Ren Zen: La realtà attraverso gli occhi del “Qui ed Ora” | Intervista

Poche cose rincuorano a fondo in un periodo come quello che stiamo vivendo, e tra queste c’è sicuramente una chiacchierata con Renzo Maggiore, in arte Ren Zen. “Zen” come lo stile di vita che ha scelto di adottare, vivendo il più possibile “qui ed ora”.

Formatore, poeta, musicista, ma soprattutto studioso e curioso del mondo che lo circonda. Il suo ultimo singolo “Occhi di bambino” nasce proprio grazie a questo suo essere osservatore di cose, fatti e persone, visto che si ispira agli occhi di una bambina seduta davanti a lui su un autobus. Ren Zen è da ascoltare una, due cento volte fino a vibrare alla stessa frequenza dell’Universo.

Intervistando Ren Zen

Ciao! Come suggerisce anche il tuo nome d’arte, hai un approccio Zen alla vita. Di cosa si tratta e in che modo influisce sulla tua musica?

Il progetto Ren Zen è nato dopo tanti anni di studi e letture, cominciati dopo la laurea in Scienze Politiche con una tesi in Scienze dell’Educazione sulla categoria Insegnanti. Ho voluto capire il perché mi fossi trovato a disagio in famiglia e a scuola ed ho scoperto così l’importanza della comunicazione interpersonale e dell’intelligenza emotiva. In parallelo, quando cominci a porti domande esistenziali, viene naturale indagare gli aspetti spirituali. Le mie letture si ampliavano sempre di più, passando via via dai manuali di formazione ai saggi dei grandi mistici di ogni cultura. Ho scoperto che servono come il pane conoscenze e strumenti che consentano a ciascuna persona di comprendersi, capire i processi relazionali ed emozionali, orientarsi con maggior facilità nel mondo delle professioni al fine di realizzare con gioia la propria anima. Questo lungo percorso mi ha portato infine allo Zen, ossia a vivere il più possibile nel momento presente, avendo più cura dell’attimo, senza lasciarmi prendere da pensieri compulsivi, da fissazioni sui ricordi e sulle preoccupazioni. Tale approccio “meditativo” aumenta la gratitudine e tutti quei sentimenti che potremmo definire “rinforzanti’’ e orientati all’evoluzione spirituale dell’uomo. La mia musica parte spesso dai testi, laddove, oltre alle storie, immetto in rima quegli stimoli che mi sono serviti per sopravvivere, crescere e superare i problemi.

Formatore, musicista e poeta. In che modo coesistono le tre cose?

La sintesi di questo cammino di lettura, scrittura e lavoro sul campo si manifesta in tutti quei canali in cui ho sviluppato negli anni talenti e competenze. La Formazione e la Consulenza sono i miei settori professionali da quando mi sono laureato. La musica mi ha sempre accompagnato sin da piccolo, quando studiavo pianoforte. La poesia l’ho riscoperta a 24 anni, e da lì ho pubblicato circa 40 titoli. Musica e poesia vanno a braccetto da sempre, tanto che alcune mie canzoni nascono proprio da liriche scritte da me. La Formazione entra in ogni mia proposta, perché credo ci sia tanto bisogno di “Saper essere, la competenza umana fondamentale” (anche titolo di uno dei miei manuali).

In “Occhi di bambino” ti rivolgi ad un bambino chiedendogli quasi di insegnarti a vivere. Cosa perdiamo, secondo te, diventando adulti?

Dall’Illuminismo in avanti abbiamo messo sopra a tutto la razionalità, l’emisfero sinistro (“Cogito ergo sum”); questo ci ha consentito un progresso scientifico e tecnologico straordinario. Come però accade in quasi tutti i filoni di pensiero, ci sono degli eccessi. Abbiamo dimenticato la nostra parte più intuitiva ed infinita, relegandola al mondo degli artisti, così come la spiritualità al mondo dei sacerdoti. L’individualismo è una delle forme di reazione, una dichiarazione di libertà dell’uomo che indaga dentro se stesso, ascoltando ciò che lo circonda ma puntando sempre ad una propria sintesi spirituale. Solo la singola anima può cogliere il soffio e quindi esprimerlo. Il bambino è molto presente nella mia produzione, proprio perché simboleggia la forza dell’emisfero destro: l’importanza delle emozioni, della spontaneità e della libera creatività. Solo integrando i due emisferi con maggior equilibrio l’umanità potrà salvarsi.

Com’era Ren Zen da bambino?

Era un bambino più vivace rispetto all’essere che poi si sarebbe manifestato nell’adolescenza: imitavo Adriano Celentano e sorprendevo la maestra di musica cantando in modo perfettamente intonato “Notte a sorpresa” dei Pooh. Suonavo la chitarra durante le messe e, grazie a mio padre, facevo molto sport.

Il tuo sound e le tematiche che affronti sono abbastanza inusuali nel panorama musicale italiano di oggi. Come definiresti il tuo genere?

Avendo ascoltato sin da piccolo tutti i cantautori italiani (da De Andrè a Renato Zero), il mio genere è il Cantautorato, condito dalle influenze del Rock Melodico (amo i Bon Jovi) e del Folk. Dal 2019 (anno di uscita dell’album “Se ascoltassi”) collaboro con Marco Di Martino, con il quale ho trovato un sound credo interessante che ben si abbina all’interpretazione baritonale e spesso ‘parlata’. Non mi reputo un grande cantante e nemmeno un musicista (anche se me la cavo con piano e chitarra), bensì un “aedo” moderno, che non ama affatto la competizione. L’universo filosofico Ren Zen esiste ed è a disposizione di tutti.

Le tue canzoni sono sempre autobiografiche o capita che ti ispiri anche a qualcosa che non ti riguarda direttamente?

Sicuramente gran parte delle opere parte dalle mie emozioni ed esperienze interiori. C’è tanta autobiografia, ma anche molte letture che mi ispirano, e poi l’osservazione del mondo: in “Occhi di bambino” ad esempio (canzone nata da una poesia contenuta nella prima raccolta “Aurora spirituale”) la riflessione parte dalla visione di una bambina tenuta in braccio dal fratello all’interno di un autobus, dove i suoi occhi erano luce, un faro per tutto il grigiore adulto che la circondava.

Come si affronta in modo “Zen” un periodo particolare come quello che stiamo vivendo?

Rimanendo al tema del “Bambino”, dobbiamo riscoprire e poi dosare bene le tre energie archetipiche con cui tutti nasciamo: la Forza, la Giocosità e la Tenerezza. Laddove usiamo troppo o troppo poco una o più di queste energie, andremo incontro a malesseri e problemi. Solitamente, il mondo adulto ha bisogno di mettere una maggior giocosità in tutto ciò che fa, snellire l’approccio psicologico alla famiglia, al lavoro e all’esistenza stessa. Affrontare le situazioni in modo Zen non significa fermarsi, bensì ascoltare più a fondo il proprio corpo, cosa ci dicono le nostre emozioni e capire cosa ci porta alla sofferenza. Un’accettazione suprema di ciò che è dicendo più spesso “Va bene così”. E’ inutile aggiungere sofferenza al dolore.

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