, cercando di coinvolgere chi mi sta a sentire.
Insomma, scrivo per me ma cerco di parlare un linguaggio comprensibile a tutti. Mi piace essere capito attraverso le canzoni, io che spesso, nella “vita di tutti i giorni”, vengo frainteso.
Ti piace essere dove sei o vorresti essere “Da qualche parte”?
Mi piace essere dove sono, anche se spesso viaggio con la testa. Ho trovato la mia dimensione per fare le cose. “Da qualche parte” significa questo: ovunque mi trovi sarà difficile cambiarmi. Ho un sacco di difetti, di lati oscuri. Ci sto facendo pace col passare del tempo, accettarsi richiede un lavoro duro.
Il punto in cui mi trovo mi piace, forse perché sono più consapevole.
In generale credo che abbiamo bisogno di un posto sicuro, che sia davvero un posto fisico o una persona, noi che siamo una generazione “spostata”, senza troppi punti di riferimento.
Chi vorresti invitare a cena nel tuo “Monolocale”?
Nel monolocale non ci vivo più! Però se dovessi invitare qualcuno a casa mia penso sempre a Springsteen (ho volato alto lo so!). Lui mi dà l’idea di “artista” che preferisco: uno che non si è fatto cambiare dal successo o dal denaro, fedele a se stesso. Mi arriva così attraverso i dischi: una specie di vecchio amico che racconta storie, probabilmente l’ideale per passare una serata con una bottiglia di vino.
Poi credo De Gregori, visto che ha la nomina di “antipatico”. In genere quelli così sono simpaticissimi.
La felicità a cosa assomiglia?
La felicità somiglia a mettersi a letto con una vaga soddisfazione per ciò che si è, ci sto lavorando.
Ho passato periodi in cui mi veniva difficile accettarmi, in cui passavo il tempo a detestarmi per aver scelto questa passione (sempre che non sia stata lei a scegliere me). Invidiavo chi aveva hobby tipo il calcetto del martedì, cose più gestibili.
Lavoro o no, la mia vita gira intorno alla musica. Ho accettato di essere un musicista, con i suoi alti e bassi, a prescindere da quello che verrà fuori.
I cantautori hanno sempre la loro versione della verità?
È, appunto, una versione. Nessuno ha certezze assolute. Detesto le canzoni in cui l’autore “dà indicazioni” agli altri su come campare, quelle frasi del tipo “credi in te” o “non devi avere paura” ecc… Se permetti la paura me la tengo stretta, per questo preferisco sempre dire che siamo nella merda e ognuno, a modo proprio, deve cercare di tirarsene fuori.
Ad ogni modo, credo che chi sente il bisogno di scrivere nero su bianco quello che prova, vuoi per esorcizzare o per altre ragioni, abbia ben poche certezze.. quindi figuriamoci se siamo in grado di parlare in termini assoluti della vita.
Che rapporto hai con il freddo e l’inverno?
Mi piace l’inverno, lo ammetto. È un periodo enigmatico, intimo in un certo senso, il momento in cui il mondo fa meno rumore.
E poi non c’è il reggaeton, e non è poco!
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