Maru: Mancarsi è vedere come va, ma da un punto diverso | Indie Talks

Tra poco sarà Natale e Capodanno ed è inevitabile pensare a quelle cose che abbiamo sempre dato per scontato, ma quest’anno causa maledetto Covid ci verranno vietate.

Un concerto in piazza, brindare a mezzanotte con lo spumante contando i secondi che mancano, preparare la valigia, stare abbracciati con chi si vuole senza limiti di orario o residenza ecc.

Esatto, ci mancherà un sacco di cose, magari pure gli inutili discorsi politici che fomentavano litigate tra parenti o le scomode domande come: ma quando ti laurei? il fidanzatino ce l’hai?

Con un fare tra il melodrammatico e  di chi non ha paura di girare il dito in una ferita aperta, ho parlato con Maru di quali sono le sue mancanze e di cosa significhi davvero provare questa strana sensazione.

Maru Toi

MARU X INDIE TALKS

Cosa significa mancarsi?

Per autocitarmi, è “vedere come va, ma da un punto diverso”.

Mi piace vedere le relazioni in modo un po’ geometrico: un incontro di due rette parallele. A volte è una fusione, altre volte uno schianto. In entrambi i casi, si va avanti. Si scorre, si cresce.

Sentire una mancanza è avere sempre un occhio verso il passato, sperando che cambi. Spoiler: non è utile quasi mai.

Perché spesso non abbiamo consapevolezza delle cose che abbiamo, ma preferiamo vedere quello che ci manca?

Quando sentiamo la mancanza di qualcosa partiamo sempre dal presupposto di non averla già. Facciamo più fatica a bastarci e ad utilizzare i pochi mezzi che abbiamo a disposizione rispetto a cercare qualcosa all’esterno. Guardarsi dentro è la vera cura per sentirsi risolti. Imparare a bastarci è la vera opera d’arte: come dice la persona più saggia che io conosca, mia madre, “tutto il resto resta solo una bella cornice”

Cosa ti manca di quando eri bambina?

La luce che entrava dall’enorme finestra del salone.

Tutti i miei più bei ricordi sono in controluce.

Hai mai perso qualcosa alla quale eri particolarmente affezionata?

La casa al mare dei nonni, il camper, i video di quando io e mia sorella eravamo piccole, le foto di quella volta che ho preso in mano la chitarra di Kurt Cobain.

Tutto il resto è reversibile o semplicemente doveva andare com’è andato.

Quando finisce una relazione come si fa ad andare avanti senza finire a ripensare a quelle cose che non ci saranno più?

Soffrendo forte. Per potersi risollevare con più maturità e più consapevolezza bisogna sentire ogni briciola di dolore e farne il proprio mantra.

Dimenticare non è mai un’opzione: ogni cosa che ci è appartenuta, anche per un breve periodo, tornerà ad esserci utile.

Quanta voglia hai di tornare a suonare con un pubblico davanti?

Parecchia. Per restare in tema, ne sento un’enorme mancanza. Questa penso sia incolmabile per ora, ma mi permetterà di tornare più forte di prima.

Quali sono le cose che ti mancano di più in questo periodo?

La mia famiglia, che è giù in Sicilia e che non vedo dall’estate scorsa. Il teatro, il cinema, i musei, i concerti, i viaggi.

Sono un animale domestico, lo sono sempre stata, ma so anche che appena qualcosa è proibito lo desidero più di prima.

Paradossalmente tra qualche anno ci mancherà qualcosa del 2020?

Poter usare la quarantena come scusa per dare buca agli amici.

Qual è la tua canzone che fa pensare di più al passato?

The Platters – Only You . Era in una compilation che i miei genitori mettevano in radio durante il viaggio per andare al mare.

Ci fermavamo da Sun Gelati, io prendevo un Cornetto Algida e mia sorella le Cipster.

Mi pentivo sempre di non aver preso le Cipster.

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